Il nanismo politico dei governi europei ha nuovamente dato prova di incapacità di proiezione politica, previsione e reiterata assenza di fronte agli avvenimenti nel sud del Mediterraneo e nei Balcani. Vale per le ribellioni popolari in Tunisia, Egitto, ma anche per i fatti albanesi. Continuando ad appoggiare opportunisticamente corrotti ed autoritari dittatori amici, utili ma impresentabili partner dei propri interessi, non ha saputo vedere nei movimenti popolari la forte, insopprimibile richiesta di cambiamento, per alcuni aspetti anche epocali, che vanno estendendosi in tutto il Màgreb, l’Egitto, Balcani e forse anche oltre, nel Golfo.
Certo, vi sono rischi di non controllo del tumultuoso movimento che ha investito corrotti e autoritari regimi al governo da decenni, e si comprende l’imbarazzo e il il contraddittorio balbettio dei governi occidentali. Del caos e del vuoto politico potrebbe approfittarne il fondamentalismo islamico, soprattutto in un grande paese come l’Egitto, dove la radicalizzazione dello scontro evidenzia derive sempre più violente e da guerra civile. Questo potrebbe essere però scongiurato se non si esitasse a sostenere esplicitamente i cambiamenti democratici e l’abbandono di soggetti come Mubarak, appoggiando personalità dall’ampio consenso popolare, come nel caso egiziano, sostiene l’oppositore democratico Mohamed El Baradei, Nobel per la Pace del 2005. Consenso che va dai laici fino al movimento dei Fratelli Musulmani.
Non è mai stata comunque intelligente e preveggente politica quella di sostenere governi impopolari, autoritari e sanguinosamente repressivi da parte degli Usa e dell’Europa, semplicemente perché capaci di mantenere stabilità politica e garantire lucrosi affari. E particolarmente odiosi possono apparire perciò l’Unione Europea e gli Usa costoro agli occhi di coloro che si sono ribellati e vogliono cacciare autoritari governanti affaristici amici degli occidentali.
Non meno cieco e cinico è il governo israeliano. Il premier Netanyahu e l’estrema destra xenofoba che ne sostiene il governo, non esitano a schierarsi con l’autoritario repressore del proprio popolo(centinaia di e feriti morti negli scontri), sostenendone la permanenza alla presidenza. Non si fa perciò mistero di preferire un assassino del proprio popolo pur di garantire “che non nasca un nuovo Iran alle porte di Israele”.
E ciò anziché ricercare quella pace con i palestinesi, riconoscendo loro il diritto alla propria terra, come da tempo e insistentemente, chiedono i più avveduti e saggi intellettuali israeliani. Guardare più in là è ciò che necessità in questi momenti; continuare a puntare sul vecchio non vedendo quanto sta avvenendo di nuovo conferma la solita, doppia morale politica dell’Occidente: ciò che va bene a noi, cioè democrazia, libere elezioni, governi che cambiano – non sempre con la tempestività che vorremmo oggi in Italia nell’attuale congiuntura – non vale per quei popoli che oggi si ribellano.
Il risultato di questa politica è la scomparsa in Israele di “Peace Now” e di quel poco di partito laburista rimasto che sostiene un governo che continua la provocatoria espansione degli insediamenti dei coloni nelle terre palestinesi. Certo, i timori israeliani possono apparire , seppure errati, comprensibili. Soprattutto dopo l’increscioso episodio dell’abbandono della Striscia di Gaza da parte di Israele, seguito dall’installazione da parte di Hamas delle basi per missili da dove vengono sparati i razzi contro i coloni israeliani degli insediamenti vicini. Ma senza la pace non c’è sicurezza ripetono gli instancabili scrittori israeliani!
Tornando all’Europa, appaiono del tutto inaccettabili le annunciate posizioni dei governi di Parigi, Londra e Roma che, alla più flessibile posizione della Merkel, si opporranno a che al prossimo vertice dell’Unione Europea, vengano esplicitate da parte dell’Unione richiese e appelli di “elezioni libere e giuste” in Egitto, nel Màgreb e nei Balcani.
I nuovi e affidabili, veri interlocutori dell’Europa e degli Usa, possono sorgere dai movimenti popolari che lottano per la democrazia, ed a questi è necessario guardare e proiettare saggezza politica democratica, in realtà politiche sulla via di profondi cambiamenti.
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