SCIOPERO GENERALE E REPRESSIONE IN CILE – A.Tridente – globalmondo – 8/9/

La giornata di lotta proclamata in Cile la scorsa settimana dalla Cut, la confederazione dei lavoratori cileni, affiliata alla confederazione internazionale e alla regionale latino americana, è stata coronata da un grande successo. Ampia infatti la partecipazione  allo sciopero generale di tutti i lavoratori delle diverse categorie.

 

Lo sciopero generale a sostegno di una piattaforma rivendicativa, complessa e articolata, che ha mobilitato e coinvolto l’intero paese, e anche gli studenti, consiste in alcuni importanti punti principali: il sistema di sicurezza sociale nazionale, un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori, la scuola pubblica gratuita, la  ferma opposizione alla politica economica neo liberale del presidente di destra eletto lo scorso anno.

Ai lavoratori che chiedevano un cambiamento di rotta della politica economica e sociale si è risposto però, ancora una volta, con una violenta la repressione – cosa non nuova in Cile – e con un pesante bilancio: un lavoratore ucciso, 206 feriti e  1.394 manifestanti detenuti.

Sharan Burrow, della Confederazione Sindacale Internazionale, presente in Cile nella giornata di sciopero generale, ha rassicurato il pieno appoggio a la solidarietà alla lotta dei lavoratori da parte del sindacato internazionale, così come da parte della organizzazione sindacale regionale latino americana.

Anche Vìctor Bàez, il segretario regionale latino americano – anche lui presente – non ha mancato di ribadire che l’alleanza dei lavoratori con gli studenti, accanto al consenso manifestato dai cittadini, rappresenta un fatto importante che può cambiare la situazione. Una situazione divenuta più difficile con l’attuale governo.  E non solo in Cile, ma in tutta la regione americana, in cui il miglioramento dei diritti contrattuali , accanto alle più elementari norme a tutela del lavoro previste della OIT, la Organizzazione Internazionale del Lavoro, rappresentano il principale impegno del sindacato regionale.

Difficile capire quindi a questo punto le ragioni che hanno portato il paese a votare Sebastiàn Pineda, il candidato della destra che nel marzo del 2010 assumeva la carica di presidente, anche con ministri che avevano partecipato al governi del generale golpista Pinochet.  

Pineda succedeva  alla grande coalizione di centro sinistra della Bachelet, e ai complessivi vent’anni di governi di colazione democratica che seguirono la sconfitta di Pinochet al referendum del 1988. Referendum – va ricordato – che doveva consacrarlo presidente a vita. Si parlò di voglia di cambiamento  da parte dell’elettorato cileno, dopo i governi di centro sinistra, e il voto, seppure di misura, premiò infatti la destra.

Effettivamente nel 1989, l’anno dopo il referendum perso da Pinochet,  Aylwin sconfiggeva lo sconosciuto candidato dei militari destinato a succedere al dittatore che conservava però la carica di comandante generale delle forze armate. Era il ritorno alla democrazia, dopo gli sciagurati anni della dittatura militare, seppure con l’ingombrante e pesante ipoteca rappresentata della presenza di Pinochet alla testa delle forze armate per molti anni, fino alla sua morte nel marzo del 2006.

Va infatti ricordato che ad Aylwin, dopo i due mandati di cinque anni alla presidenza , succedeva la Bachelet  che rivinse con la grande colazione di centro sinistra anche per il secondo quinquennio. Ma nel dicembre del 2009(primo turno) e in quelle del gennaio(secondo turno) la sorpresa:  prevaleva Sebastiàn Pinera, con la “Coalizione al Cambiamento” che raggiungeva il 51,61%, contro Eduardo Frei Ruiz della “Coalizione dei Partiti per la Democrazia”, fermo al 48,39%, assumendo quindi la presidenza nel marzo del 2010.

La Grande Coalizione dopo venti anni di governo democratico era battuta perche, si disse, il Cile aveva voglia di cambiamento .  Quale cambiamento? Lo sciopero generale della scorsa settimana dimostra che il minimo scarto con il quale Pineda ha vinto le elezioni presidenziali dello scorso anno potrebbero essere annullato e che il cambiamento si è rivelato per quello che era stato previsto dai più attenti osservatori politici cileni: un cambiamento in peggio!

La ripresa della lotta dei lavoratori e un buon segnale. Le rivendicazioni sono fondate e consistenti. E il paese con il ritorno alla lotta sociale sembra avvertire che riprendere il cammino delle riforme può fondarsi sulla consapevolezza che non è dal governo di destra che potranno venire le riforme democratiche e sociali di cui il paese ha bisogno.

Alberto Tridente

7.09.2011

    

        Sciopero generale e violenta repressione in Cile

La giornata di lotta proclamata in Cile la scorsa settimana dalla Cut, la confederazione dei lavoratori cileni, affiliata alla confederazione internazionale e alla regionale latino americana, è stata coronata da un grande successo. Ampia infatti la partecipazione  allo sciopero generale di tutti i lavoratori delle diverse categorie.

Lo sciopero generale a sostegno di una piattaforma rivendicativa, complessa e articolata, che ha mobilitato e coinvolto l’intero paese, e anche gli studenti, consiste in alcuni importanti punti principali: il sistema di sicurezza sociale nazionale, un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori, la scuola pubblica gratuita, la  ferma opposizione alla politica economica neo liberale del presidente di destra eletto lo scorso anno.

Ai lavoratori che chiedevano un cambiamento di rotta della politica economica e sociale si è risposto però, ancora una volta, con una violenta la repressione – cosa non nuova in Cile – e con un pesante bilancio: un lavoratore ucciso, 206 feriti e  1.394 manifestanti detenuti.

Sharan Burrow, della Confederazione Sindacale Internazionale, presente in Cile nella giornata di sciopero generale, ha rassicurato il pieno appoggio a la solidarietà alla lotta dei lavoratori da parte del sindacato internazionale, così come da parte della organizzazione sindacale regionale latino americana.

Anche Vìctor Bàez, il segretario regionale latino americano – anche lui presente – non ha mancato di ribadire che l’alleanza dei lavoratori con gli studenti, accanto al consenso manifestato dai cittadini, rappresenta un fatto importante che può cambiare la situazione. Una situazione divenuta più difficile con l’attuale governo.  E non solo in Cile, ma in tutta la regione americana, in cui il miglioramento dei diritti contrattuali , accanto alle più elementari norme a tutela del lavoro previste della OIT, la Organizzazione Internazionale del Lavoro, rappresentano il principale impegno del sindacato regionale.

Difficile capire quindi a questo punto le ragioni che hanno portato il paese a votare Sebastiàn Pineda, il candidato della destra che nel marzo del 2010 assumeva la carica di presidente, anche con ministri che avevano partecipato al governi del generale golpista Pinochet.  

Pineda succedeva  alla grande coalizione di centro sinistra della Bachelet, e ai complessivi vent’anni di governi di colazione democratica che seguirono la sconfitta di Pinochet al referendum del 1988. Referendum – va ricordato – che doveva consacrarlo presidente a vita. Si parlò di voglia di cambiamento  da parte dell’elettorato cileno, dopo i governi di centro sinistra, e il voto, seppure di misura, premiò infatti la destra.

Effettivamente nel 1989, l’anno dopo il referendum perso da Pinochet,  Aylwin sconfiggeva lo sconosciuto candidato dei militari destinato a succedere al dittatore che conservava però la carica di comandante generale delle forze armate. Era il ritorno alla democrazia, dopo gli sciagurati anni della dittatura militare, seppure con l’ingombrante e pesante ipoteca rappresentata della presenza di Pinochet alla testa delle forze armate per molti anni, fino alla sua morte nel marzo del 2006.

Va infatti ricordato che ad Aylwin, dopo i due mandati di cinque anni alla presidenza , succedeva la Bachelet  che rivinse con la grande colazione di centro sinistra anche per il secondo quinquennio. Ma nel dicembre del 2009(primo turno) e in quelle del gennaio(secondo turno) la sorpresa:  prevaleva Sebastiàn Pinera, con la “Coalizione al Cambiamento” che raggiungeva il 51,61%, contro Eduardo Frei Ruiz della “Coalizione dei Partiti per la Democrazia”, fermo al 48,39%, assumendo quindi la presidenza nel marzo del 2010.

La Grande Coalizione dopo venti anni di governo democratico era battuta perche, si disse, il Cile aveva voglia di cambiamento .  Quale cambiamento? Lo sciopero generale della scorsa settimana dimostra che il minimo scarto con il quale Pineda ha vinto le elezioni presidenziali dello scorso anno potrebbero essere annullato e che il cambiamento si è rivelato per quello che era stato previsto dai più attenti osservatori politici cileni: un cambiamento in peggio!

La ripresa della lotta dei lavoratori e un buon segnale. Le rivendicazioni sono fondate e consistenti. E il paese con il ritorno alla lotta sociale sembra avvertire che riprendere il cammino delle riforme può fondarsi sulla consapevolezza che non è dal governo di destra che potranno venire le riforme democratiche e sociali di cui il paese ha bisogno.

Alberto Tridente

7.09.2011

    

        Sciopero generale e violenta repressione in Cile

La giornata di lotta proclamata in Cile la scorsa settimana dalla Cut, la confederazione dei lavoratori cileni, affiliata alla confederazione internazionale e alla regionale latino americana, è stata coronata da un grande successo. Ampia infatti la partecipazione  allo sciopero generale di tutti i lavoratori delle diverse categorie.

Lo sciopero generale a sostegno di una piattaforma rivendicativa, complessa e articolata, che ha mobilitato e coinvolto l’intero paese, e anche gli studenti, consiste in alcuni importanti punti principali: il sistema di sicurezza sociale nazionale, un nuovo statuto dei diritti dei lavoratori, la scuola pubblica gratuita, la  ferma opposizione alla politica economica neo liberale del presidente di destra eletto lo scorso anno.

Ai lavoratori che chiedevano un cambiamento di rotta della politica economica e sociale si è risposto però, ancora una volta, con una violenta la repressione – cosa non nuova in Cile – e con un pesante bilancio: un lavoratore ucciso, 206 feriti e  1.394 manifestanti detenuti.

Sharan Burrow, della Confederazione Sindacale Internazionale, presente in Cile nella giornata di sciopero generale, ha rassicurato il pieno appoggio a la solidarietà alla lotta dei lavoratori da parte del sindacato internazionale, così come da parte della organizzazione sindacale regionale latino americana.

Anche Vìctor Bàez, il segretario regionale latino americano – anche lui presente – non ha mancato di ribadire che l’alleanza dei lavoratori con gli studenti, accanto al consenso manifestato dai cittadini, rappresenta un fatto importante che può cambiare la situazione. Una situazione divenuta più difficile con l’attuale governo.  E non solo in Cile, ma in tutta la regione americana, in cui il miglioramento dei diritti contrattuali , accanto alle più elementari norme a tutela del lavoro previste della OIT, la Organizzazione Internazionale del Lavoro, rappresentano il principale impegno del sindacato regionale.

Difficile capire quindi a questo punto le ragioni che hanno portato il paese a votare Sebastiàn Pineda, il candidato della destra che nel marzo del 2010 assumeva la carica di presidente, anche con ministri che avevano partecipato al governi del generale golpista Pinochet.  

Pineda succedeva  alla grande coalizione di centro sinistra della Bachelet, e ai complessivi vent’anni di governi di colazione democratica che seguirono la sconfitta di Pinochet al referendum del 1988. Referendum – va ricordato – che doveva consacrarlo presidente a vita. Si parlò di voglia di cambiamento  da parte dell’elettorato cileno, dopo i governi di centro sinistra, e il voto, seppure di misura, premiò infatti la destra.

Effettivamente nel 1989, l’anno dopo il referendum perso da Pinochet,  Aylwin sconfiggeva lo sconosciuto candidato dei militari destinato a succedere al dittatore che conservava però la carica di comandante generale delle forze armate. Era il ritorno alla democrazia, dopo gli sciagurati anni della dittatura militare, seppure con l’ingombrante e pesante ipoteca rappresentata della presenza di Pinochet alla testa delle forze armate per molti anni, fino alla sua morte nel marzo del 2006.

Va infatti ricordato che ad Aylwin, dopo i due mandati di cinque anni alla presidenza , succedeva la Bachelet  che rivinse con la grande colazione di centro sinistra anche per il secondo quinquennio. Ma nel dicembre del 2009(primo turno) e in quelle del gennaio(secondo turno) la sorpresa:  prevaleva Sebastiàn Pinera, con la “Coalizione al Cambiamento” che raggiungeva il 51,61%, contro Eduardo Frei Ruiz della “Coalizione dei Partiti per la Democrazia”, fermo al 48,39%, assumendo quindi la presidenza nel marzo del 2010.

La Grande Coalizione dopo venti anni di governo democratico era battuta perche, si disse, il Cile aveva voglia di cambiamento .  Quale cambiamento? Lo sciopero generale della scorsa settimana dimostra che il minimo scarto con il quale Pineda ha vinto le elezioni presidenziali dello scorso anno potrebbero essere annullato e che il cambiamento si è rivelato per quello che era stato previsto dai più attenti osservatori politici cileni: un cambiamento in peggio!

La ripresa della lotta dei lavoratori e un buon segnale. Le rivendicazioni sono fondate e consistenti. E il paese con il ritorno alla lotta sociale sembra avvertire che riprendere il cammino delle riforme può fondarsi sulla consapevolezza che non è dal governo di destra che potranno venire le riforme democratiche e sociali di cui il paese ha bisogno.

Alberto Tridente

7.09.2011

    

        

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