Cosa fanno altri paesi
Nella recente newsletter dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani diretto da Carlo Cottarelli ci sono questi due interessanti articoli di comparazione tra paesi europei su la governance del Recovery Plan e su quanto è stato fatto nella complicata materia dei ristori per il lavoro autonomo.
La governance del Recovery Plan. Cosa faranno gli altri paesi? di Carlo Cottarelli e Giulio Gottardo. Cosi inizia. La bozza del Recovery Plan inviata dal governo Conte 2 alla Commissione Europea non includeva ancora una proposta per la governance del piano. Mario Draghi ha recentemente dichiarato che la governance sarà “incardinata” al Ministero dell’Economia con la “strettissima collaborazione” degli altri dicasteri competenti. Altri paesi europei hanno già scelto la struttura di governance per i loro piani. In generale, alcuni paesi hanno preferito appoggiarsi esclusivamente su enti già esistenti, mentre altri hanno creato commissioni per coordinare e supportare il lavoro dei Ministeri. Le caratteristiche italiane, ovvero un piano molto consistente (209 miliardi) e una PA non sempre rapida nell’esecuzione degli investimenti, appaiono più allineate a quelle dei paesi che hanno previsto la creazione di entità apposite per il coordinamento. Tuttavia, la proposta circolata in Italia a dicembre, ovvero una struttura “pesante” non solo di coordinamento, ma anche di gestione, parallela e in parte sostitutiva dei Ministeri, appare eccezionale rispetto a quella degli altri paesi.(…). proseguire con questo link https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-la-governance-del-recovery-plan-cosa-faranno-gli-altri-paesi
Anatomia dei ristori in alcuni paesi europei – Così inizia. Tutti i paesi considerati (Francia, Germania e Inghilterra) hanno ritenuto necessario prevedere contributi a fondo perduto a favore di imprese e lavoratori autonomi. Ciò suggerisce che altre modalità di ristoro – ad esempio il rinvio o cancellazione di imposte dovute – sono state considerate insufficienti o sotto il profilo quantitativo oppure sotto altri profili (ad esempio, il problema della sotto-dichiarazione dei redditi). Tutti i paesi hanno fissato dei limiti massimi di contributi ottenibili dalla singola azienda, mentre solo in Italia si è mantenuto fermo il criterio temporale utilizzato inizialmente (la perdita di fatturato ad aprile 2020 rispetto ad aprile 2019); in particolare in Francia i ristori vengono fatti sulla base della perdita di fatturato del mese in cui viene chiesto il contributo rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, segno che l’amministrazione riesce a reagire con maggiore flessibilità operativa della nostra. Il problema della rapidità/semplicità delle procedure sembra aver inspirato il governo britannico, il quale indennizza le imprese inglesi in funzione dell’affitto figurativo delle proprietà in cui è insediata l’azienda, oltre che della gravità delle restrizioni. Il ricorso a codici di settore (in Italia i codici ATECO) lo si ritrova solo in Francia con riferimento alle imprese maggiori. Negli altri casi, il ristoro è universale, un sistema più costoso del nostro, ma che minimizza il rischio di non ristorare imprese colpite dalle conseguenze economiche della pandemia. In Germania, si sono commisurati i ristori ai costi fissi sostenuti dalle aziende, scelta comprensibile – si ristorano i costi effettivamente sostenuti nei periodi di chiusura – ma che può avere l’effetto di premiare imprese inefficienti. (…) proseguire con questo link https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-anatomia-dei-ristori-in-alcuni-paesi-europei?mc_cid=8af0b6de06&mc_eid=eafdbb123e