Costituzione e presidenzialismo
Sabino Cassese in «Costituzione, troppi timori (ingiustificati)», su Il Corriere della Sera del 29 settembre, rilascia un’intervista a Daniele Manca nella quale sostiene che sussistono timori ingiustificati quando si propongono modifiche alla Costituzione, previste dall’art.138, e limitate dall’art.139 che considera inviolabili e immodificabili i principi fondamentali, tra questi la forma istituzionale della Repubblica e, in peius, l’art. 2 e gli articoli 13-16 concernenti le libertà. Per più informazione un clic qui https://it.wikipedia.org/wiki/Limiti_alla_revisione_costituzionale
Così argomenta Sabino Cassese < Le strutture istituzionali dell’Italia «sono capaci di garantire le libertà e la democrazia» dice Cassese, giudice emerito della Consulta. «Modificare la Costituzione – spiega – non è un attentato, i principi fondamentali sono già immodificabili». L’ipotesi presidenzialismo? «Può consolidare i governi».
È successo già in altri dopo-voto. Ma questa volta serpeggiano timori. Alcuni esplicitati rispetto alla Costituzione o, addirittura, rispetto alla stabilità della nostra democrazia. Sabino Cassese, già ministro del governo Ciampi, giudice emerito della Corte costituzionale, docente e studioso di fama internazionale delle Costituzioni, italiana e non solo, non sembra avere di queste paure…
«Guardi, chi pensa che la nostra democrazia possa non reggere all’alternanza che queste recenti elezioni hanno aperto, dà implicitamente un giudizio negativo sulle scelte dei “padri fondatori”. Essi hanno visto lontano, hanno disegnato strutture istituzionali e forze sociali capaci di reggere, per un lungo periodo di tempo, un ordine che garantisca le libertà fondamentali e la partecipazione democratica dei cittadini».
Ma lei sa bene che questo riguarda il disegno iniziale, che poi si è andato trasformando nei fatti: oltre alla Costituzione del 1948, c’è quella che gli americani chiamano la «living constitution».
«Ma ambedue hanno retto bene. La prima fase, quella assicurata dalla continuità della Democrazia cristiana al governo, durante un quarantennio, e la seconda fase, durata ormai un buon trentennio, con la democrazia dell’alternanza. Nell’una e nell’altra fase, non si sono registrate violazioni del disegno voluto del 1946–1947. Nella seconda si è aggiunta la ripetuta sperimentazione della formula elettorale: ne abbiamo cambiate quattro e questo ha aggiunto un elemento di incertezza. Ma i costituenti avevano deciso di non includere la formula elettorale tra le norme costituzionali, anche perché, alla caduta del fascismo, dopo decenni senza elezioni, le forze politiche dovevano contarsi per conoscere il peso reciproco».
Non può negare che oggi ci sia il fatto nuovo costituito dalla formazione, vicina, di un governo a trazione Fratelli d’Italia, una forza politica di destra più che di centrodestra.
«Il sistema politico costituzionale italiano ha avuto sempre la saggezza di non mandare al governo da sole le forze che stanno agli estremi dello spettro politico. Ma come non riconoscere il grande balzo in avanti fatto da Fratelli d’Italia, che è diventata sei volte più grande di quanto era quattro anni e mezzo fa? Anche questa è la democrazia, il riconoscimento di un moto accrescitivo, specialmente se così vistoso».
Va detto però che lo sviluppo recente della nostra democrazia ci ha abituati a rapide conquiste e a rapide perdite: un esempio è il Pd di Renzi, che nel 2014 aveva conquistato il 40%, il Movimento 5 Stelle che nel 2018 aveva conquistato il 33% e la Lega che nel 2019 aveva conquistato il 34%.
«Proprio perché molte forze politiche hanno sperimentato queste fluttuazioni dell’elettorato, in quel processo continuo di apprendimento che chiamiamo democrazia c’è un ulteriore elemento: le forze politiche debbono mirare non solo a conquistare, ma anche a mantenere il proprio séguito elettorale. Tanto che dall’altra parte c’è quella che chiamerei la forza del silenzio, cioè quei circa 18 milioni di astenuti che potrebbero domani cambiare completamente il panorama politico, specialmente se si tiene conto della distribuzione geografica dei voti, con Fratelli d’Italia che si afferma nel Centro e nel Nord-Est, ma non al Sud, il Movimento 5 Stelle che si consolida nel Sud, il Partito democratico che si arrocca nella zona rossa e la Lega che ritorna nel suo bacino di elezione, il Nord».
Capirà però che se si parla di modificare la Costituzione, sebbene sia già stata modificata in altre occasioni…
«Ma vede, modificare la Costituzione non è un attentato alla Costituzione, se la stessa Carta prevede che possa essere modificata. Quella tedesca, che ha la stessa età di quella italiana, ha subito tre volte più modifiche di quella italiana».
Ma i critici dicono che alcune modifiche possono stravolgere non singoli articoli della Costituzione, bensì il disegno e i motivi ispiratori di essa.
«A porre un freno ha già pensato la Corte costituzionale, non da ieri, bensì da molti anni, stabilendo che i principi fondamentali, quelli scritti nei primi articoli, sono immodificabili. La Costituzione tedesca contiene alcune clausole che vengono definite in quel Paese eterne, perché non possono essere oggetto di modifiche costituzionali».
Come avrà visto in questi giorni il dibattito si sta incentrando sul presidenzialismo. Presidenzialismo al quale sembra orientata l’attuale maggioranza, temuto invece dagli oppositori.
«Innanzitutto, esistono più di una decina di tipi di presidenzialismo. In secondo luogo, una delle forme di presidenzialismo può soddisfare un’esigenza fondamentale: quella di consolidare l’esecutivo. La Costituzione stabilisce quanto tempo durano in cariche i membri del Parlamento, quanto il presidente della Repubblica, quanto tempo i giudici della Corte costituzionale, ma non stabilisce quanto tempo durano i governi. Con la conseguenza di avere avuto 67 governi in 75 anni, mentre la Germania ne ha avuti due terzi di meno e un numero ancora inferiore di cancellieri. Quando, nell’ultimo decennio del secolo scorso, si introdusse la riforma presidenziale per comuni e regioni, si disse che si voleva sperimentare il presidenzialismo per poi trasferirlo anche a livello nazionale. La sperimentazione ha dato risultati complessivamente positivi; perché non tenerne conto?». >.
In questa legislatura è assai probabile che il Parlamento sia chiamato a discutere la norma che riguarda l’elezione del Presidente della Repubblica: il centro destra propone che siano i cittadini ad eleggerlo e non più il Parlamento e i rappresentanti delle Regioni.
Molti sono i timori che si sollevano, in particolare per i più poteri che verrebbero attribuiti al Presidente, al Governo e il minor ruolo del Parlamento.
Se però si legge il disegno di legge (n.18) di modifica costituzionale (al Titolo II della Costituzione) presentata l’11 giugno 2018, alla Camera dei deputati, da 32 deputati di Fratelli d’Italia, si rimane un pò sorpresi in quanto i 13 articoli riscritti, sono tutt’altra cosa di quanto ventilato e temuto da molti nella recente campagna elettorale. E’ anche contenuta una norna che rafforza il ruolo Parlamento, laddove si precisa che la sfiducia al governo può essere proposta solamente se accompagnata dall’indicazione parlamentare di un nuovo primo ministro. Vedi allegato e questo link https://sindacalmente.org/content/un-presidente-votato-dal-popolo/
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!