Fuori dalla Ue va peggio
Fuori dall’UE va peggio. L’eredità di Brexit rischia di pesare per un decennio.Rallenteranno salari reali e produttività mentre già hanno frenato gli investimenti, Covid, guerra e inflazione hanno colpito un’economia già indebolita dall’uscita dalla Ue. L’inflazione, oggi, morde quindi su retribuzioni reali già compresse. Anche la produttività langue: gli investimenti hanno rallentato bruscamente, più che altrove. Da Brexit il Pil in Eu è aumentato dell’8,5% mentre quello britannico si è fermato al 3,9%. Verso un inverno del malcontento per il caro prezzi con molti scioperi già in atto. Un reportage di Nicol Degli Innocenti e un articolo di Riccardo Sorrentino, su Il Sole del 28 Agosto, descrivono quanto succede nel Regno Unito dove sono state disattese le speranze di uscire dalla Ue tornando ai fasti dell’impero britannico, il Paese sta precipitando in un clima che ricorda piuttosto la fine degli Anni Settanta. Fiducia ai minimi.
Londra, scioperi e caro prezzi. Verso un inverno del malcontento. Nicol Degli Innocenti racconta il malcontento popolare e l’ondata di scioperi a Londra e dintorni così < La Gran Bretagna sta facendo un tuffo nel passato. Non sta tornando alle lontane glorie dell’Impero tuttora rimpianto da tanti Tories, tra i quali Boris Johnson. Il premier uscente ha elencato tra i vantaggi di Brexit il ritorno al passaporto “blu imperiale” invece del bordeaux europeo e la rivincita delle misure imperiali come libbre, pollici e pinte su chili, metri e litri.
L’era verso la quale sta tornando la Gran Bretagna è più recente e decisamente poco gloriosa: sono gli anni Settanta delle finanze in rosso, del caro energia, della settimana lavorativa di tre giorni, dell’inflazione in aumento, degli scioperi selvaggi.Si profila infatti un altro “inverno del malcontento” come quello del 1978. La frase poetica, presa in prestito a William Shakespeare, è ormai associata a scene prosaiche come le migliaia di morti che non trovavano sepoltura a causa dello sciopero dei becchini o le montagne di sacchi della spazzatura nelle eleganti piazze londinesi per la protesta degli addetti alla raccolta dei rifiuti.
Scioperi a catena
A Edimburgo sta già succedendo: gli operatori ecologici sono in sciopero dal 18 agosto e la loro protesta potrebbe allargarsi ad altre città. Le autorità hanno chiesto ai residenti di tenersi la spazzatura in casa per non deturpare l’immagine della città proprio nei giorni dell’Edinburgh Festival che ogni anno attrae migliaia di persone da tutto il mondo.Non è stato facile raggiungere Edimburgo, o qualsiasi altra città britannica, a causa dello sciopero dei trasporti che ha segnato le ultime settimane. Oltre 45mila ferrovieri si sono astenuti dal lavoro, bloccando i treni sia locali che intercity, mentre Londra è rimasta paralizzata per giorni per lo sciopero in contemporanea della metropolitana e degli autobus.
Neanche il sistema giudiziario, un tempo vanto dell’Inghilterra, è immune dalla crisi. Gli avvocati penalisti per la prima volta nella storia hanno annunciato uno sciopero a oltranza dal 5 settembre. Il Governo ha definito «irresponsabile» lo sciopero che aggraverà l’arretrato di 60mila casi giudiziari, ma dopo i tagli di oltre mezzo miliardo di sterline un giovane penalista guadagna meno di 15mila euro all’anno. Si prevede che in autunno potrebbero scioperare altri dipendenti pubblici . I sindacati degli insegnanti e degli infermieri, ad esempio, hanno definito «patetica» l’offerta di un aumento intorno al 5% degli stipendi, mentre i vigili del fuoco hanno respinto come «un insulto» l’offerta di un incremento del 2%. Tutti chiedono aumenti in linea con l’inflazione e c’è una grande rabbia tra la gente per l’aumento del costo della vita dopo oltre dieci anni di tagli ai servizi pubblici. Per questo c’è una grande solidarietà con chi sciopera, nonostante i disagi.
C’è fermento anche nel settore privato. Venerdì è iniziato lo sciopero di circa 100mila postini e dipendenti di Royal Mail, il servizio postale privatizzato. Nei giorni della protesta, che durerà fino al 9 settembre, non verranno recapitate lettere. Ci sono problemi anche nelle spedizioni di merci. Il porto di Felixstowe, che gestisce metà dei container in arrivo e in partenza dalla Gran Bretagna, è fermo dal 21 agosto per lo sciopero dei 2mila lavoratori, il primo da oltre trent’anni. Il sindacato ha respinto un aumento del 7% ricordando che CK Hutchison, la società che controlla il porto, ha distribuito quasi 100 milioni di sterline agli azionisti.
Heating or Eating?
Una frase usata dai media inglesi in questo periodo sintetizza il problema: un numero sempre crescente di cittadini deve scegliere tra “heating or eating”, tra riscaldare casa o comprare cibo. Il vertiginoso aumento dei prezzi sia dei generi alimentari sia delle bollette sta facendo precipitare milioni di persone sotto la soglia della povertà. A Londra, città all’apparenza ricca ma che nasconde quartieri con il più alto tasso di indigenza del Paese, le food bank hanno lanciato un appello perchè stanno finendo le scorte per l’impennata della domanda. Non sono più i senzatetto a utilizzarle ormai, ma famiglie, studenti e lavoratori che, pur avendo uno stipendio, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.
L’inflazione ha già toccato il 10,1% in luglio, il massimo da oltre quarant’anni, e continuerà a salire. Secondo la Banca d’Inghilterra arriverà al 13,3% in autunno, secondo Citigroup supererà il 18% in gennaio. Gli aumenti dei prezzi sono generalizzati, ma è l’impennata del costo dell’energia che sta avendo l’impatto più devastante. Il costo medio delle bollette di una famiglia è ora di 1.900 sterline, raddoppiato rispetto a 18 mesi fa. Venerdì l’ente regolatore Ofgem ha annunciato il nuovo tetto, che farà salire i costi dell’80% a 3.549 sterline in ottobre. Il sistema prevede un ritocco del tetto ogni tre mesi. In gennaio ci sarà quindi un nuovo aumento oltre quota 4mila e nell’aprile 2023 il costo medio per famiglia potrebbe salire oltre le 5.500 sterline. Scottish Power, uno dei big del settore, ha proposto di congelare le bollette al livello attuale di 1.900 sterline per due anni. L’intervento costerebbe 100 miliardi di sterline al Tesoro, superando i 69 miliardi spesi per il furlough, il programma di tutela dei posti di lavoro durante la pandemia.
Imprese in crisi
Se i cittadini piangono, le imprese certo non ridono. Il tetto alle bollette è riservato alle famiglie, mentre per il business i costi dell’energia sono lievitati a livelli per molti insostenibili. Nel mese di luglio 1.800 imprese hanno dichiarato bancarotta in Inghilterra, il 27% in più del luglio 2019 prima della pandemia. La Federation of Small Businesses ha lanciato un appello al Governo a intervenire in tempi rapidi per aiutare le piccole e medie imprese a superare l’inverno, altrimenti ci sarà un’ondata di fallimenti e di licenziamenti. Oltre alle bollette, le imprese devono gestire l’aumento dei prezzi dei materiali e un mercato domestico in crisi. L’aumento del costo della vita ha fatto bruscamente calare i consumi, mentre Brexit ha reso più complesso esportare. La fiducia sia dei consumatori che delle imprese è ai minimi storici e non si intravedono luci in fondo al tunnel. La recessione è ormai inevitabile, anche secondo la Banca d’Inghilterra che prevede almeno cinque trimestri di crescita negativa.
Politica assente
In questo difficile contesto economico la politica è assente. Il Governo non esiste: per ordine di Johnson non prende alcuna decisione importante in attesa dell’arrivo del nuovo premier, che sarà nominato il 5 settembre. I due sfidanti, la ministra degli Esteri Liz Truss e l’ex cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak, sono impegnati in una campagna elettorale fratricida – blu contro blu, come dicono i tabloid riferendosi al colore del partito conservatore. La loro sfida sembra avere luogo in un universo parallelo e lontano anni luce dai problemi quotidiani degli inglesi. Nessuno dei due contendenti ha annunciato una strategia dettagliata per superare la crisi. La priorità di Sunak è riportare l’inflazione sotto controllo, mentre la Truss, che secondo tutti i sondaggi sarà la vincitrice, vuole tagliare le tasse ma non ha spiegato come – se con ulteriori tagli ai servizi pubblici o aggravando il già pesante debito. La Truss ha dichiarato che da «vera Tory» è contraria a «fare l’elemosina» alla gente, ma data la gravità della crisi se entrerà a Downing Street dovrà presentare un piano di sostegno. Altrimenti sarà davvero un nuovo inverno del malcontento.
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