Domenico Cella, Presidente dell’Istituto De Gasperi di Bologna, non ha condiviso la scelta di Mattarella e ha aperto un ampio dibattito raccolto in Note sul “Governo del Presidente” accompagnate da questo suo commento.

In questi giorni mi sono molto chiesto se abbia senso una voce non allineata al pensiero dominante tanto entusiasta del “Governo del Presidente” (della Repubblica). Se abbia un senso che la esprimano persone piccole come me, con un valore così modesto sul mercato politico. Poi, pensando a tante iniziative e discussioni appassionate sulla nostra “bella” Costituzione, ho ritenuto che ne valesse la pena.

Il “governo del Presidente” che si sta organizzando mi sembra una deviazione dalla nostra Costituzione. I tanti Dpcm emanati nel corso della pandemia dal precedente Governo, sui quali si sono giustamente levate tante voci critiche, impallidiscono di fronte ad una potestà politicamente “neutra” (Presidente della Repubblica) che promuove un “suo” governo, tanto più se l’iniziativa fosse stata concepita e in qualche modo organizzata nei primi passi della crisi o nel suo corso, in alternativa alle più consuete procedure di ascolto del Parlamento.

Dal Presidente della Repubblica mi sarei aspettato piuttosto una (più) energica prospettazione delle elezioni anticipate al fallimento di ogni altra soluzione (da ultimo la proposta del cd. Conte ter), efficace deterrenza contro i piccoli giochi dei nostri partiti (grandi e piccoli).

Un Presidente della Repubblica così come (sorprendentemente) emerge in questi giorni, dovrebbe poter essere eletto dal voto popolare (ma personalmente non vorrei né voto diretto per il Presidente della Repubblica né deviazioni dal suo ruolo rimanendo fedeli alla Costituzione attuale).

Casi simili, tentati e realizzati, di “Governo del Presidente” sono esistiti nella storia della Repubblica, ma questo sarebbe più rischioso, nell’eventalità, da tanti prevista ed auspicata, che il Presidente incaricato del Consiglio dovesse effettivamente succedere all’attuale Presidente della Repubblica allo scadere del mandato. Anch’io non ho dubbi sulle intenzioni intelligenti e buone del Presidente incaricato e soprattutto sul suo senso di autonomia personale.

Temo che non bastino. Temo soprattutto l’accelerazione del disfacimento del nostro sistema partitico all’esaurirsi dell’esperienza del nuovo Governo, come già segnala l’enorme trasformismo di questi giorni.

Con punti vista molto diversi da Domenico Cella anche Marco Revelli si è posto fuori dal coro con le motivazioni espresse nell’articolo allegato pubblicato su Il Manifesto

1 commento
  1. GIULIO COMETTO
    GIULIO COMETTO dice:

    Le riflessioni controcorrente di Cella e Revelli,, sono per me opportune e giuste e mettono in evidenza la fragilità del nostro sistema democratico, altro che il pericolo populista, continuamente evocato in questi ultimi anni, ma almeno rappresentava l’espressione delle scelte elettorali della maggioranza dei cittadini.. Il governo Draghi invece nasce perché voluto fortemente dalle elite e dai poteri forti,e questo dovrebbe come minimo allarmare tutti quelli che vogliono vivere in uno stato democratico

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