SI SAPEVA O NON SAPEVA? – servizi Cisl – garanzie per i lavoratori –

Si sapeva o non sapeva? Chi decide nel sindacato, la cosiddetta « democrazia d'apparato » non potevano non sapere? I dipendenti delle Società dei Servizi Cisl sapevano? Sono le classiche domande che si sollevano per tante questioni che riguardano la democrazia effettiva e i comportamenti anomali che da essa si discostano. Vale per tante vicende politiche. Vale anche per il sindacato. La denuncia pubblica di Franco Aloia sul licenziamento (senza garanzia scritta per il proseguimento del rapporto di lavoro nella futura struttura regionale) dei dipendenti fino a ieri organizzati nelle società territoriali, ha fatto discutere molto nella Cisl.

I giudizi si sono divisi  pro e contro sull’opportunità di “portare tale problema di dominio pubblico”, in prevalenza si sono soffermati sul metodo e pochi hanno considerare che merito e metodo sono stettamente intrecciati per costruire un'opinione. Sembrerebbe che molti non sappiano o si comportino come non sapessero. Possibile che ciò accada in Cisl ?

Ha forse ragione chi dichiara “Sinceramente questa volta a me sembra che ci si sia strumentalità nella denuncia di Aloia. Infatti, La Repubblica ci ha sguazzato. Accettate quindi le critiche sulla denuncia pubblica ”..Oppure ha ragione chi sostiene “Se vi sono stati errori gravi come quelli denunciati siano allora riconosciuti e si discuta del perché. Se non lo sono si spieghi dove Aloia inventerebbe accuse..Nella vicenda, è non solo l’immagine della CISL ad essere in ballo ma anche la sua cultura organizzativa e pertanto politica”.

Per ricostruire l’origine della disputa è necessario mettere al centro il merito di cui si discute, ovvero che le società srl per i servizi Caf  territoriali – società partecipate da un unico socio, la Cisl del territorio – hanno operato i licenziamenti dei propri dipendenti  senza ad essi garantire  con un atto formale, ad esempio un paragrafo in più nella stessa lettera di licenziamento o, meglio ancora,  con un accordo sindacale specifico con il sindacato che li rappresenta, nel caso la Fisascat,  la continuità del rapporto di lavoro, assicurando la salvaguardia dei diritti maturati, nella futura struttura regionalizzata, deliberata dagli organismi competenti.

Il problema sembrerebbe di elementare soluzione stante il fatto che la vicenda avviene all’interno del sindacato dove queste regole per la mobilità da posto a posto di lavoro vengono invocate per ogni trattativa che riguardi ristrutturazioni di aziende, com’è il caso dei Caf Cisl.

Allora poniamo in evidenza una questione che tutti i protagonisti della cosiddetta democrazia d’apparato, in particolare i gruppi dirigenti delle Unioni Territoriali e Regionale, certamente conoscono o dovrebbero ben conoscere. E vero o no che fin dal 2011 esiste un documento nazionale per la regionalizzazione dei Caf che non prevede la soluzione di continuità del rapporto di lavoro per chi transita da una struttura Caf territoriale alla nuova struttura Caf  regionalizzata? Quindi prima si licenzia, poi passa il tempo necessario per la riassunzione ( chi, dove e quando?) senza dover garantire i diritti maturati. E’ così?

Franco Aloia sostiene che quel documento nazionale non solo esiste, ma è stato discusso, approvato e distribuito con il tradizionale metodo della democrazia degli organismi ovvero la cosiddetta “democrazia d’apparato” che formalmente coincide.

Si riparte da zero? Quindi azzerando tfr e anzianità. Discrezionalità delle nuove società per gestire la mobilità e le riassunzioni?

Aloia, ha dichiarato che a suo tempo la battaglia su quel progetto l’ha data e l’ha persa non riuscendo a fare modificare nelle sedi formali quel documento d’indirizzo. Quel documento è stato consegnate a tutte le strutture della Cisl ed alle Società Caf.

Aloia ne trasse la conclusione dimettendosi da Presidente della società dei Caf del Canavese (Ssc), ricordando che nel corso di quel dibattito fu ammonito a non insistere perché quel comportamento avrebbe rallentato il versamento delle quote che il Caf nazionale incassa dal Governo per il servizio reso e poi trasferisce ai Caf territoriali, trattenendo la debita quota del servizio ( in totale a livello nazionale sono oltre 2 milioni di euro) in quanto titolare della convenzione nazionale.

E’ vero quanto sostiene nella sua battaglia Franco Aloia oppure è vero il controcanto dei  “pretoriani” della democrazia d’apparato che affermano Oggi, Aloia agisce così, per salvare la sua faccia per le  insufficienze, di ieri, della sua gestione che determinò un passivo della società Csg del canavese…” ?

Oltre le polemiche in versione “…la calunnia è un venticello” che possono spirare da una o l’altra sponda, alcune cose significative sono avvenute in questi ultimi giorni che, per quanto saputo, sono riassumibili nei sottostanti quattro punti.

  • Il primo, la nomina di un Segretario Ust Cisl di Torino e Canavese come amministratore unico della Società dei Caf ( e servizi) della Cisl del Canavese; ciò implica la diretta responsabilità della Cisl di Torino e Canavese nella vicenda dei licenziamenti.

  • Il secondo, la presenza della Fisascat di Torino alle riunioni dei dipendenti Caf  ( una a Rivarolo promossa dalla Gsc, l’altra a Castellamonte autoconvocata  per la quale è stato impartito un "paternalistico" consiglio per disertarla! ) nelle quali è stato assunto l’impegno per garantire, nell’imminente futuro, un accordo sindacale che specifichi la continuità di lavoro e del rapporto di lavoro salvaguardando i diritti maturati per i lavoratori a tempo indeterminato e determinato. Inoltre, dare la garanzia che la mobilità tra le sedi dei Servizi avverrà in ambito nel territorio canavesano di competenza di Gsc, e non già dell’intera Regione Piemonte.

  • Il terzo, seppure con un malaugurato ritardo – ex-post alle lettere che sono state di mero licenziamento – Lunedì 25 novembre ci sarà a Roma presso il Caf Nazionale, l’incontro tra il  presidente del Caf  Piemonte e il segretario della Fisascat del Piemonte.

  • Il quarto. I dipendenti licenziati dai Caf territoriali stanno maturando la determinazione, per premunirsi in caso di assenza di un accordo sindacale che li tuteli adeguatamente, di ricorrere in magistratura impugnando il licenziamento, entro i 60 giorni previsti dalla normativa, avvalendosi di avvocati di comprovata esperienza in vertenze sindacali.

 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *