ATROCITA’ NEL MEDITERRANEO – redazione diritti & globalmondo 7/4/11
Eranopartiti da Tripoli nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 marzo: 335 profughi sub-sahariani, tra cui anche donne e bambini, per la maggior parte etiopi ed eritrei, erano salpati dalla Libia, fuggendo dalla persecuzione, nella speranza di raggiungere le coste italiane. Del barcone, guidato da uno scafista, si erano perse le tracce pochissime ore dopo la partenza, e un familiare di due dei passeggeri aveva lanciato l’allarme contattando l’Agenzia Habeshia e il Gruppo EveryOne, che subito si erano attivati per chiedere alle autorità internazionali il pattugliamento delle acque e l’intervento dell’Alto Commissario ONU per i Rifugiati. Nel Mediterraneo crescono gli orrori pur essendoci un grande dispiegamento di forze che controllano, osservano con i mezzi più sofisticati. Si fa l’abitudine, la coscienza sbiadisce e solo piccoli gruppi, attive ong sembrano vigili e lanciano con forza il loro grido, promuovono petizioni rivolte al governo italiano perché rompa il silenzio a costo di “rompere” anche i trattati tra Italia e il dittatore dell’Eritrea, Iseyas Afewerki corresponsabile, diretto o indiretto, di molti di questi misfatti che avvengono nel Mediterraneo.
Allegato:
Atrocità nel Mediterraneo.doc
Sempre più cadaveri in mare.doc
Il deputato della IdV ha forse usato, con il suo cartellone esibito a Montecitorio, un modo e frasi discutibili. E’ certo comunque che la tragedia nel Mediterraneo è al limite del delitto preterintenzionale , certamente entro lo spazio del delitto colposo.
Chi sta morendo fuggendo da Tripoli, non Tunisi, sono gli stessi rifugiati che, infischiandosi del diritto internazionale, l’Italia ha respinto nel 2009 e 2010 ,impedendone la partenza dalla Libia tramite accordi diretti e lautamente finanziati con denaro pubblico con Gheddafi. Il motto era "l’Italia farà da sola " senza bisogno della burocrazia di Bruxelles definita dal sempre acuto Bossi la "nuova unione sovietica". Altre partenze disperate dalla Libia , non di libici, che ci saranno inevitabilmente richiedono , come da tempo sostiene l’ASGI, l’apertura di un canale umanitario specifico per l’evacuazione e l’accoglienza dei rifugiati bloccati in Libia.
T.F