DISCUTERE SULLA LIBIA – T.Ferigo – globalmondo 22/8/11

La Rivoluzione libica ha vinto. E’ un momento di comprensibile esaltazione  per molti libici,  soprattutto per i giovani, quelli che vediamo nelle TV arabe sorridenti e orgogliosi. Naturalmente i problemi e le incertezze non mancano. Le sfide che si presentano ai vincitori sono enormi. Impedire un’escalation di vendette, ristabilire la sicurezza nelle città, ricostruire l’esercito e le forze di sicurezza, trasferire il Consiglio nazionale provvisorio a Tripoli, costituire partiti politici, varare una costituzione..Anche in paesi meno frammentati su base tribale come Tunisia ed Egitto questi compiti non si stanno rilevando semplici, anzi. Ma sarebbe ingiusto, come stanno facendo molti commentatori giornalistici , soffermarsi sulle difficoltà, ancor peggio fare i profeti di sventura. I giovani libici meritano un momento di esultanza e di rispetto.

 

 Il colpo finale per il regime di M. Gheddafi è stata la rivolta a Tripoli ,partita dai sobborghi popolari della capitale abitati in prevalenza da operai, in Libia ci sono anche loro,   ha fatto la maggior parte del duro lavoro di buttare fuori la polizia segreta e le cricche militari. Quando le brigate ribelli sono entrate in città dalla zona Ovest hanno incontrato poca resistenza e hanno marciato direttamente verso il centro , alla piazza verde, quella dei comizi della “guida”.La cattura , se confermata ,di Saif al Islam il figlio maggiore di Gheddafi,  suo successore designato, è la dimostrazione che la partita sta finendo. Ancora poco ed è scacco matto.

 Come già scritto, è parere di diversi osservatori della politica nord africana ( di cui mi fido) che si stia profilando lo scenario auspicato , smentendo le previsioni di molti, a volte improvvisati esperti. Si può formare un Governo di unità nazionale di transizione.

Quali erano le argomentazioni degli scettici sulla possibilità di un simile esito ? Eccole.  Gheddafi continuava ad avere un consistente appoggio popolare nell’Ovest del paese, in particolare a Tripoli. Poteva contare su un armamento pesante efficace, risorse finanziarie. L’opposizione a Gheddafi era concentrata all’Est del paese in Cirenaica,tradizionalmente in antagonismo con Tripoli sin dai tempi della colonizzazione italiana, e pertanto scarsamente sostenuta , anzi combattuta all’Ovest,  in Tripolitania. Diversi commentatori e anche politici nostrani,hanno suggerito che la soluzione politica più razionale e possibile sarebbe stata la divisione del paese, pena un cronicizzarsi del conflitto.

 Queste argomentazioni sono state smentite da quanto sta succedendo, e danno ragione a chi le ha apertamente criticate come ,tra altri, il Prof. Cole, docente di storia del medio oriente all’Università del Michigan; un democratico non sospetto di simpatie “imperialiste”.

Subito dopo le manifestazioni di Bengasi sei mesi orsono e la dichiarazione ONU, Cole scrisse una lettera aperta alla sinistra americana sostenendo l’intervento. Si apr1 un interessante confronto e  non mancarono critiche anche aspre. A queste Cole rispose “ odio la guerra che ho anche sperimentato direttamente in Libano e  odio l’idea di persone che vengono uccise. Se qualche mio critico mi immagina emozionato alla notizia dei raid NATO prima a Bengasi poi a Misurata, è solo crudeltà e mi offende. Sono d’accordo con il presidente Obama e la sua citazione di Reinhold Niebuhr, che “non è possibile proteggere tutte le vittime di omicidi di massa in tutto il mondo per tutto il tempo. Ma dove si può fare  lo si dovrebbe fare, anche se non può fare del tutto bene.”

 Personalmente in questi mesi ho cercato di documentarmi su quanto avveniva in Libia. Difficile contare sulle notizie della stampa italiana , con l’eccezione degli articoli di Bernardo Valli, grande giornalista ed esperto. Molti i commenti,interpretazioni , parecchi carichi di ideologia, ma pochi dati reali per lo più ripresi da agenzie di stampa. Per questi è stato necessario andare a cercare le esperienze vissute come quella riportata da Sindacalmente del gruppo di medici a Misurata bombardata o quelle dei lavoratori immigrati del Mali a Bengasi  da Migranti Torino. Inoltre la Tunisia confina con la Libia e ci sono degli amici fidati.

 Mi addolora  la morte di tutte le persone che perirono in questa rivoluzione, soprattutto perchè molti soldati delle brigate Gheddafi erano chiaramente costretti (disertarono in gran numero, non appena si sentivano al sicuro). Ma era chiaro per me che Gheddafi non era uomo da compromessi, e che la sua macchina militare avrebbe falciato i rivoluzionari se gli fosse stato permesso.

 Ho partecipato , su invito, a parecchi incontri e discussioni. Mi sembra utile condividere le considerazioni che ne ho tratto  , anche perché il dibattito sulla Libia, come a suo tempo quello sul Kossovo, sono uno specchio delle culture e diversità che attraversano il mondo della sinistra e che pesano sulle nostre eterne divisioni.Immancabilmente veniva da alcuni proposta l’analisi che si era in Libia “ per il petrolio”, “ che era una guerra imperialista “ sostenuta dagli americani e/o dall’Occidente.  Ho sempre con franchezza risposto che le argomentazioni mi parevano non solo schematiche ma anche miopi.Come spesso mi suonano tante posizioni a sinistra. Colpiva soprattutto le differenze di trattamento tra la Libia e la Tunisia e l’Egitto. Alla mia osservazione che  vi sono documenti, non illazioni, che provano quali siano stati i rapporti tra i servizi segreti libici e i regimi di Ben Alì e Mubarak, che  non pochi funzionari egiziani erano a libro paga di Gheddafi. Alla domanda se si pensasse che il colonnello  non avrebbe cercato di influenzare le transizioni in questi paesi, coerentemente con la sua linea interventista in molti Stati africani, le risposte non sono mai state dirette. Ho riscontrato anche una certa simpatia nostalgica nei confronti del Gheddafi della  rivoluzione libica , quella del 1967 e del suo antiamericanismo negli anni di Reagan. Molte persone della mia età hanno fatto osservazioni sbagliate proprio sulla base di questa nostalgia trasformatasi quasi in mito. Vale la pena discuterne.La demitologizzazione è un lavoro duro, anche doloroso, ma necessario. Non è un problema, come detto, da poco per ampi settori della sinistra italiana. Quali gli argomenti maggiormente dibattuti ?

  1. Gheddafi è stato un progressista nella sua politica interna. Ha modernizzato il paese togliendo il controllo del petrolio alle potenze straniere e usandolo per migliorare la condizione di vita del popolo libico. E’ stato demonizzato.

Vero, la Libia precedente al colpo di Stato incruento dei giovani colonnelli ispirati dal nasserismo, era uno dei paesi più poveri del mondo. Mancavano ospedali, scuole, strade , trattori… Ma, come si può leggere in diversi studi,  negli ultimi due decenni questa iniziale politica redistributiva ,  senza però un modello di sviluppo che non fosse solo l’uso della rendita petrolifera, è progressivamente cambiata. Il regime è  diventato vendicativo contro le tribù che  a Est e nel Sud-ovest  lo avevano  politicamente avversato, privandoli della loro quota equa delle risorse del paese. I famosi comitati rivoluzionari erano strumenti di controllo capillare della popolazione. Il potere  saldamente in mano a chi controllava la rendita petrolifera veicolo di arricchimento,corruzione e clientela. La megalomania del colonnello, il suo voler essere " il Re dei Re in Africa", il leader del mondo arabo lo ha portato alle alleanze più strane: l’ETA basca, Abu Nidal. A scrivere un libro verde con sua personale,indiscutibile interpretazione dell’Islam. Certo è stato anche demonizzato ma lui ci ha messo molto di suo. Negli ultimi quindici anni  la corruzione  e l’ascesa in stile post-sovietica di oligarchi, inclusi Gheddafi e suoi figli , hanno scoraggiato gli investimenti e rovinato l’economia.Le infrastrutture si comprano chiavi in mano da cinesi, italiani, francesi, persino brasiliani. Un milione e mezzo di immigrati garantiscono i lavori più duri. Le organizzazioni sindacali, per parlare di esperienza diretta, strettamente controllate, strumenti del regime, come molte delle numerose ong operanti nel paese. Nonostante il petrolio in Libia c’è povertà, mancanza di infrastrutture e servizi, si veda la incredibile vicenda delle infermiere bulgare condannate a morte ( poi revocata) su pressione internazionale ) per diffusione dell’AIDS. Mancanze inconcepibili data la ricchezza disponibile. L’Algeria, purtroppo non è da meno.

 

 2. Gheddafi è stato un anti imperialista nella sua politica estera.

Certo ha nazionalizzato il petrolio, ma sulla coerenza anti imperialista della sua politica estera vi sono non pochi dubbi. Ha sostenuto dittatori feroci in Africa aiutandoli copiosamente con i soldi del petrolio. Non ha esitato ad eliminare fisicamente oppositori politici all’estero. Nel 1996 , il dichiarato campione della causa palestinese, espulse più di 30.000 palestinesi senza terra  dal paese. Quando fu riammesso nella cosidetta comunità internazionale ed emendato dalle sanzioni ONU e europee , cominciò ad intrattenersi e fare affari con G. Bush, Berlusconi e altri personaggi. L’amicizia dichiarata tra il nostro premier e il colonnello è stata più volte pubblicamente espressa e gli affari non mancano.

 

3. Il reprimere le manifestazioni con la forza è stato un atto logico. Ogni altro paese avrebbe fatto lo stesso.

 No , l’esercito tunisino si è rifiutato di sparare sui dimostranti e le forze speciali hanno tentato di arrestare Ben Ali. In Egitto settori dell’esercito hanno avuto lo stesso comportamento.

Al contrario, non si sono avuti segnali di defezione tra le forze speciali libiche quando spararono sulla manifestazione per la libertà di avvocati che indagavano sulla scomparsa di detenuti nelle carceri, in Bengasi. Le dichiarazioni successive di Gheddafi e di suo figlio in particolare, il modernizzatore che voleva trasformare la Libia nel Dubai del Mediterraneo ( da qui forse l’ispirazione berlusconiana del casinò a Lampedusa ),spiegano la cultura di questi apparati. I ribelli erano tutti “,topi, mafiosi, agenti imperialisti, fondamentalisti di Al Quadia,delinquenti, drogati…) da annientare.

 

4. C‘è¨ stata una lunga fase di stallo nei combattimenti tra i rivoluzionari e i militari di Gheddafi.La NATO ha spinto a continuare senza cercare una soluzione politica.

 Sbagliato. Questa idea è stata favorita da commenti di diversi  giornalisti occidentali fermi a Bengasi. E’ ‘vero che c’è stata una lunga fase di stallo a Brega,  conclusasi Domenica 21 Agosto,  quando il truppe pro Gheddafi si sono arrese. Ma i due fronti più attivi durante la guerra sono stati Misurata e la regione montagnosa del Sud-Ovest. Misurata ha combattuto una battaglia epica contro l’assedio, una lotta di auto-difesa contro attacchi pesanti  , l’aiuto della NATO nel rompere l’assedio, certo, è stato decisivo. Meno male.

Le battaglie più drammatiche per l’avvicinamento a Tripoli sono state in gran parte nella regione berbera all’Ovest , dove le unità  corazzate hanno bombardato piccole città   e villaggi, ( testimonianze al confine con la Tunisia ) e sono state respinte senza grande aiuto della NATO e senza tanti commenti in Europa. E ‘stata la volontà  di questa regione che alla fine ha preso Zawiya, con l’aiuto della popolazione della città, lo scorso Venerdì, impedendo il rifornimento in armi e benzina per Tripoli e permettendo alla rivolta di vincere.

 

5. La rivoluzione libica è stata una guerra civile.

 E’ forse, dopo il petrolio, l’opinione più diffusa. L’Est contro l’Ovest, il conflitto inter-tribale etc…. Il riferimento all’Irak è palese. Ma questo non è stato il caso libico. Non c’è stato nulla di paragonabile ai combattimenti inter-etnici di Bagdad nel 2006. La rivoluzione ha cominciato con pacifiche proteste pubbliche, e solo quando la folla urbana è stata sottoposta a bombardamenti di artiglieria, carri armati e bombe a grappolo, i ribelli dell’Est hanno cominciano ad armarsi e  a combattere malamente. Quando iniziarono i combattimenti, furono volontari di organizzazioni di quartiere che incorporando soldati disertori dall’esercito regolare e mercenari truppe dell’esercito regolare, che furono in prima fila. Questa è una rivoluzione, non una guerra civile. Solo in poche sacche di  territorio, come Sirte e i suoi dintorni,  civili pro Gheddafi si oppongono ai rivoluzionari, ma sarebbe sbagliato trasformare questi scontri  in una guerra civile nazionale. Il sostegno a Gheddafi era troppo limitato e troppo dipendente da professionisti della guerra, per permetterci di parlare di una guerra civile.

 

6. La Libia non è un paese reale e avrebbe potuto essere divisa tra est e ovest.

Parecchi  avevano previsto e anche auspicato una divisione del paese. “ Gheddafi non crolla.  La Libia sarà balcanizzata o teatro di guerre per bande come la Somalia “, si poteva leggere anche sulla Repubblica e su riviste di geo-politica. Vedremo, non pare sia questo l’esito. Ma non si capisce  la propensione degli analisti occidentali a guardare alle nazioni del Sud, le ex colonie,sempre come entità artificiali , sempre sull’orlo della divisione. A parte che dovremmo guardare a casa nostra,  questo atteggiamento è una specie di orientalismo.

 Tutte le nazioni sono artificiali. Benedict Anderson , storico inglese,data la  nascita dello  Stato-nazione alla fine del 1700 o poco prima, come un fatto nuovo nella storia. Inoltre, la maggior parte degli Stati-nazione sono multi-etnici, in molti sono ormai consolidati  sub-nazionalismi che minacciano la loro unità, magari inventandosi nuove identità. In Spagna i catalani e i baschi, la Scozia in Gran Bretagna, ecc, ( lasciamo perder la Padania la cui unica identità sono le fesserie della Lega ). E che dire del Belgio ?

Invece, la Libia non ha ben organizzati movimenti popolari separatisti. Ci sono le divisioni tribali, ma queste non sono la base per un separatismo nazionalista, e le alleanze tribali e/o i conflitti  sono più  fluidi che le separazioni etniche. Tutti parlano arabo, anche se per i berberi è una imposizione del regimeera , come nella Kabilia in Algeria. I berberi ,cultura negata, sono eroi mitici della resistenza alla colonizzazione italiana e sono stati essenziali nella lotta contro Gheddafi. Una Libia pluralista con la fine della repressione nei loro confronti sarebbe per loro il miglior premio. Infine questa generazione di giovani libici, che ha condotto la rivoluzione, si è formata in scuole statali e ha un forte attaccamento  all’idea nazionale di Libia.

Durante la rivoluzione Bengasi ha più volte dichiarato che Tripoli sarebbe rimasta la capitale.

 

 7. Gheddafi non avrebbe uccisi o imprigionati un gran numero di dissidenti a Bengasi, Derna, al-Bayda e Tobruk se  gli fosse stato permesso di proseguire la sua azione lampo di Marzo verso la città  orientale, che lo aveva sfidato.

Tutto da dimostrare. Gli esempi reali non suffragano comunque questa ipotesi .    Zawiya, Tawargha, Misurata e altrove, come riportato da diversi giornali arabi , sono state bombardate indiscriminaamente. Il cannoneggiamentosu Misurata iniziato l’ Aprile scorso e continuato per tutta l’estate e i morti superano il migliaio. Nella piazza di una città si è scoperta  una fossa comune.  La storia completa degli orrori in Zawiya deve ancora emergere.   

 

8. Questa è stata una guerra per il petrolio della Libia.

E’ l’opinione più diffusa. Sulla base dei fatti non regge.La Libia era già, da tempo, ben  integrata nel mercato internazionale del petrolio, e aveva fatto migliaia di accordi con BP, ENI, TOTAL,e, compagnie USA, cinesi, spagnole, brasiliane…ecc Nessuna di queste società  avrebbe voluto mettere in pericolo i loro contratti pur di sbarazzarsi del sovrano che li aveva firmati. Anzi. Ex consiglieri economici di Tony Blair sedevano nel consiglio d’amministrazione dell’Ente petrolifero libico. Per non parlare degli affari collaterali ,dalla vendita d’armi in giù. Le compagnie petrolifere avevano  già  avuto l’esperienza  della competizione  per i contratti post-bellici in Irak, una lotta in cui molti hanno avuto meno di quanto avrebbero voluto. I capitalisti non sono guerrafondai “ in se”.Lo sono quando conviene e questo non era il caso.

I profitti dell’ENI  sono stati colpiti dalla rivoluzione libica , come  quelli di Total SA. e Repsol . Inoltre, tenendo il petrolio libico fuori dal mercato attraverso un intervento militare  si poteva prevedere, come è avvenuto, di far lievitare i prezzi del petrolio, che nessun leader occidentale eletto avrebbe voluto vedere, specialmente Barak Obama.

 Gli argomenti economici di critica dell’imperialismo vanno bene se sostenuti dalla "analisi concreta della situazione". Non è questo il caso libico. Le teorie del complotto sono dure a morire.

 

9. Le guerre umanitarie non esistono. Sono solo propaganda che nasconde altri interessi non dichiarati.

Bella osservazione, ma lo smascheramento degli interessi non dichiarati va fatto andando in profondità delle specifiche situazioni non lascito all’applicazione meccanica di schemi . Inoltre va esteso a tutte le azioni politiche. Si ritiene forse che la Russia critichi l’intervento per ragioni umanitarie ? Non  so se il motivo antischiavista nella guerra tra il Nord e il Sud degli USA fosse solo propaganda e neppure se l’intervento USA nella II guerra mondiale nascondesse obiettivi non dichiarati dietro l’anti nazismo. Forse la storia della Spagna sarebbe stata diversa se le democrazie europee non fossero state a guardare mentre Hitler bombardava Guernica e Mussolini Barcellona negli anni 30. E si potrebbe continuare.

Ma lasciamo perdere queste discussioni che sanno assai di tavola rotonda. Che fare nella situazione specifica ? Certo non mancano nelle decisioni di Sarkozy i calcoli politici; rifarsi un’immagine dopo l’orrende figure della sua ministro degli esteri in Tunisia, dimostrare d’ “avere le palle “ e altro. Le ipocrisie sono lampanti. Stando ad alcuni articoli di affari internazionali, pare vi siano state anche analisi geo-politiche più raffinate dietro la decisione inglese. Un lungo conflitto in Libia, come quello a cui si assiste ,purtroppo in Siria ( non paragonabile per  alla Libia per composizione della società, geografia, cultura, economia ), avrebbe dato spazio all’islamismo violento. In passato vi furono nel deserto libico scontri armati e Gheddafi si conquistò il posto nell’internazionale contro il terrore per aver sistemato tutti, estremisti e ulema moderati critici del suo libro verde. Comunque la domanda resta. Qualsiasi siano state le motivazioni dei politici europei ,  criticati da Bossi  ( vi ricordate Maroni a Belgrado ), pragmaticamente, nel senso nobile del termine, e non cinicamente, è bene oggi guardare ai risultati. Per la Libia si apre un capitolo nuovo che piaccia o meno ai nostri schemi.

 

Su questi, se vi va di discutere , ben volentieri

 

 

Toni Ferigo

 

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