“Avvitarsi sempre più” alla Fiat ed all’ex-Bertone. E’ un’espressione sindacale, un tempo usata per mettere in guardia, o mettersi in guardia, dal deterioramento dei rapporti tra sindacati e lavoratori, tra sindacati e sindacati, tra sindacati e direzioni aziendali. E’ quanto accade alla Fiat ed all’ex-Bertone. Risalire a chi sia il responsabile del “primo giro” è impresa faticosa, che lascia il tempo che trova. Non è una fatalità del destino che si debba continuare, si può e si deve reagire. Perché, diversamente, la caduta di credibilità per questo o quel sindacato è dietro l’angolo e per tutti si profila un sonoro ridimensionamento. Primi a pagare i lavoratori. Tra i sindacati, prima a pagare è la Fiom per la sua sfida di camminare da sola a “schiena dritta” come dicono Landini e Airaudo; a seguire – di certo – la Fim che vede sfumare una dopo l’altra le sfide della partecipazione e della contrattazione di secondo livello, nell’ambito di un vero e credibile contratto nazionale di categoria.
Non sono solo i contenuti a dividere, “l’avvitamento” è ormai alimentato dal batti e ribatti, da contrapposizioni tra dirigenti sindacali, e probabilmente da non poche RSU, che puntano alla disistima ed alla delegittimazione dell’interlocutore. A seguire c’è un’autostima sopra le righe. In casa propria si regna perché tanti sono i dissennati che si individuano o s’inventano oltre le mura amiche.
La contrapposizione sindacale alla Fiat, alla Bertone ha già prodotto fatti e situazioni impensabili fino a pochi mesi fa.
Chi ha seguito la puntata di Report di domenica 27 marzo sul Piano Marchionne ( si può rivedere o leggere il testo su internet www.report.rai.it ) non può aver avuto un moto di simpatia e di stupore constatando che la giornalista Giovanna Boursier, pressando Sergio Marchionne, è stata più brava ed abile dei sindacalisti “negoziatori” per ottenere una risposta plausibile in merito ai 20 miliardi che sarebbero disponibili per il progetto industriale Fabbrica Italia. Finora Marchionne aveva sempre risposto, tra l’offeso e l’adombrato, che bisognava avere fiducia sulla sua parola. Sarà….anche perché Marchionne è, a detta del Sindaco Chiamparino, sempre nella stessa puntata di Report, un timido, anzi un timido di sinistra…più a sinistra dello stesso Chiamparino ( sono sempre parole del Sindaco).
Però, Giovanna Boursier ha insistito con garbo fino a ricevere la risposta: i miliardi ci saranno se si venderanno le macchine! Cioè, quei soldi non sono in nessun bilancio, né Fiat né Chrysler, come per primo aveva fatto notare l’esperto giornalista del Corriere della Sera Massimo Mucchetti, fatto che aveva calamitato l’attenzione della Fiom. Cose risapute anche da Raffaele Bonanni e dalla Fim-Cisl? Cose dette a tutte le Rsu ed ai lavoratori?
Una giornalista sa ottenere risposte più chiare dei sindacalisti negoziatori? Allora, Bonanni e la Fim Nazionale potrebbero dedurre che erano credibili le riserve ed i consigli di Pierre Carniti prima e dopo gli accordi di Pomigliano e di Mirafiori. In vero, il consiglio di Carniti era di fare bene il mestiere del sindacalista, pur con pochi margini negoziali, anche quando diventa necessario o ineludibile definire, con le dovute forme e modalità, tregue sindacali che non siano imposizioni unilaterali, poco diverse da ordini di servizio aziendali.
Chi segue la vicenda Fiat – ex Bertone rimane anche basito dal modo di procedere della Fiom che dispone di una larghissima maggioranza tra le Rus (10 su 16) e tra gli iscritti ( oltre 700 su 1.100). I lavoratori sono in Cig da oltre cinque anni. In questo vicenda tutte le iniziative hanno avuto come perno centrale le RSU; l’Assemblea con i lavoratori è andata com’è andata;la mediazione tra OO.SS è risultata finora impraticabile ( il referendum di mandato tanto invocato dalla Fiom in altre situazioni non è stato attivato, nonostante la grande maggioranza…). La piattaforma decisa dalle Rsu Fiom ed illustrata in assemblea è circolata poco. Ma ricalcava la posizione Fiom già risultata impraticabile a Mirafiori. La Fim, avendo fatto il pieno di accuse lecite e meno da parte di dirigenti e Rsu fiom, si è defilata invocando il referendum e sfidando la dirigenza Fiom a decidere – disponendo della maggioranza- come rispondere al No della Fiat. Brutta situazione davvero.
Gli errori si sommano da una parte e dall’altra. Scaricare la responsabilità primaria, in simili situazioni, sui lavoratori non credo sia un esercizio di democrazia reale. Può servire al massimo alla salvaguardia dell’immagine di organizzazione. Se riesce.
Le accuse ora si sprecano fino ad incorrere in falsi storici, come accaduto involontariamente o per stizza, a Giorgio Airaudo accusando la Fim-Cisl di cinquant’’anni fa di atti mai compiuti in occasione di un’elezione di Commissione Interna a Mirafiori (la diffusione di un volantino anti Fiom e ricattatorio per i lavoratori che volevano votarla), spingendosi a similitudini arbitrarie con la Fim di Torinese guidata da Claudio Chiarle. Tutto ciò evidenzia un’insufficiente analisi del momento in cui viviamo.
Va male. Ma si può sempre fermare a riflettere. Per ripartire nella direzione auspicabile ed inevitabile alla ricerca di quel minimo di convergenza possibile per non precipitare più in basso.
Allegati –
Bertone, polemiche da anni 50 e referendum al termine_25-3-11
La Fim chiede il referendum_25-3-11
Allegato:
Bertone referendum al termine_25-3-11.doc
la Fim chiede un referendum_25-3-11.doc
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