Paul Krugam, il premio Nobel per l’economia ha scoperto tardi la politica: dopo l’elezione di Bush nel 2000. “Ho attraversato come un sonnambulo i 20 anni precedenti”. “Credevo nella S.E.C., sembrava un mondo dove splendeva il sole”. Il ritratto del New Yorker.
Il New Yorker dedica un ritratto da non perdere a Paul Krugman, premio Nobel per l’economia e opinionista del New York Times, fustigatore di George W. Bush e, adesso, severo critico di Barack Obama. Ma la svolta politica e impegnata di Krugman, in realtà, è arrivata relativamente tardi, non prima del 2000, e proprio in concomitanza con l’apertura della sua rubrica sul NYTimes.
Durante gli anni ottanta “ho avuto veramente una scarsa sensazione di ciò che era in gioco nelle questioni fiscali”, spiega Krugman al New Yorker e aggiunge: “Ero in carriera in quegli anni”. Anni in cui lavorò nello staff dei consiglieri economici di Reagan. Krugman ammette di sentirsi adesso come se avesse camminato “come un sonnambulo attraverso i venti anni che hanno preceduto il 2000”. Il suo mondo non era diviso tra destra e sinistra, ma tra stupidi e intelligenti, nota il New Yorker.
“Pensava che le persone che volevano boicottare Nike e le altre società che utilizzano sweatshops all’estero fossero sentimentali e stupide. Sì, certo, i lavoratori stranieri non percepiscono salari americani e non hanno protezioni – ragionava Krugman all’epoca -, ma lavorare in un laboratorio tessile è la cosa migliore per loro rispetto ad alternative peggiori”.
Fino a quando scoppiò lo scandalo Enron, Krugman non ebbe alcuna sensazione che vi fosse alcun tipo di problema nella corporate governance americana. “Credevo nella S.E.C. (Securities and Exchange Commission, Commissione per i Titoli e gli Scambi: è l’ente governativo statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori, ndr) – dice – Sembrava un mondo dove splendeva il sole, nel 1999, e lo condividevo. La portata delle frodi societarie, la condotta illecita finanziaria, la cattiveria pura e semplice della scena politica, quelle sono tutte cose che, dieci anni fa, non vedevo”.
E ‘stata la campagna elettorale del 2000 a radicalizzare le posizioni di Krugman. Aveva cominciato a scrivere la sua colonna su Times l’anno prima, e anche se il suo interesse all’inizio era di ordine economico e su questioni d’affari, ha iniziato a prestare più attenzione al mondo in generale.
Dopo le elezioni, ha cominciato ad attaccare le politiche di Bush nella sua rubrica. Ha attaccato Bush perché portava al fallimento della previdenza sociale, perché promuoveva una politica energetica ambientale economicamente disastrosa, perché aumentava la disuguaglianza tagliando le tasse per i ricchi e le società, perché usava la guerra al terrorismo per nascondere le sue malefatte fiscali, e per l’insider trading fatto prima di diventare Presidente.
Durante le primarie democratiche del 2007-2008, Krugman è stato molto critico nei confronti di Barack Obama. E’ stato critico soprattutto perché, dei tre principali candidati, Obama gli sembrava il più conservatore. Pensava che Obama sbagliasse completamente a credere che avrebbe potuto riunire i repubblicani e le imprese di assicurazione nella riforma del sistema sanitario. “Chi pensa che il prossimo presidente possa ottenere un cambiamento reale senza aspro confronto, vive in un mondo di fantasia”, scriveva Krugman.
I suoi attacchi alla moderazione e all’ecumenismo di Obama gli valsero molte critiche, ma a distanza di un anno dall’insediamento Krugman si sente infelicemente vendicato, soprattutto quando è apparso chiaro che i suoi tentativi di conquistare i Repubblicani erano falliti. Sulla riforma sanitaria Krugman si chiede perché Obama non sia più aggressivo, e recentemente ha scritto sul suo blog: “Sono molto vicino a darmi vinto, sul conto di Obama”.
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