Perché abrogare l’Autonomia differenziata

L’Associazione Prendere parola aderisce (vedi testo in allegato) all’appello per sostenere il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata, sottolineando lo stupore verso la Cisl che prende le distanze da tale iniziativa – sostenuta da Cgil, Uil, da molte Associazioni sociali, da leader politici  – limitandosi a ripetere con i suoi dirigenti, da Luigi Sbarra in giù, che “..non abbiamo un pregiudizio verso l’autonomia differenziata..”, che equivale – nella situazione data – a un tacito consenso per mantenere in vita la Legge n.86, in vigore dal 7 luglio 2024. Pensiamo che siano molti gli iscritti della Cisl – mai consultati in merito – che sono ben convinti della pericolosità di questa legge. Sindacalmente.org invita i propri simpatizzanti a far circolare con i propri social (e-mail, facebook, blog) il testo allegato di Prendere parola.

Quando  si è costretti a indire un referendum abrogativo di una legge appena entrata in vigore è un brutto segnale sullo stato in cui versa la nostra democrazia rappresentativa parlamentare, resa asfittica nel suo ruolo costituzionale, da quella pratica di “dittatura della maggioranza” già prospettata come pericolo, a metà dell’800, dal padre della democrazia liberale Alexis de Toqueville, e ricordata con altre parole dal presidente Sergio Mattarella, nel corso della 50ma settimana dei cattolici, svoltasi a Trieste.

I rappresentanti politici parlano di “partecipazione” ma la gran parte di essi la intende come una delega ricevuta per “decidere e pensare” al posto dei cittadini. Sono ben lontani dalle strofe della canzone di Giorgio Gaber dedicata a questo grande impegno civile. Nel nostro paese l’unica modalità di democrazia diretta rimane il referendum abrogativo con tutti i suoi limiti e la condizione per essere valido della partecipazione al voto del 50% + 1 degli aventi diritto.

Leggendo con attenzione  gli 11 articoli (e note) della Legge n.86 non possono sfuggire la pericolosità e le tante insidie di cui è costellata questa legge varata a colpi di maggioranza. In particolare quando si fa riferimento ai Lep (Livelli essenziali di prestazioni erogabili dai servizi competenti standardizzati su tutto il territorio nazionale), delegati per la loro definizione alla sovranità del Governo (decreti) anziché del Parlamento (legge) e vincolati alla compatibilità del bilancio.

Il nostro è un motivato NO! Non è necessario essere laureati in scienze economiche per intuire che i Lep saranno definiti a livelli ridotti per consentire di trasferire risorse finanziare (tasse) alle Regioni, che producono più reddito, che potranno elevare le prestazioni sanitarie anche trasferendole alla sanità privata. La definizione dei Lep avverrà – in base a questa legge – senza confronto e controllo del parlamento e, in questo quadro, si baseranno sulla «spesa storica», fotografando la situazione attuale in cui la sanità è già in buona parte privatizzata, stratificando e dilatando.

Ricordando quanto avviene per il Servizio Sanitario Nazionale – dopo la definizione degli indicatori  LEA (Livelli essenziali assistenziali) varati  nel dicembre 2001-  per il monitoraggio del rispetto degli standard sanitari in ciascuna Regione, non comprendiamo le ragioni della presa di distanze della Cisl che anche in tale occasione rompe l’unità con Cgil e Uil. La coscienza e l’esperienza di un sindacalista dovrebbe ben consigliare un sostanziale rifacimento di una legge per l’autonomia differenziata possibile per limitate materie, ma solo dopo l’abrogazione di questa pericolosa e insidiosa legge che spezza la solidarietà nazionale.

Per una maggiore conoscenza alleghiamo:

  • il testo completo della legge 86 anche quello con numerose note a margine degli 11articoli.
  • il commento di tre autori (Arcano, Capacci, Galli) pubblicato sul sito del CPI
  • il commento di Franco Astengo con valutazioni sulle materie delegate che non prevedono i Lep
  • il commento di Carlo Cottarelli “Un pastrocchio da eliminare”
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