La sanità dimenticata affonda
Dichiarazioni d’intenti senza stanziare le necessarie risorse finanaziare. Superare il numero chiuso all’Università per avere più medici. L’incubo degli anziani per una sanità separata dal SSN con la “Legge per la non autosufficienza” che precisa che la nuova organizzazione “non deve gravare sulla finanza pubblica con costi aggiuntivi”. Manifestazioni popolari e assenza, per noi, ingiustificata della Cisl.
Insieme si può
Un servizio sanitario nazionale universale, gratuito e garantito a tutti i cittadini che risiedono in un paese, è una delle conquiste emblematiche per l’uguaglianza. La salvaguardia della salute e la prevenzione è quanto di più prezioso esista per una persona, per una famiglia. In Italia nel 1978 si istituì il SSN seppure con alcune contraddizioni che nel tempo hanno determinato gravi contraccolpi (es. I medici di base, di famiglia non sono dipendenti del SSN, ma medici privati convenzionati) o lacune che si sono via via aggravate (es. L’attività di prevenzione). Quella è stata comunque una delle più grandi conquiste per la giustizia sociale nel nostro paese, per l’uguaglianza. Da molti anni è iniziato il declino favorito da un progressivo taglio dei finanziamenti (in valore reale al netto dell’inflazione)
Invertire il declino si può
Mancano 30-40.000 medici, circa 100.000 infermieri, dall’inizio di questo secolo si stima che circa 180.000 operatori sanitari sono andati a lavorare all’estero, in quei paesi dove esistono condizioni di lavoro e di trattamento economico. Qui aumentano i “medici a gettone,” che – a discapito della loro professionalità – guadagnano in una sola settimana quanto un medico ospedaliero del Ssn percepisce in un mese di lavoro. Sulle lunghe liste d’attesa molto si è scritto e poco si è fatto.
Chi se lo può permettere, certamente la maggioranza dei cittadini, ricorre sempre più alla sanità privata in continua crescita. La spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie ha raggiunto la quota di 36 miliardi; la retta mensile per un ricovero in Rsa, non in convenzione, arriva a 3.000 euro. Nei principali quotidiani italiani si susseguono reportage sulla sanità. Una parte significativa della popolazione, (alcune indagini stimano tra il 7 e l’11% dei cittadini) non si cura più o non cura almeno una delle patologie dalle quali è affetto. Sono milioni di persone. La situazione tende al peggioramento.
Nelle settimane passate, nei capoluoghi di alcune regioni, ci sono state manifestazioni in difesa della sanità pubblica che, insieme per la prima volta, hanno partecipato sindacati, associazioni che si occupano specificatamente della tutela della salute, comitati dei parenti ricoverati nelle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali), gruppi di cittadini autorganizzati, per dare forza alla principale richiesta unificante: la richiesta di nuovi e consistenti finanziamenti per la sanità pubblica per ora esclusi tassativamente dal governo. Fin’ora i tavoli romani tra governo e confederazioni sindacali non hanno prodotto risultati al riguardo.
Chi ha partecipato a queste manifestazioni, molte erano le sigle, alcune davvero inedite come l’Ordine dei medici, conosce le grandi difficoltà per invertire la rotta governativa, per ottenere il rispetto del diritto alla cura e all’assistenza di ogni cittadino, a partire da coloro che sono in maggior difficoltà. Ritornare ad un servizio sanitario pubblico efficiente e ad accesso universale richiede una mobilitazione periodica e di lunga durata: si tratta di una battaglia per invertire quella “dannata” scelta di consegnare al privato (servizi a pagamento) il più grande bene comune che abbiamo: la salute e quindi la nostra stessa vita.
Tra le tante sigle in queste manifestazioni popolari mancava quella della Cisl. La motivazione è stata resa pubblica con una dichiarazione del Segretario gen. Cisl del Piemonte, Alessio Ferraris. Questo il testo: “La Cisl, insieme alle sue Federazioni del Pubblico Impiego e dei Medici, ha scelto di non aderire alla manifestazione regionale odierna sulla sanità, restando fedele e coerente ai contenuti della piattaforma unitaria di Cgil Cisl Uil che è stata alla base di tutte le manifestazioni, svolte nelle scorse settimane in ogni capoluogo di provincia di regione (tranne per ora Torino), a difesa della sanità pubblica. Contenuti che spesso non coincidono pienamente con la visione di sanità da parte di taluni sindacati autonomi e associazioni che oggi scendono in piazza.”
Parecchi militanti della Cisl, a Torino, Sabato 27 Maggio si sono dati appuntamento davanti il Palazzo della Regione, dove confluiva il corteo indetto da 27 organizzazioni, associazioni, comitati.(vedi allegati). Abbiamo ascoltato i tanti interventi, di organizzazioni conosciute e non, certo molto pluralismo organizzativo e identitario, ma con un comune denominatore per il presente: la priorità di una politica sanitaria dotandola di decine di miliardi, per rimediare ad una situazione precaria della sanità pubblica che già determina le più grandi disuguaglianze, a volte irrimediabili. La Cisl non ha visto questo denominatore comune, che di gran lunga consente di superare qualsiasi errore iniziale di programmazione, qualora ci sia stato. Noi lo abbiamo ben visto e per questo abbiamo ricordato la grande lezione di Don Milani al riguardo dell’obbedienza, così abbiamo partecipato da “disobbedienti cislini”, pensando che l’assenza delle bandiere Cisl era, per noi, davvero ingiustificabile.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!