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Gramsci: preziosi insegnamenti per la sinistra

Il 22 e 23 marzo scorso si è svolto a Parigi un convegno sul tema “Il "Rinascimento di Gramsci" sguardi incrociati Francia – Italia sul pensiero di Antonio Gramsci” organizzato dal seminario Marx au XXI siècle, l'esprit et la lettre e dalla Fondation Gabriel-Péri (http://chspm.univ-paris1.fr/spip.php?article271)

Dal "Dossier Gramsci" pubblicato su l'Humanité dopo il convegno di Parigi, riporto il testo dell’articolo di Domenico Losurdo.

Probabilmente la sinistra italiana è quella che più di altre si è isolata a guardare solo il proprio orto e, nel desiderio di ripulirsi dalle ideologie, ha abbandonato gli strumenti di analisi che il marxismo continua ad offrire e la visione dialettica della globalizzazione.

Ha però mantenuto una impostazione meccanicistica perdendo gli stimoli culturali di cui la sua storia è ricca fino a Berlinguer (pensiamo solo alla differenza di analisi dal concetto di austerità alla decrescita e alla quadratura dei conti), per chiudersi solo nella tattica contingente e nella dialettica istituzionale.

Mi è sembrato importante richiamare questo convegno su Gramsci, che però si è svolto in Francia

Allegato:
domenico_losurdo_-_gramsci_insegnamenti_preziosi_per_la_si.pdf

1 commento
  1. antonio-ferigo-d74
    antonio-ferigo-d74 dice:

    Non ho le competenze per criticare lo scritto di Lo Surdo al convegno francese sull’attualità del pensiero di Gramsci. Che gli atti siano pubblicati sull’Humanitè, quotidiano storico del Partito Comunista Francese è , da un lato, un segno dei tempi , dall’altro la dimostrazione che dopo “il socialismo in un solo paese “ di staliniana memoria ,ferocemente difeso , attività in cui l’Humanitè si impegnò con rigore, dottrinarismo e , anche, settarismo giudicante, si rivalutano pensieri non dogmatici. Bene. Ciascuno faccia la propria parte, c’è n’è un gran bisogno nella miseria di oggi, ma fino in fondo. Nello scritto di Lo Surdo non sento questa tensione. Che ci dice in fondo nel suo dotto intervento ? Che Gramsci aveva previsto che conquistare il potere in un paese arretrato avrebbe comportato problemi enormi, non è una grande novità. Il fatto che gli operai fossero minoranza nella Russia pre post rivoluzione è scoprire l’acqua calda ,che questo sia trasformato in “una classe politicamente dominante viene trovarsi nel suo complesso a trovarsi in condizioni di vita inferiori a strati della classe dominata”è un modo molto ideologico di dire la stessa cosa. Ai pragmatici bolscevici come Lenin, che non ebbe bisogno di tanti riferimenti ai testi canonici , per vedere che bisognava dare da mangiare alle masse operaie, questa constatazione non solo portò alla NEP ma anche alla rinuncia di elezioni in tempo di guerra con i bianchi e dopo. Elezioni nei soviet. La ragione ? Assai semplice: i boscevichi avrebbero perso. Da qui che la classe era al potere attraverso il suo partito ed era forse meglio non farla votare troppo. Sempre un, sano, pragmatismo politico ,porta Lenin nella discussione sull’estremismo di Bordiga a ricordare che la rivoluzione ha bisogno di tecnici, ingegneri, etc…che non erano bolscevici. Che questo sia commentato da Lo Surdo con “chi criticava la NEP ebbero il torto di identificare ceto economicamente privilegiato e classe politicamente dominante “.Il problema era l’opposto. I critici della NEP ritenevano, sbagliando, che si stava tradendo lo schema classico. Ma il dibattito non fu solo così ideologico. Ci fu chi cominciò a chiedersi se la dittatura del proletariato esercitata da un partito a suo nome non era sufficiente ad affrontare i grandi , enormi problemi della Russia zarista. Problemi che la classe operaia , minoritaria ma politicamente dominante, non aveva gli strumenti per affrontare. La NEP di Lenin ebbe il pregio di staccare, ancora una volta, discorso teologico-ideologico marxista , dalle necessità concrete della situazione materiale. Non basta dire che gli operai erano minoranza, che il paese arretrato, che come scrive Lo Surdo, occorre sacrificare interessi particolari all’interesse generale, ( nota a margine in Russia si moriva di fame ), ma riconoscere che il problema contadino era la grande, terrificante nelle sue dimensioni e complessità, questione della Russia. E sappiamo come è stato risolto da Stalin.Da buon orecchiante mi sembra che Mao non solo lo avesse colto e fatto oggetto della sua battaglia entro il partito cinese, ma anche costruito una strategia partendo da ciò.
    In quanto all’ordine nuovo non sarebbe forse il tempo (ma c’è chi già lo ha fatto ) di uscire da mitizzazioni e magari vedere nell’analisi di Gramsci sulle grandi questioni italiane , l’unità del paese , il risorgimento tradito e la questione meridionale ( cioè contadina in gran parte ) un onesto e rigoroso ripensamento.
    Fin qui banalità e commenti di un esterno che aggiunge comunque una preoccupazione. Il finale dello scritto rivela il reale scopo della dissertazione. I paesi socialisti devono combattere su due fronti, le diseguaglianze interne ed esterne. In questo la Cina è esemplare. Acquisisce teconologia “le basi materiali dell’arroganza imperialista”, è protagonista di un eccezionale sviluppo. Purtroppo la sinistra occidentale guarda con diffidenza o ostilità alla Cina. Che poi non pochi cinesi ritengano che la “via capitalistica “ non sia stata una definizione superficiale delle scelte del dopo Mao, ma una scelta precisa con le sue conseguenze non ha importanza, non avendo letto Gramsci , finiscono nel pantano delle sinistre occidentali, che magari parlano di diseguaglianze, mancanza di diritti, eliminazione fisica degli oppositori,aggressività imperialista in non pochi casi ( persino le monde diplomatique ), condizioni di lavoro degne di Manchester dell’800 e non vedono che sono sacrifici necessari per il bene generale.Non occorre tirare fuori Gramsci , è un vecchio slogan con sfondo pseudo religioso, utilizzato da sempre per mettere le rose sulle catene.

    Toni Ferigo

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