Per la prima volta
Per la prima volta nel nostro paese una donna sarà votata dal Parlamento italiano per svolgere l’incarico di primo ministro. Un fatto storico di assoluto rilievo, sottolineato dai media, senza troppo indagare sulle cause culturali, politiche e sociali che hanno impedito che ciò sia maturato nel campo progressista del centro sinistra, ma in Fratelli d’Italia, un partito di destra che richiama ancora l’antico slogan “Dio-patria-famiglia” e con una storia alle spalle di partito post-fascismo dove il maschilismo “verace” era ben presente. Il 25 settembre 2022 sarà ricordato come il ritorno della destra al governo dell’Italia, la destra più radicale dall’avvento della Repubblica. Hanno votato solamente il 63.9% (9% in meno del 2018) degli aventi diritto che sono 50.869.304 elettori, di cui 4.741.790 all’estero. Il cosiddetto partito dell’astensione conta quindi oltre 18 milioni di cittadini…gran parte di essi non sono disinteressati alla politica, ma rifiutano il deterioramento della stessa avvenuto in questi anni del 2000.
Eugenio Fatigante, in Dal voto una vincitrice netta, un semi-vincitore e due grandi sconfitti, su L’Avvenire, sintetizza con chiarezza il responso delle urne. Di seguito l’articolo.
< Una vincitrice netta, un semi-vincitore e due grandi sconfitti. E risultati tutto sommato previsti. Mai come stavolta, la lettura del risultato elettorale è limpida e non si presta a tante interpretazioni. L’Italia precipitata nella crisi bellica ed energetica si è risvegliata a destra, con un primato consegnato a Giorgia Meloni, vincitrice donna, che con i suoi Fratelli d’Italia, attestati attorno al 26%, scrive una pagina di storia inedita per una fazione politica che ha radici nel postfascismo e mai era arrivata così in alto: il massimo storico precedente risale al 15,6% – ben 11 punti sotto – dell’Alleanza nazionale di Fini nel 1996.
La semi-vittoria è quella di Giuseppe Conte che, al di là del consenso raggranellato difendendo l’introduzione del Reddito di cittadinanza, forte del suo credito personale ha garantito al M5s ormai quasi post-Grillo un risultato che – non va dimenticato – è sì la metà di quello del 2018 (un’era geologica fa per il Movimento, prima della scissione dimaiana e di tanti abbandoni), ma che in realtà è inaspettato considerando che due mesi fa molti prevedevano un tracollo delle truppe pentastellate.
Poi ci sono i due sconfitti: Enrico Letta e Matteo Salvini. Il vertice del Pd non ha saputo tessere una rete di alleanze e si è lasciato rinchiudere dai veti incrociati in un semi-isolamento che lo riporta per la seconda volta di seguito sotto al 20% “spartiacque”, a un passo dal risultato del 2018 a guida Renzi che per questo fu subissato di critiche. Una costanza di risultati che sta a indicare che ci sono dei nodi di fondo da affrontare, sulla natura stessa del partito e sui messaggi che dà. E, per di più, il Pd si ritrova ora alla sua sinistra un partito – M5s – che non può più essere considerato un episodio, che si è connotato come “progressista” e dopo la serie di risultati inanellati oggi, nel 2018 e nel 2013, rappresenta una realtà stabile.
L’altro grande sconfitto è il segretario della Lega che, con un esito che riporta il Carroccio al di sotto dei massimi toccati da Bossi, vive il paradosso di aver voluto disegnare un partito nazionale e non più padano (coronato da successo alle Europee 2019) per finire poi con il consegnare ora il governo ai nazional-sovranisti di Meloni. E che paga probabilmente una ripetitività del messaggio, a partire dalle arringhe anti-immigrati, che non ha saputo interpretare quella richiesta di “nuovo” che gli italiani hanno pensato di scorgere invece in Fdi. Anche Silvio Berlusconi non può brindare per l’ulteriore, netto arretramento all’8% rispetto al 14 e passa di 4 anni fa, ma si può consolare con le distanze accorciate rispetto alla Lega in attesa di un eventuale premio garantito dal pacchetto di seggi ancora in fase di calcolo. Sia Salvini sia Berlusconi non potranno avanzare ora molte pretese rispetto a Fdi che li surclassa in termini di voti, anche se certo conservano un potere d’interdizione per il fatto che comunque, senza di loro, la maggioranza di centrodestra non ci sarebbe. Si vedrà.
Discorso a parte va fatto per il Terzo polo di Calenda e Renzi che fallisce l’obiettivo, dichiarato, di arrivare alla doppia cifra, pur con alcune performance locali degne di nota, a partire da Milano. E sfiora soltanto la soglia minima prefissata dell’8%. Certo va tenuto conto che si tratta di un’alleanza nata solo in extremis, scontando l’indeterminatezza dei due nel dar vita a una prospettiva che invece a molti era chiara da tempo. Tuttavia, la loro percentuale non è nemmeno trascurabile e sta a indicare una prospettiva aperta perché risponde, se ci sarà costanza e lucidità per declinare una proposta compiuta, alle attese di un’area che non trova casa negli altri tre schieramenti.
Complicate restano, infine, le prospettive per l’Italia, chiamata ad affrontare un quadro internazionale da brividi con quello che, presumibilmente, sarà un governo sui generis nello scacchiere europeo: nazionalsovranista con gocce di popolarismo alla Berlusconi. L’Italia repubblicana non è mai stata così a destra e si trova a farlo in un momento storico particolare. Meloni e i suoi, che hanno dalla loro le assicurazioni date sul fronte atlantista, dovranno chiarire però i nodi delle risposte da dare sulla pace più che mai necessaria, sulla collocazione in Europa e sul contributo al suo rilancio e nell’applicazione del Pnrr. Potrà essere, tuttavia, anche per l’Unione l’occasione di chiarire un “modo di convivere” che dichiarazioni infelici come quelle della presidente Von der Leyen e, stamani, della premier francese mettono a volte in discussione.
Il vincitore di queste elezioni trova comunque un Paese sano, in grado di bilanciare pregi e difetti di chi ci governerà se il suo interesse sarà davvero generale e non solo finalizzato all’accaparramento delle posizioni di potere di cui la nuova maggioranza potrà disporre. Nonostante l’ulteriore, grave calo dell’affluenza alle urne – altro fenomeno a cui la politica dovrà dare risposte nel suo insieme –, l’Italia resta una democrazia matura con salde Istituzioni di garanzia, a cominciare dalla Presidenza della Repubblica retta con saggezza da Sergio Mattarella. Purtroppo per cattive o mancate riforme il Paese è dotato di un sistema politico-elettorale imperfetto, che può – e deve – essere messo a punto ma a cui non c’è – e non deve esserci – alternativa o rinuncia. > https://www.avvenire.it/attualita/pagine/la-vincitrice-alla-prova-dei-fatti
Istituto Cattaneo – Cosa è successo nel 2022? Il partito di Giorgia Meloni, passato dal 4 al 26% nel giro di una legislatura, si radica al Centro e al Nord-Est, mentre non sfonda al Sud. Il Partito democratico resiste, a fatica, nei confini della vecchia Zona rossa. Il Movimento 5 stelle si conferma come partito del Sud, mentre la Lega di Salvini torna nei vecchi confini della Lega Nord di Umberto Bossi. La distribuzione territoriale di Fratelli d’Italia è probabilmente la più interessante da analizzare: ottiene un risultato particolarmente positivo nel Centro (in particolare nel Lazio e nel sud delle Marche e dell’Umbria) e nel Nord-Est, con picchi particolarmente importanti in Veneto, nella Lombardia orientale e nella provincia di Piacenza. La distribuzione dei consensi di Fratelli d’Italia lo fa assomigliare meno al partito suo predecessore, Alleanza Nazionale (principalmente radicato nel Mezzogiorno), e più al suo principale affluente (la Lega). Per conoscere di più aprire l’allegato.
< Si astiene il 36,2% della popolazione con diritto di voto, 9% in più del precedente picco del 2018. Il centro-destra, con circa il 44% dei voti, torna vicino ai valori medi del 1994-96 (assai meno del 50% di inizio secolo), ma con tre radicali differenze: è trascinato da un partito espressamente di destra, che ha sestuplicato in 4 anni la sua quota; disporrà di una maggioranza solida in entrambe i rami del Parlamento, come risultato della coalizione costruita – a differenza del centro-sinistra – per tener conto della legge elettorale; si trova in Parlamento di fronte a un’opposizione divisa e lacerata…>. Così inizia il commento del Forum Disuguaglianze e Diversità. Per proseguire un clic qui https://www.micromega.net/colmare-il-divario-fra-il-paese-e-la-politica/?utm_source=substack&utm_medium=email
Mappe – Il centrodestra primo in 98 province su 105 così il ciclone Fdi cambia colore all’Italia – di Ilvo Diamanti su La Repubblica – < Il voto ridisegna la geografia politica Il M5S conferma la forza nel Mezzogiorno, ma il Pd non riesce ad allargarsi In un futuro non troppo lontano ci saranno altri cambiamenti perché ormai più dei partiti contano i leader. Le elezioni che si sono appena svolte marcano una “frattura” con il passato, non solo recente, della politica in Italia….Questo voto, infatti, ha ridisegnato in modo significativo la geografia politica italiana. Ne ha ridefinito i confini (finis significa confine). Come emerge dalle Mappe delineate dall’Osservatorio elettorale di LaPolis (Univ. di Urbino), che suggeriscono un diverso rapporto fra politica e territorio….> per proseguire aprire l’allegato.
Elezioni 2022. analizzando non solo le percentuali ma i numeri assoluti comparandoli con precedenti elezioni – Franco Astengo, sul web, così inizia < La vittoria dei sondaggisti è tale da porre un interrogativo: costruita una tesi è parte dell’opinione pubblica che vi si adegua e non chi esegue le rilevazioni seguendo l’andamento delle opinioni? In realtà restano intatti i temi della fragilità del sistema politico italiano in particolare sul versante della volatilità elettorale e della scarsa credibilità dei governi (rapporto tra i due fattori: scarsa credibilità del governo/ sale l’opposizione; finora dal 2008 in avanti non si è mai verificato il contrario). Il tutto distorto dall’applicazione della formula elettorale che rende possibile la costruzione di maggioranze di dimensioni ben diverse dal reale responso delle urne…> per proseguire e leggere gli 11 punti analitici aprire l’allegato.
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