Uscire dall’odio guardando a Mandela
Le guerre ripetono l’aberrante strategia praticata nella seconda guerra mondiale (bombardamenti a tappetto, sterminio di civili, rappresaglie e punizioni collettive, genogidi). Il target da colpire sono le popolazioni e le loro strutture per vivere, operare massacri di civili (anziani, donne, bambini, malati) per diffondere il terrore che a sua volta alimenta l’odio. E’ quanto avviene in queste giorni nelle terre del medio oriente che l’Onu, nel lontano 1947, aveva indicato per la nascita di due stati: uno per gli arabi palestinesi, l’altro per gli ebrei sopravvisuti allo sterminio nazista e dei pogrom in vari stati dell’est.
Al massacro terrorista di donne, bambini, anziani e sequestro di ostaggi, per opera dei tagliagole di Hamas del 7 ottobre, penetrati nel territorio d’Israele per cacciare gli israeliti-ebrei dai kibbuz, sono seguite le azioni di rappresaglia con massacri anch’essi terroristi dell’esercito israelita su Gaza, con bombe dal cielo e cannoneggiamenti che hanno provocato, al 5 novembre, oltre 10.000 vittime, circa la metà bambini.
Entrambi i belligeranti hanno compiuto crimini di guerra. Il doppio standard dell’informazione ostacola la ricerca di vie d’uscita tracciando un futuro che possa dissinnescare l’odio tra due popoli. Quanto di tremendo sta avvenendo non configura, stando alla storia e alla realtà, lo scontro tra civiltà e neppure tra il Bene e il Male. Da entrambi i campi si compiono crimini di guerra, atti di terrorismo e si alimenta l’odio e la discrimnazione.
Dal valico di Rafah entrano pochi aiuti umanitari, una goccia nel mare delle necessità per un popolo bombardato e alla fame. Gaza è senza acqua, cibo e medicinali. Il conto dei morti e delle distruzioni sale ogni giorno. Siamo ben oltre al biblico “occhio per occhio, dente per dente”. La strategia della famigerata punizione collettiva – applicata da più eserciti fin dalla seconda guerra mondiale in poi – la violenza contro la popolazione palestinese (crescente anche in Cisgiorania da parte dei coloni con i palestinesi) non porterà la sicurezza auspicata da Israele, neppure con l’uccisione dei miliziani di Hamas. Senza un processo di pace pe rcostruire due stati con autorevoli leader eletti dal popolo su programmi di convivenza, l’odio vicendevole continuerà a prosperare e altri “terroristi” occuperanno la scena sia tra i giovani di Gaza sia tra i coloni in Cisgiordania. Due popoli e due stati è la condizione per costruire la pace in Medio Oriente, ricercando soluzioni di compromesso sui due grandi nodi, messi in agenda ma non risolti neppure dallo storico accordo di Oslo, che riguardavano il rientro dei coloni dalla Cisgiordania e dei prughi palestinesi dai paesi arabi. Per quell’accordo il leader Rabin fu assassinato da un estremista ebreo, un colono della Cisgiordania. Non potranno ritornare né tutti i profughi né tutti i coloni dalla Cisgiordania ( ora sono 700mila). Proiettare un futuro politico di possibile convivenza significa oltrepassare Netanyahu, Hamas e Abu Mazen, costruendo percorsi politici-sociali traendo insegnamento da quanto fatto da Nelson Mandela (1995) quando istituì la “Commissione per la verità e la riconciliazione”‘ per superare i veleni e i drammi dell’apartheid. Per tale transizione storica e per ricostruire unità nel popolo palestinese serve rimettere in libertà capi storici come può essere anche l’anziano Marwan Barghouti, uno dei leader della seconda intifada, condannato all’ergastolo nel 2002, per 12 anni in isolamento.
Si può uscire dalla tremenda spirale del terrorismo e dei crimini di guerra riflettendo sull’appello dei 6o intellettuali francesi e di Carlo Rovelli (vedi articoli in allegato) , rivolto a coloro che si riconoscono in slogan che alimentano la contrapposizione, soffiano sull’odio e quelli che rinfocolano l’antisemitismo. Si possono abbattere steccati, pensando a quanto ha fatto Mandela per ricustruire la convivenza in Sudafrica, sfliando nelle manifestazioni con un’asta con tre bandiere: quella della pace, quella palestinese e quella israeliana.
Quanta verità nelle strofe di Ninna nanna della guerra-Trilussa 1914_Gigi Proietti https://youtu.be/GLgQYPcBL9k Quanta verità nelle strofe di Master of war di Bob Dylan (vedi allegato il testo) https://youtu.be/JEmI_FT4YHU
Fermiamo la guerra, riprendiamo per mano la pace – Israele/Palestina. La distruzione di Gaza e l’accanimento contro la sua popolazione non porterà la sicurezza d’Israele. Il seme della vendetta piantato da Hamas è veleno, se raccolto il conflitto si allarga. Sergio Bassoli * Il Manifesto 22-10-23
<< Tante sono le iniziative che si stanno realizzando nelle città italiane e del mondo per dire basta a questa ennesima guerra, per evitare che al terrore seminato da Hamas, vinca la vendetta di Israele sulla popolazione civile di Gaza, dove 2,3 milioni di persone sono imprigionate senza più cibo, servizi sanitari, abitazioni, acqua, un disastro umanitario che nessuno sembra in grado di fermare.
Va detto e ridetto questa è la sconfitta di tutti. Nessuno si può salvare da questa responsabilità di lasciar consumare un crimine di guerra in mondovisione, in attesa dei bollettini di guerra che aggiornano numeri di morti, di distruzioni, di emergenze e richieste di aiuto inascoltate.
Non sarà la distruzione di Gaza e l’accanimento contro la sua popolazione a portare la sicurezza d’Israele. Il seme della vendetta piantato da Hamas e dai suoi alleati, è un seme avvelenato che non va raccolto se non si vuole andare ad una guerra senza più limiti e barriere.
I segnali di una estensione della guerriglia, dell’azione dei “lupi solitari”, delle alleanze più impensabili per generare caos e disordine internazionale ci sono tutti. Ed ancora una volta a pagare il conto sono le popolazioni e le democrazie, i diritti e le libertà. In due settimane i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane sono raddoppiati. A Gerusalemme ed in Cisgiordania gli scontri ed i morti non si contano più. La frontiera tra Israele ed il Libano è nuovamente area di guerra. In Europa e negli Stati uniti gli allarmi di attentati si moltiplicano negli aeroporti, nelle stazioni nei metro, nelle sinagoghe, nelle moschee.
Sono questi alcuni dei tanti segnali che ci fanno dire, fermiamoci, fermatevi. Rimettiamo al centro la necessità di rispettare il diritto internazionale che non è cosa astratta ma è la traduzione codificata di ciò che esprime la nostra società in termini di principi e di valori che permettono la pacifica convivenza. Prendere decisioni o tollerare la violazione di questo impianto è come voler entrare con un bulldozer in casa per pulire il pavimento. Si distrugge la casa ed il condominio.
Tutti noi dobbiamo riprendere la pace per mano ed il primo passo è fermare la violenza, proteggere i civili, sedare la sete di vendetta, non bere alla fonte dell’odio. Oggi è urgente che le istituzioni nazionali ed internazionali si esprimano con chiarezza e con urgenza contro l’azione militare in corso nella Striscia di Gaza, perché è loro obbligo di dirlo e di farlo. Non è solo per una questione morale, ma per il rispetto delle regole che ci siamo dati come comunità internazionale e non possono essere le istituzioni democraticamente elette a violare le regole o ad usare il “doppio standard”.
Esigere, con tutti i mezzi della diplomazia e della politica, che Israele tolga l’assedio alla popolazione di Gaza e, nella sua azione di difesa, rispetti il diritto umanitario internazionale, non è un’azione contro Israele ma, al contrario, è la migliore azione che si possa fare per salvare Israele dalla trappola che gli è stata tesa. E stessa cosa vale per i palestinesi che non debbono cadere nella stessa trappola consegnando il loro diritto di autodeterminazione alla logica della violenza e del terrore.
Solo rimettendo in ordine le cose, si può ricostruire il percorso della pacifica convivenza: impegnarci tutti insieme per il cessate il fuoco, essere tutti uniti nella richiesta della liberazione degli ostaggi e nella protezione della popolazione civile.>>.
Uniti nel chiedere che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prenda in mano il processo di pace e convochi la conferenza internazionale di pace per il riconoscimento dello Stato di Palestina che dovrà porre fine all’occupazione e consentire alle parti di definire tutti gli aspetti ed i punti che dovranno porre fine a 75 anni di conflitto.
La cantante israeliana Noa inizia l’intervista “Mai così tanto odio dalla Shoah, sogno pace contro la ferocia di Hamas“, rilasciata a Angela Calvini , su L’Avvenire, con questo duro giudizio «Netanyahu è un bugiardo, ha le mani piene di sangue di tante persone innocenti. Ma lo spirito di solidarietà mostrato dal popolo di Israele oggi è incredibile» e risponde così alle ultime due domande: Esiste una soluzione? Continuo a credere che esista una soluzione pacifica alla nostra situazione, appoggiandosi alla maggioranza che vuole vivere in pace. Possiamo e dobbiamo vivere fianco a fianco. Due Stati per due popoli. Altrimenti, il circolo della morte e della sofferenza continuerà. Questa guerra, coappello di 60 intelletuali israeliani, n tutto il suo orrore è la nostra opportunità per cambiare radicalmente il nostro approccio, tutti noi, e muoverci verso un futuro diverso. Lei ha cantato per tre Papi e per tanti leader mondiali: quale appello vuoi lanciare alla comunità internazionale? Di stare al fianco di Israele nel suo momento più buio. Aiutateci a prevenire una guerra regionale che può diventare una guerra mondiale. Isolate e condannate Hamas. Aiutateci a riportare a casa gli ostaggi, i bambini piccoli, le donne, gli anziani. Vedi testo completo qui https://www.avvenire.it/attualita/pagine/l-escalationmedioriental-e1c659898cc34b238765d5b24bb82a68
Alleghiamo inoltre alcuni articoli (Vito Mancuso, Jeffrey Sachs, Ettore Segui, Claudio Cerasa a cui risponde Adriano Sofri, Daniel Boreinbom, Giovanni Valentini, Francesca Mannocchi, Luisa Morgantini) i cui gli autori/trici, unanimi nel condannare le azioni terroristiche contro civili e convergenti sulle possibili soluzioni per una pacificazione dei due popoli, esprimono valutazioni politiche diverse sui responsabili che hanno generato la spirale delle violenze e dell’odio, sulle cause originiarie delle guerre e del conflitto che dura da 75 anni tra arabi e Israele.
Per un approfondimento sull’incandescente realtà della espansione di coloni ebrei in Cisgiordania serve leggere l’articolo “La complessità di Israele:politica e società” di Arturo Marzano, del 31 maggio 2021, su Il Mulino, dopo la conclusione del conflitto militare tra Hamas e Israele. https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_israelo-palestinese_del_2021. I governi presieduti da Netanyahu hanno sempre sostenuto le richieste della destra estrema religiosa, si legge nell’articolo << L’assorbimento nell’ideologia del sionismo revisionista di elementi messianici ha fatto sì che il conflitto con i palestinesi sia letto soprattutto attraverso un prisma etnico-religioso. Le conseguenze politiche sono evidenti: la progressiva colonizzazione della Cisgiordania con la nascita di nuovi insediamenti e l’allargamento di quelli esistenti; la messa in atto di politiche unilaterali; il ricorrente ricorso all’uso della forza; la tendenza a silenziare l’opposizione interna, soprattutto quella delle Ong e delle associazioni riconducibili alla sinistra, sia sionista sia non-sionista; il peggioramento delle relazioni tra maggioranza ebraica e minoranza araba...>>. Per proseguire aprire l’allegato.
Centinaia di intellettuali ebrei americani: «La critica a Israele non è antisemitismo» . Potete leggere il testo della lettera. pubblicata sul sito www.colerelaluna.it con questo link https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/11/10/centinaia-di-intellettuali-ebrei-americani-la-critica-a-israele-non-e-antisemitismo/
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