Abbiamo ricevuto la lettera di un amico, un disegnatore di un’azienda dell’indotto auto di Borgaro, ora in cassintegrazione per ragione di costi, e solleva una questione molto importante, quella di ritornare a considerare il lavoratore una persona e non già una mera risorsa. Quando il sindacato – primo baluardo di difesa del lavoro e dell’occupazione – si adegua al linguaggio mercantile delle aziende che considerano “risorsa” o “esuberanza” un lavoratore significa subire passivamente un certo modo di concepire l’economia, un tipo di economia che dimentica che il lavoratore è una persona con diritti alla sicurezza per sé e per la sua famiglia. Viviamo in una società che spesso dimentica questa nozione elementare. Proliferano le aziende nelle quali non conta la qualità del lavoro che fai e come lo fai, ma soltanto quanto costi per farlo. Ridurre tutto a numeri di bilancio lede la dignità umana e offende la professionalità, il lavoro in sé. La denuncia contenuta nella lettera che riproduciamo ripropone a tutti precisi interrogativi: abbiamo sensibilità per indignarci, forza e coraggio per reagire? Abbiamo proposte per rimettere al centro del lavoro e dell’occupazione il valore della persona?
Vi lasciamo alle parole di questo amico, un disegnatore tecnico, che dicono molto.
Il lavoro , per me una parola importante. Ma vorrei insieme a Voi soffermarmi alcuni minuti su ciò che intendo per importante.
E’ diventato negli ultimi tre anni estremamente difficile riuscire pesino a pronunciare la parola lavoro; con chi tenti di parlarne, dopo qualche secondo passi automaticamente a dire “..e sai la crisi…”. E’ brutto cari amici dover associare un termine così importante a una parola CRISI.
A 40 anni di età e più 20 di esperienza lavorativa, ti scopri improvvisamente “vecchio” per ogni
mansione,ti scopri improvvisamente un inutile, scopri che se vai a fare un colloquio la prima cosa che ti chiedono è la disponibilità a viaggiare (naturalmente a nessuna condizione di trasferta), per di più ti rendi tristemente conto che costi tanto anzi tantissimo.
Ecco è qui che volevo arrivare, perché essere considerati “risorsa” e non persona all’interno di una Azienda ha un significato ben preciso. Non conta più la professionalità acquisita negli anni (ci sono “risorse” di altri paesi che si offrono a prezzi bassissimi). Non c’è più il tempo per poter insegnare a qualche giovane volenteroso un mestiere;e certo perché prima di tutto bisognerebbe avere un lavoro da fare per qualcuno; dopodichè avere la possibilità di farlo;la risorsa serve solo e ridico solo a far saltare fuori il 30% di guadagno all’imprenditore.
Invece cosa succede? succede che ai giovani, ai nostri figli potremo insegnare che cosa é la CIGO, che da strumento atto ad aiutare e sostenere le persone che lavorano nei momenti di difficoltà, é divenuto ormai lo strumento più idoneo per gli industriali…… . Lo usano per lavarsi le mani nei confronti degli operai e degli impiegati. Eh! si perché é facile distribuire lettere con su scritto “PER IMPROVVISE ESIGENZE LAVORATIVE DOVUTE A UN CALO DA PARTE DI…”, e la sera stessa lasciare a casa lavoratori, mettere in ginocchio famiglie che non potranno pagare il mutuo, non potranno pagare le bollette del riscaldamento, e faticheranno a comprare da mangiare e saranno costrette ad andare alla Caritas (non è una battuta amici basta leggere l’ ultimo resoconto a riguardo per inorridire quanto basta…).
Ma vi sembra logico che chi governa questo Paese sia totalmente indifferente a tutto ciò? Perché continuiamo a incentivare gli industriali che vanno a investire all’ estero? Che una città come Torino non abbia le palle per non dipendere totalmente dalla Fiat? E che chi lavora non debba essere considerato solo un costo!
Chiudo queste poche righe con molta tristezza.
Faccio parte di una Azienda dell’indotto nel settore Auto di circa 100 dipendenti, all’interno del quale ci sono molte persone capaci e che hanno voglia di lavorare.
Andrea Parmeggiani, impiegato tecnico (disegnatore) alla Stola di Borgaro
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