La Cisl può e deve cambiare rotta!
La Cisl è incappata in un’inspiegabile ritrosia a manifestare in piazza e a scioperare ritenendo sproporzionate le proposte della Cgil-Uil anche quando sono finalizzate al sostegno di richieste avanzate, da tempo, unitariamente; come ad esempio per la sicurezza sul lavoro, per gli appalti e per la sanità. Così è avvenuto anche per la legge di bilancio 2024. Ma non la pensano così i tanti simpatizzanti di questo sito che hanno la tessera Cisl o l’hanno lasciata per delusione per il moderatismo, e altro, espresso dalla Confederazione. Perché ciò accade?
La rottura di unità d’azione a livello confederale desta turbamento e indignazione perché indebolisce l’unità dei lavoratori in momenti particolarmente difficili. L’unità d’azione regge ancora, nella grande maggioranza dei casi, per i rinnovi categoriali dei CCNL. Ma quanto può durare senza adeguate iniziative unitarie confederali per arrestare l’erosione costante del caro vita, dei costi energetici, dei tassi elevati dei mutui, per contrastare la riduzione dei servizi pubblici universali, in primis quelli per la salvaguardia della salute i cui stanziamenti risultano pesantemente ridotti al netto dell’inflazione?
La Cisl veleggia a destra? Giudica confusionario e velleitario il movimento di piazza? Inopportuno lo sciopero? Quanto sta avvenendo è conseguente all’erronea analisi, in casa Cisl, delle scelte economico-sociali avviate dal governo Meloni, congiuntamente alla sopravalutazione di alcuni risultati, molti di essi temporanei, a partire dal provvedimento per il cuneo fiscale. Valuta positivamente i cosiddetti tavoli del dialogo pur risultando gli stessi meri “incontri di cortesia” per comunicare scelte governative già fatte, negoziati reali non sono mai avvenuti. Il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra insiste nel ricercare un patto sociale con il governo di destra quando risulta ben chiaramente che le scelte governative (Legge di Bilancio 2024 e ora il DEF) sono, a nostro avviso, ben lontane, se non opposte in taluni campi, alle indicazioni dei congressi Cisl, come ad esempio per la progressività della politica fiscale per tutti i redditi e patrimoni, per la lotta all’evasione fiscale, per il potenziamento del SSN nel territorio, per la tutela degli anziani non autosufficienti, per contrastare il precariato che ai nostri tempi si configura sempre più come lavoro povero con contratti a tempo indeterminato ma con insufficienza di ore lavorate, oltre al precariato in svariate modalità. Desta scalpore il vuoto che la Cisl lascia quando si deve scendere in piazza per rivendicare giustizia sociale per i migranti, per dire un forte No alla politica degli armamenti e alla guerra. La Cisl si è piegata, tacitamente, al realismo istituzionale del “se vis pacem para bellum”?
L’anima della Cisl, nella seconda metà del secolo passato – considerato del tutto obsoleto da Luigi Sbarra – si è formata su due grandi capisaldi. Il primo “Il sindacato sarà dei lavoratori..o non sarà!”: così stava scritto in un grande manifesto della Cisl per un sindacato nuovo che voleva essere né di governo, né di opposizione, né a matrice cristiana o socialista. Voleva essere un sindacato di lavoratori, stretti da un legame di solidarietà per essere soci che decidono, con la libertà di prendere parola in un sindacato dove il senso critico era tutelato considerandolo lievito della democrazia partecipata e consapevole. Il secondo è stato quello di improntare il proprio agire in forza di una particolare autonomia che risultasse fedele al primo caposaldo. Così si diceva, si scriveva e si praticava nella Cisl nella seconda parte del novecento,<<… L’autonomia sindacale è un modo di pensare, di analizzare, di decidere, di agire e reagire; è un’attitudine che matura nel profondo della coscienza di ciascuno, che si alimenta della capacità quotidiana di rivivere, e interpretare la condizione operaia, delle condizioni di lavoro e di vita della classe lavoratrice; si esprime nella sua pienezza quando tale legame si rinsalda, latita quando si decide “dall’alto della piramide”. E’ un fatto di costume e di cultura.>>. Vale ancora, sempre!
In questo frangente della storia CGIL, CISL e UIL hanno ognuna, chi più chi meno, delle responsabilità sulla rottura in atto a livello confederale, dovrebbero riflettere sulla pericolosa china in cui siamo avviati per trovare “onorevoli compromessi” a salvaguardia dell’unità d’azione, della capacità di far partecipare i lavoratori alle scelte condizione per una piena riuscita degli scioperi (non basta dichiararli!) per fare crescere la pressione sociale anche durante i negoziati.
Infine una riflessione sui referendum istituzionali su materie sindacali. La storia di questi ultimi decenni ha fatto ben intendere che i referendum istituzionali sono la strada più impervia, più insicura ed erronea per modificare norme che riguardano i lavoratori e i loro diritti per più ragioni, tra le quali quella che i lavoratori dipendenti sono in minoranza rispetto al corpo elettorale chiamato ad esprimersi con un Sì o un NO. Sarebbe davvero utile non scordarlo esaminando le sconfitte subite in questo campo.
La Cisl deve ripensare alla sua ritrosia per lo sciopero, la Cgil riflettere sul ricorrere a troppi referendum istituzionali.
Pensiamo che i referendum (opportunamente modificati rispetto la tradizione italiana) siano molto importanti se utilizzati come innovativi strumenti di democrazia diretta nel sindacato, ovvero atti di consultazione deliberativa per rianimare l’anchilosata democrazia rappresentativa delle deleghe senza ritorno, per definire orientamenti e strategie su specifici punti sia di ordine contrattuale sia di orientamento politico-sociale (sulle tasse, sui migranti, sull’evasione fiscal e sul lavoro nero, sulla guerra e sugli armamenti) generali sociali . Atti deliberativi ai quali rispondere – dopo adeguata informazione e dibattito sui luoghi di lavoro – non con un Sì o un No ma scegliendo tra più opzioni esposte con chiarezza. Una strada per ricostruire unità partecipata e responsabile.
In allegato articolo correlato di Fabrizio Carta dirigente Cisl di lungo corso a Cagliari
Per ragioni che mi sono incomprensibili il mio sindacato, la CISL, non ha aderito allo sciopero e alla manifestazione per i morti sul lavoro nella tragedia di Suviana e promuove una manifestazione in solitaria per sabato mattina.
Non può il Segretario delle CISL affermare che “la battaglia contro le morti gli infortuni sul lavoro deve coinvolgere la politica, istituzioni e parti sociali. Non ammette divisioni. È un obiettivo comune di dignità, di civiltà e di crescita del paese”, e poi non praticare l’unità possibile del sindacalismo confederale”.
Detto ciò non posso non rilevare quanto sta accadendo in queste settimane e mesi, e cioè che le Organizzazioni sindacali confederali fanno di tutto per rimarcare le proprie identità e peculiarità e molto meno, se non nulla, per ricercare e far crescere le ragioni che le uniscono, significa solo che sono molto meno interessate alle soluzioni da dare ai molti problemi che travagliano il mondo del lavoro e la vita dei lavoratori e pensionati e molto più alle ragioni, spesso inconfessabili, delle loro rispettive politiche e strategie.
Occorre onestamente riconoscere che, in questo, CGIL, CISL e UIL hanno ognuna le proprie responsabilità e che dovrebbero riflettere sulla pericolosa china sulla quale si sta muovendo il movimento sindacale per ritrovare le ragioni dello stare insieme e costruire unità.
Dico questo anzitutto alla CISL, il mio sindacato, perché abbia a ritrovare le ragioni fondative che nel tempo l’hanno costituita come “splendida anomalia” del movimento sindacale italiano capace di rinnovamento e unità.
Codivido il pensiero di Vialba.
Spesso mi sento disorientata dal comportamento del mio segretario Generale.
Sono iscritta da una vita alla Cial. Tuttavia non ritengo una buona posizione, quella di chi vive le controversie sindacali senza cercare una via d’uscita, che non sia il solo sciopero.
Sembra di vivere in una perenne guerra tra di noi. Da sempre ci sono state visioni differenti tra le varie sigle sindacali, ma oggi sembra una battaglia per la supremazia, che poi non porta nessun beneficio a chi si trova in condizioni difficili. Vedi la povertà che aumenta.