Dare voce al popolo

LA NUOVA SMART CITY PER DARE VOCE AL POPOLO Aldo Celestino invia questo interessante articolo sull’esperienza di Barcellona.

E’ opinione comune che quando si parla di Smart City si pensa essenzialmente ai servizi high tech che già sono attivi in alcune città. Come ad esempio i tunnel che risucchiano la spazzatura taggata grazie al vuoto pneumatico, recapitandola in discarica. Oppure l’impiego di App che trovano il parcheggio e l’ecosistema di startup, incubators e FabLab,  le infrastrutture digitali per  le ricariche per auto elettriche, l’installazione di fibra ottica, i diversi  punti WiFi presenti in zone importanti della città, ecc. Niente di tutto questo,  oppure meglio oltre tutto ciò. L’esperimento che è stato reso operativo a Barcellona nel 2018 è diverso e molto più ambizioso. Come dice la sua ideatrice, l’economista italiana Francesca Bria che è stata CTO  (Chief Technology Officefr) di Barcellona Smart City, l’obiettivo è quello di dare voce al popolo senza essere populisti. In che modo?

La rambla – Barcellona

Secondo Francesca Bria «Il controllo su dati, intelligenza artificiale e infrastrutture digitali determinerà la natura delle istituzioni del futuro. Per mantenere il modello sociale europeo e difendere valori e diritti, i cittadini devono tenere le redini della tecnologia, attraverso la sovranità tecnologica”.

In sostanza occorre decidere quali le politiche  urbane e le grandi sfide si vogliono compiere e dopo scegliere le tecnologie adeguate. Si tratta di rovesciare l’attuale concetto oggi presente perché la Smart City com’è concepita oggi non funziona.

Infatti se ne sono accorti da ogni parte. La Bria è stata chiamata a coordinare una rete di ChiefInnovation and Technology Officers in tutto il mondo perché  altre città  vogliono seguire l’esempio di Barcellona. Città come  Amsterdam, Berlino, New York si ispirano al modello di democratizzazione di Barcellona. Perché se la Smart City non parte da uno scopo sociale chiaro, non è che una marea di sensori e dashboard. Peraltro  costosissimi, che non dialogano tra loro e che offrono molti servizi la cui utilità è sovente dubbia. La Smart City guidata dal marketing non produce un modello economico sostenibile per le città. Perché sono le imprese a gestire l’asset fondamentale dei dati. Oggi i dati sono come una meta utility, un’infrastruttura pubblica come la strada, l’aria, l’acqua e l’energia. E su questi dati viaggiano i servizi smart che potrebbero favorire l’economia locale.

Costruire la nuova Smart Citizen vuol dire avere la consapevolezza che il controllo su dati e le infrastrutture determinerà la natura delle istituzioni del futuro.Come una sorta diUber europeo, gestito pubblicamente e in collaborazione tra città. Una piattaforma che permetta l’accesso a piccole imprese locali o cooperative e la libera competizione offrendo loro l’uso dei dati per costruire le proprie app. Invece ora ci troviamo di fronte ad una grossa impresa che arriva e vince su tutti perché ha questo patrimonio digitale e di conseguenza la piattaforma più intelligente. E fa fuori taxi e cooperative.Viceversa a Barcelona Smart City l’obiettivo è su come dati e tecnologia possano implementare modelli che tengano presenti i diritti dei lavoratori. Il fine è  di impedire la monopolizzazione del mercato e costringere le imprese a pagare le tasse.

Il modello  Smart City di Barcellona consente di mettere in atto  servizi che rispondono alle necessità reali della città che i cittadini stessi hanno contribuito a definire attraverso gli strumenti di democrazia partecipativa. Servizi che la città stessa sviluppa, usando i dati che i cittadini hanno deciso spontaneamente di donarle. Prima si decide cosa fare e poi come. Per Barcelona Smart City, i cittadini hanno deciso che le priorità sono l’edilizia residenziale popolare, la mobilità sostenibile, l’aumento degli spazi pubblici e verdi, la transizione energetica verso le rinnovabili, l’acqua comebene comune. E solo una volta stabiliti gli obiettivi si sono  posti la domanda: come può aiutarci la tecnologia? E come possiamo governarla invece di esserne governati? Dare sovranità tecnologica ai cittadini significa farli diventare i co-ideatori e i proprietari dei servizi, che ovviamente sono disegnati per dialogare tra loro.

Democrazia partecipativa significa dare la parola ai cittadini su questioni spesso complesse.A Barcellona è stata costruita una piattaforma per la democrazia partecipativa, che si chiama Decidim, dalla quale sono nate o si sono sviluppate il 70% delle azioni di governo. Ma non è una democrazia solo online. Esiste anche un dipartimento multi-disciplinare comunale che si occupa di formare e informare i cittadini, organizzando corsi gratuiti, eventi aperti, assemblee di quartiere. Perché una Smart City non può esistere senza che i cittadini siano Smart Citizens.

Decidim è una piattaforma in software libero e gestita da una comunità. Su Decidim, cittadini e associazioni pubblicano progetti e proposte. Poi possono seguirli, argomentarli, controllarne l’implementazione. Dal piano regolatore, al budget, dalle questioni sociali ai trasporti cittadini,  tutto viene discusso su Decidim. Altrettanto avviene nelle assemblee di quartiere, nelle riunioni di associazione. Niente a che vedere con la Rousseau dei 5Stelle. Decidim è costruita con un software libero e non è di proprietà di un’azienda. Decidim è totalmente trasparente e chi ci lavora deve attenersi ad un codice etico definito dalla municipalità.Decidim appartiene alla gente e non ad un partito politico o ad una srl. Inoltre la sua architettura è configurabile e integrabile su altri strumenti e app senza che alcuna manipolazione di dati, algoritmica sia possibile. Non sono dettagli. La questione tecnologica è fondamentale quando si parla di sovranità dei cittadini

Su questo tema della raccolta e del governo dei dati si è sviluppato  a  Barcellona il DataCommons. Si tratta di un  sistema di licenze che permette ai cittadini, quando usano qualsiasi tipo di app, di controllare a chi e in che modo fornire i propri dati. Si tratta di un registro digitale attraverso cui Airbnb deve per forza passare quando registra una proprietà. Così da un lato la città può valutare il numero dei giorni di affitto e la legalità della relazione ed evitare che i real estate usino la piattaforma che far alzare i prezzi. E dall’altro crea un’intelligenza collettiva di dati che le permetteranno di creare piattaforme pubbliche con regole chiare. Per favorire il lavoro dei cittadino e sviluppino un eco-sistema locale.

Per Barcelona Smart City, per esempio, dove sono state  supportate startup e fablab,  che ora aiutano nello sviluppo dei servizi digitali, sono già stati ottenuti buoni risultati. Nel sistema di irrigazione per esempio, sono stati realizzati sensori che attivano gli impianti dove e quando serve col risultato che 500 milioni di euro l’anno sono stati risparmiati e i parchi sono  più curati. E sulla produzione di energie rinnovabili. In alcune abitazioni popolari sono distribuite a prezzo di costo e nella quantità necessaria, grazie a rilevatori ambientali (con un abbattimento del 50% delle emissioni di CO2),un sensore realizzato dal FabLab di Barcellona per misurare l’inquinamento acustico nelle abitazioni.

Come si educano i cittadini alla cultura digitale? E cosa deve essere un buon Smart Citizen? A questo scopo vengono tenuti corsi pubblici gratuiti: nelle scuole, nei centri sociali, alla Media TIV del quartiere-lab @22, ai FabLab pubblici e alla MediaTIE degli smartcitizens. Secondo Francesca Bria non tutti devono diventare esperti informatici. Ma essere Smart Citizen vuol dire avere la consapevolezza che il controllo su dati, l’AI e le infrastrutture determinerà la natura delle istituzioni del futuro. Come ha ampiamente dimostrato il caso di FB e Cambridge Analytica. I cittadini devono essere coscienti del fatto che per mantenere il modello sociale europeo, per difendere valori e diritti acquisiti, dobbiamo tenere le redini della tecnologia. Le città sono luoghi-pilota perfetti per costruire un’alternativa e si stanno mettendo in rete. E la loro voce dovrà essere ascoltata attraverso modelli come Decidim.

Una esperienza di grande interesse che può avere effetti sia dal punto di vista della partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche della propria città ma anche rispetto alla loro partecipazione alle competizioni elettorali. Le ultime elezioni comunali hanno visto una partecipazione scandalosa e inaccettabile intorno al 40%, degli aventi diritto al voto, su cui occorre una profonda riflessione. La mia opinione è che nell’immaginario collettivo i partiti sono considerati inadeguati ad affrontare i complessi problemi della cittadinanza. Inoltre è opinione comune  che non vi sia  differenza tra destra e sinistra e pertanto si domandano a cosa serve votare? Ma c’è anche la consapevolezza di non poter minimamente influire sulle scelte dell’amministrazione locale.  Infine resta comunque aperte la considerazione di quale  legittimità può avere Lo Russo a Torino se è stato votato dal 24% circa dei cittadini? Lo Russo farebbe bene ad approfondire l’esperienza di Barcellona.

Per saperne di più suggerisco “Ripensare le Smart City”, di EvgenyMorozov e Francesca Bria, Codice Edizioni, 2018. Aldo Celestino

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  1. […] 3 novembre: Dare voce al popoloAldo Celestino – SindacalmenteE’ opinione comune che quando si parla di Smart City si pensa essenzialmente ai servizi high tech che già sono attivi in alcune città. Come ad esempio i tunnel che risucchiano la spazzatura taggata grazie al vuoto pneumatico, recapitandola in discarica. Oppure l’impiego di App che trovano il parcheggio e l’ecosistema di startup, incubators e FabLab,  le infrastrutture digitali per  le ricariche per auto elettriche, l’installazione di fibra ottica, i diversi  punti WiFi presenti in zone importanti della città, ecc. Niente di tutto questo,  oppure meglio oltre tutto ciò. L’esperimento che è stato reso operativo a Barcellona nel 2018 è diverso e molto più ambizioso. Come dice la sua ideatrice, l’economista italiana Francesca Bria che è stata CTO  (Chief Technology Officefr) di Barcellona Smart City, l’obiettivo è quello di dare voce al popolo senza essere populisti. In che modo?continua inhttps://sindacalmente.org/content/dare-voce-al-popolo/ […]

  2. […] 3 novembre: DARE VOCE AL POPOLOAldo Celestino – SindacalmenteE’ opinione comune che quando si parla di Smart City si pensa essenzialmente ai servizi high tech che già sono attivi in alcune città. Come ad esempio i tunnel che risucchiano la spazzatura taggata grazie al vuoto pneumatico, recapitandola in discarica. Oppure l’impiego di App che trovano il parcheggio e l’ecosistema di startup, incubators e FabLab,  le infrastrutture digitali per  le ricariche per auto elettriche, l’installazione di fibra ottica, i diversi  punti WiFi presenti in zone importanti della città, ecc. Niente di tutto questo,  oppure meglio oltre tutto ciò. L’esperimento che è stato reso operativo a Barcellona nel 2018 è diverso e molto più ambizioso. Come dice la sua ideatrice, l’economista italiana Francesca Bria che è stata CTO  (Chief Technology Officefr) di Barcellona Smart City, l’obiettivo è quello di dare voce al popolo senza essere populisti. In che modo?continua inhttps://sindacalmente.org/content/dare-voce-al-popolo/ […]

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