A che serve la guerra
Le guerre non risolvono i problemi ne aggiungono altri, oltre alle distruzioni e alle vite spezzate. Le guerre servono a stabilire un vincitore e uno sconfitto aumentando le tensioni e i contrasti che esistevano all’inizio del conflitto; nove volte su dieci, al termine della guerra, si scopre che un compromesso iniziale sarebbe stato più vantaggioso per i guerreggianti, sia per gli aggressori e sia per gli aggrediti; gli orrori delle guerre lasciano segni e conseguenze che durano decenni, vale per tutte le guerre che si sono riaccese nel mondo dopo la conclusione della feroce seconda guerra mondiale. Nelle guerre i diritti umani fondamentali, in particolare quelli che riguardano la salvaguardia dei civili, sono le prime grandi vittime: diritti violati da aggressori (in primo luogo) e spesso anche dagli aggrediti, come segnala il recentissimo Rapporto di Amnesty, contestato dal governo ucraino (vedi link e allegato). Sono pochissime le eccezioni ma si ritrovano solamente in alcune sollevazioni armate popolari contro la tirannide, la dittatura, l’invasore.
Il Rapporto di Amnesty – https://www.nouvelobs.com/monde/20220805.OBS61721/ukraine-ce-que-contient-le-rapport-d-amnesty-international-qui-rend-furieux-zelensky.html?M_BT=50904882428693#xtor=EPR-2-[ObsActu17h]-20220805
Le parole della canzone “A che serve la guerra” di Edoardo Bennato sono più eleoquenti di tante dotte disquisizioni sulla guerra. Attiva l’audio-video con questo link https://youtu.be/GymwoUciW1w
Ricordare le origini remote che innescano i conflitti armati, qua e la nel mondo, serve per trovare i difficili sentieri della tregua e del compromesso. Ora siamo ad un passo dall’escalation del conflitto dichiarato e diretto tra grandi potenze nucleari: le tensioni crescenti seguite alla visita e alle dichiarazioni di Nancy Pelosi a Taiwan contribuiscono al proseguimento della guerra di logoramento (così definita dalla strategia Nato) in Ucraina. Sulle cause e sul peggioramento delle relazioni Usa-Cina, che inevitabilmente trascinano l’Europa, segnaliamo cinque articoli:
1 – Nancy Pelosi ha fatto bene o no con la sua visita a Taiwan? L’articolo su Il Foglio del 4 agosto raccoglie una serie di pareri di autorevoli commentatori americani. Vedi allegato
2 – Est e Ovest. Ma lo spirito dell’Occidente è anche razionalità e democrazia – Giuseppe Lorizio, su L’Avvenire così inizia la sua riflessione sulla guerra in Ucraina e sulle crescenti tensioni nel Pacifico. < Nei fallaci tentativi di dare un senso a questa guerra, anche se questa guerra un senso non ce l’ha, Vladimir Putin evoca, ovviamente per stigmatizzarlo e assumerlo come bersaglio non solo culturale, ma militare, l’«Occidente collettivo», cui attribuisce tendenze neo-colonialiste nei confronti del resto del mondo e in particolare dell’Est europeo. L’accusa non è certo recente (…) In un vademecum compilato nel 2017 col titolo ‘Breve catechesi dell’uomo russo’ si legge < ..Per noi in Russia il concetto di ‘Occidente’ include prima di tutto gli Stati Uniti e poi, ma soltanto in seconda battuta, l’Europa occidentale o l’Unione Europea…L’ordine geopolitico qui disegnato non è indifferente, in quanto da parte russofila si ritiene che siano gli Usa il motore di questa collettività occidentale. In questa prospettiva, il conflitto bellico si sposta dal piano militare e politico al livello dell’identità culturale e spirituale dei contendenti. Il patriarca Kirill aveva parlato di «guerra metafisica» (…) per leggere l’articolo un clic qui https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/ma-lo-spirito-delloccidente-anche-razionalit-e-democrazia
3 – Usa-Cina. Taiwan, la storia e l’assurda escalation: per fermare la tempesta – Agostino Giovagnoli, su L’Avvenire, sintetizza in un articolo la storia di Taiwan dopo la seconda Guerra mondiale. < (…) Quest’isola con circa ventidue milioni di abitanti non offre infatti una ragione valida per uno scontro – dagli sbocchi imprevedibili – tra le due maggiori potenze del mondo. La crisi di Taiwan è la dimostrazione dell’assurdità cui è arrivata la situazione internazionale, non solo uscita fuori da ogni controllo ma anche da ogni logica. Taiwan è da tempo considerata un pezzo di Cina. (…) Nessuno oggi mette apertamente in discussione la sovranità cinese su Taiwan: il conflitto si gioca sul terreno di un’ambiguità favorita dalle complicate vicende del dopo 1949. In quell’anno, infatti, sconfitti da Mao i nazionalisti di Chang Kai Shek – il Guomindang – si sono rifugiati a Taiwan, facendone l’ultimo residuo della Repubblica di Cina in alternativa alla Repubblica popolare cinese. (…) Per leggere l’articolo un clic qui https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/per-fermare-la-tempesta
4 – Nel futuro di Taipei c’è una nuova guerra – Lucio Caracciolo, su La Stampa, motiva il suo pessimismo iniziando così. < Cina e Stati Uniti sono su un piano inclinato che porta alla guerra. Questione di tempi e di modi. L’unica via per impedirla è che entrambi riconoscano il pericolo e accettino di regolare per via negoziale le loro dispute. Ne siamo più lontani che mai. Il provvisorio bilancio della visita lampo a Taiwan di Nancy Pelosi, presidente della Camera americana, ha il merito di svelare che la recita della “Cina Unica” è finita. Si è spenta la luce sul teatro geopolitico sino-americano allestito mezzo secolo fa da Henry Kissinger e Zhou Enlai e codificato nel 1992, che ambiguamente consentiva il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese da parte americana a scapito della Repubblica di Cina, come allora Taiwan preferiva definirsi. In cambio, Washington offriva a Taipei vaghe garanzie contro un’eventuale aggressione dei “rossi”. Allora e per molto tempo decisamente improbabile. Oggi meno. (…) per proseguire aprire l’allegato
5 – “La visita non doveva avvenire abbassare le tensioni globali” – <Il destino di Taiwan sta in un gioco di parole. Charles Kupchan politologo del Council on Foreign Relations e veterano delle Amministrazioni democratiche, lo riassume con una tendenza alla «stabile instabilità». Nessuno – è il ragionamento – ha alcun vantaggio ad alterare una situazione in cui pur fra mille difficoltà, retorica e sfoggio di muscoli, le agende di tutti i contendenti fanno progressi. A meno che qualcuno non scuota la barca e la faccia oscillare pericolosamente», dice Kupchan..> Così inizia l’intervista pubblicata su La Stampa. Per proseguire aprire l’allegato
Per la storia del conflitto in Ucraina vedi https://sindacalmente.org/content/dimenticare-la-storia/
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