Mes e sanità territoriale
Lavoro, scuola, trasporti,servizi, convivendo con Covid 19. Un “rischio calcolato” è tale se alle parole seguono i fatti per prevenzione e cura.
Per convivere con l’altalena dei contagi Covid è indispensabile potenziare le strutture della sanità pubblica territoriale: le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA) per effettuazione dei tamponi, elettrocardiogrammi, ecografie polmonari, somministrazione di terapie, visite alle residenze anziani. Per individuare e per assistere al proprio domicilio le persone sospette o affette da Covid 19. Le norme sono state varate da tempo ma le unità operative sono ampiamente sotto l’organico (medici, infermieri, operatori socio-sanitari) previsto per ogni Regione (es Il Piemonte è largamente deficitario!). E’ un modello vincente che non fa perno sugli ospedali, riducendo il rischio di contagio e bloccando le altre attività mediche (visite specialistiche, sale di chirurgia, ecc). Sanità territoriale vuol anche dire – in particolare per i piccoli comuni lontani dalle città – ambulatori dotati di computer per la telemedicina (es. per i 1.000 Comuni più piccoli dell’Italia) per analisi e diagnosi a distanza. Servono soldi subito, settembre è vicino e anche l’inverno arriverà rapido con le tradizionali influenze. Il miliardi del Mes – un prestito con tassi prossimi a zero, disponibili subito – hanno un’unica condizionalità ( giustissima!) che siano spesi subito per la sanità diretta e indiretta. Il sindacato dispone della capacità di mobilitazione per fare assumere questa scelta, ora, dal governo. Anche l’unità su tale punto dovrebbe essere ben avanti, se si sente la voce dei lavoratori, a partire da quelli della sanità e dell’assistenza. Perché attendere ancora?
Su Mes, recovery fund ed Europa in allegato l’intervista dialogo tra Lucrezia Reichlin (la madrina del Mes) e Carlo Clericetti.
Al cento del dialogo la situazione economica europea con un focus sull’Italia e sulle polemiche relative ai due strumenti approntati dall’Ue per contrastare la crisi economica post-pandemia: il Mes e il recovery fund. (testo raccolto da Daniele Nalbone) / Link alla diretta video del 3 luglio 2020
Nota – l’intervista è stata realizzata prima dell’accordo del Consiglio Europeo, le cifre citate da Lucrezia Reichlin sono inferiori a quello definite (153 miliardi per l’Italia anziché 208).
Carlo Clericetti: Lei di questo “nuovo” strumento è un po’ la madrina.
Lucrezia Reichlin: Con vari economisti europei avevamo suggerito di instaurare una linea di credito diversa, senza condizionalità, con un fine molto preciso: la spesa ai fini del riparo, diciamo così, della questione della sanità pubblica. Una cosa completamente diversa. Si potrebbe obiettare che il MES non è un’istituzione completamente nuova: la risposta in questo caso è che c’era la necessità di intervenire subito e quella del MES era un’istituzione pronta, con la capacità tecnica di erogare questi prestiti. Considerando poi che è un prestito a un tasso molto basso e con una maturità relativamente elevata, per un Paese come l’Italia, che si finanzia sul mercato con prestiti più alti, è uno strumento abbastanza vantaggioso e, soprattutto, immediatamente operativo. In Italia, però, c’è stato un dibattito talmente caricato sul MES nella precedente crisi che, a mio avviso, è scattata una propaganda di tipo ideologico. Nessuno capisce perché l’Italia sia così reticente a chiedere questi soldi. Non li chiederà, pazienza. Dovremo aspettare il recovery fund che però avrà tempi molto più lunghi. (…) per continuare aprire l’allegato.
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