REFERENDUM CGIL E CONSULTA – non ammesso art 18 – perchè? approfondiamo la “svista” Cgil –
Le sentenze si applicano e non si commentano, recita il politicamente corretto. Molti non la pensano così, ma “le rispettano e le commentano”. Così fa Donatella Stasio, su Il Sole 12-1-17, (v.allegato) dove afferma “È un no importante, e pesante, sul quale non c’è stata unanimità. Ma proprio per questo la motivazione avrà un particolare rilievo, perché destinata a segnare un prima e un poi nella giurisprudenza costituzionale sulla manipolatività sostenibile dei quesiti referendari; ben più, evidentemente, di quanto non abbiano fatto altri precedenti costituzionali in materia.
Infatti, se è vero che la sentenza n. 36 del 1997 aveva stabilito già la differenza tra referendum abrogativo (ammissibile) e propositivo (inammissibile), è anche vero che i criteri in essa affermati, calati nei casi concreti di volta in volti esaminati, non avevano sbarrato la strada a quesiti manipolativi (anche in tema di lavoro) che producevano “un’estensione” dell’ambito di applicazione di norme vigenti (come, in questo caso, quella che prevede la tutela reale nelle aziende agricole con più di 5 dipendenti). Valga per tutte, e più di tutte, la sentenza n. 41 del 2003 sul quesito che estendeva la tutela reale addirittura a tutte le aziende, anche con un solo dipendente, dichiarato ammissibile. Ora quel precedente sembra cancellato.” (…)
La Consulta ha recepito, quasi sicuramente, quanto scritto dall'Avvocatura di Stato, da studiosi tra i quali i prof. Pietro Ichino (vedi allegati).
Nunzia Penelope, su Il diario del lavoro, spiega le motivazioni di fondo della Cgil sul referendum, e anche il perché dell’”errore”, o lapsus freudiuano, commesso dalla stessal nello scrivere il quesito referendario per l'art.18 (v.allegato).
Giovanni Maria Flick, membro della Consulta nel 2003, nell'intervista rilasciata all'Huffington pensa che nella decisione per l'art.18 (8 a favore e cinque contrari) siano prevalse le considerazioni di ordine politico-istituzionale (diverse dal 2003 quando un analogo quesito referendario venne ammesso e poi non superò il quorum) su quelle tecnico-giuridiche. (v.allegato)
Sono stati ammessi i referendum sui Voucher e sulla responsabilità del committente negli appalti. Già sono state annuciate modifiche legislative ( e proposte dei sindacati) che potrebbero – se sanno rilevanti in senso restrittivo – evitare la celebrazioene dei due referendum.
Come numeri assoluti la sommatoria dei milioni di voucher equivale a 60-70.000 lavoratori con contratto a tempo pieno.
La Cgil ha raccolto 1,1 milioni di firme, che si ripetono per i tre referendum presentati insieme ai banchetti. Erroneo, quindi, scrivere che il referendum ha raccolto 3,3 milioni.
Gli iscritti Cgil, dati 2015, sono 5.482.401 di cui 2.938.956 pensionati. Dati che testimoniano un fatto: il mondo sindacale, compresa la Cgil, è riluttante a sottoporre a referendum materie che riguardano in specifico i lavoratori, preferendo l’iniziativa negoziale e di confronto sulle leggi che riguardano il lavoro..
Per favorire la riflessione alleghiamo 14 articoli. Sono molti e con valutazioni diverse . Alcuni sono sLa gra parte sono stati scritti prima della decisione della Consulta, alcuni dopo.
- Hanno prevalso le considerazioni politico-istituzionale su quelle tecniche-giuridiche, intervista a Giovanni Maria Flick, membro della Consulta nel 2003_Huffington 12-1-17
- Consulta e Job Act le motivazioni del No all'art 18_D.Stasio_Il Sole 12-1-17
- I tre quesiti referendari proposti dalla Cgil, gli art.48-49-50 del Job Act ,la scheda sull'ammissibilità dei quesiti dei giuristi della Cgil dal sito www.cgil.it
- Pietro Ichino, su La Repubblica, vedi allegato, ben chiarisce il punto di vista di chi ritiene parte dei quesiti inammissibili in riferimento a quanto prescrive l’art.75 della Costituzione, che consente referendum solamente abrogativi e su determinate tipologie di leggi. Infine. La modifica dell’art.18 è articolata in tre quesiti e il terzo di essi "volete voi che il vecchio articolo 18, così ripristinato, si applichi a tutti i datori di lavoro che abbiano almeno sei dipendenti?" più che un’abrogazione si prospetta come una nuova proposta normativa, fattispecie negata dalla Costituzione.
- Lorenzo Borga su Il Foglio scrive un articolo (allegato) che riassume la storia del voucher, delle modifiche operate da governi diversi, concludendo che il problema è sopravvalutato nella sua portata economica e gli usi distorti possono ben essere corretti con adeguate iniziative legislative.
- Michele Serra nella sua Amaca quotidiana (allegata) riassume in poche il suo punto di vista.
- Maurizio Del Conte, presidente dell’Agenzia nazionale per il lavoro, su Il Corriere della Sera (vedi allegato) afferma: «La politica deve avere la coscienza di tornare sui propri passi…Sui voucher ci sono stati abusi. Necessaria subito una stretta»
- Alessandro De Nicola, su La Repubblica, (v. allegato) parte dal presupposto che “..eppure sembra che il problema principale del Belpaese siano diventati i voucher. Meglio l'odiato voucher che il lavoro nero”. Espone dati e fa comparazioni: “La media annua di coloro che sono pagati col voucher nel 2015 corrispondeva all'1,3% degli occupati italiani. Anche se nel 2016 arrivassimo all'1,6-1,7%, non sembra un fenomeno di proporzioni drammatiche”. Prosegue “ Gli utilizzatori ne adoperano in media 60-70 l'anno e solo il 2,2% (dati 2015) ha riscosso più di 300 voucher (pari a meno di 40 giornate lavorative)…il 77% degli utilizzatori sono studenti, pensionati, percettori di ammortizzatori sociali, lavoratori part-time o autonomi (quindi incompatibili con un lavoro dipendente)…”.
- Il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina (confermato) nell’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera propone l’abolizione completa solo per il settore dell’edilizia e il mantenimento in altri settori solo per studenti, pensionati e lavoratori cassintegrati come era la norma nel 2003. Sottolinea che nel 2015 (dati definitivi per il 2016 non ci sono ancora) l’incidenza dei voucher nel settore agricolo è stato il più basso: 1,9% del totale dei voucher emessi.
- Marco Bentivogli nell'intervista rilasciata a Adriana Comaschi per l'Unità, utilizza la metafora del "salvare il soldato voucher" spiegandone le ragioni. Quindi richiama l'attenzione ad allearsi con Grillo nel referendum, ricordando che a suo tempo lo stesso disse che "il sindacato andrebbe abolito", con un simile alleato "si corre il rischio di vincere una mezza battaglia e perdere la guerra. Meglio battersi tutti insieme per chiedere modifiche ai parlamentari, noi continuiamo a dire che i licenziamenti economici e collettivi vanno corretti.."
- L'Avvocatura di Stato contro l'ammissibilità dei tre quesiti_Tucci_Il Sole
Art. 75 della Costituzione – sui referendum abrogativi – Testo –
È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Allegato:
i_tre_referendum_testi_e_sintesi_cgil.doc
scheda_di_sintesi_sullammissibilita_cgil.doc
ichino_art_18_quesito_inammissibile_repubblica.doc
voucher_e_ampiamente_sopravvalutato_borga_il_foglio.doc
lamaca_michele_serra_30-12-16.doc
sui_voucher_troppi_abusi_del_conte_corsera.doc
meglio_lodiato_voucher_che_de_nicola_repubblica.doc
intervista_del_ministro_martina.pdf
intervista_m.bentivogli_-_unita_31-12-16.pdf
art_48-49-50_job_act.doc
avvocatura_contro_ammissibilita_quesiti_tucci_6-1-17.doc
articolo_18_giovanni_flick_huffington.doc
consulta_e_jobs_act_motivazioni_del_no_il_sole_stasio_12-1-17.doc
quel_lapsus_freudiano_della_cgil_nunzia_penelope.doc
Le attuali iniziative referendarie della Cgil mi ricordano le due iniziative referendarie di D.P. del 1981 sulla contingenza nelle liquidazioni e sull’estensione dello statuto: fu così che nel 1982 nacque la legge sul T.F.R..
Ma, ricorsi storici o meno, questa vicenda – che ha dietro la grossa questione della occupazione e del suo contesto economico- a me propone un grosso dubbio sull’euro. Cerco di spiegarmi.
Il 5.3.16 avete pubblicato l’articolo del prof. De Cecco “Deflazione, il male sottile”, in cui si dice che “l’industria italiana ha perso dal 2008 il 25% della sua struttura”. Recentemente ho trovato sul sito http://www.vinonuovo.it due articoli di Massimo Pieggi (9 e 16 dic.) il quale, partendo dallo stesso dato dell’andamento industriale, analizza il funzionamento dell’unione monetaria. Dopo aver costatato l’assenza della flessibilità del cambio ed aver escluso la deflazione salariale competitiva, l’autore parla di “soluzioni di consenso” e di scenari di uscita dall’euro. Confesso di essere stato a disagio e mi rifiuto di credere che le posizioni euroscettiche di Salvini e/o Grillo abbiano la stessa dignità dei premi Nobel Krugman e Stiglitz.
So che l’euro non è un dogma, ma un mezzo. Però il dubbio (laico)resta e diventa domanda: riuscirà la classe politica (italiana ed europea) a compiere una revisione del meccanismo economico varato nel 1998?
Restano i professori, gli opinionisti e le “contingenze” referendarie e anche elettorali. Cordialmente. Antonio Nava