SCIOPERI E DITTATURA – T.Ferigo – Egitto –
I fratelli mussulmani fanno notizia, le lotte del lavoro no. Manifestazioni al Cairo ed Alessandria a quattro anni di distanza dall'occupazione di piazza Tahir e la caduta di Mubarak. Scontri violenti. Oggi al potere c'è il generale Sisi ed è contro la sua politica sociale e autoritaria che sono scesi in piazza, in manifestazioni separate, i giovani democratici e i fratelli mussulmani fortemente colpiti dalla repressione dell'esercito tornato al potere. Non siamo alla vigilia di una rinata primavera, dicono gli osservatori, ma le difficoltà del regime sono palesi.
Nei commenti dei giornali occidentali colpisce il ripetersi di una cronaca simile a quattro anni fa: ampio spazio alle manifestazioni, giustamente, ma colpevole silenzio su lotte sociali e sindacali che dall'inizio del mese stanno investendo zone industriali del paese.
Anche questa volta è la zona del delta del Nilo che ha dato il via alle proteste. Mahalla el Kubra è il centro storico dell'industria tessile. E' nelle grandi fabbriche di Mahalla che è stata scritta la storia del sindacalismo egiziano.
Gli scioperi di Mahalla hanno sempre preceduto, accompagnato e influenzato le svolte politiche del paese: se uno sciopero riesce nel Delta del grande fiume, è l'inizio di un movimento che investe tutte le aree industriali.
Gli scioperi del 2006 e 2007, sono oggi ricordati come il segnale della crisi di credibilità di Mubarak che sfocerà nella sua caduta nel 2010. Dopo la rivoluzione della primavera, nella complicata situazione politica, gli errori dei fratelli mussulmani,il peggioramento della situazione economica, vi furono sporadici scioperi in cui si mescolarono rivendicazioni economiche e politiche.
Nella grande fabbrica pubblica Misr Textiel vi furono anche iniziative di lotta per rimuovere parte della gerarchia di fabbrica, legata direttamente al clan Mubarak, ritenuta responsabile delle difficoltà economiche del settore oltre che di attività antisindacale.
Il 2014 è stato contraddistinto da una ripresa di azioni rivendicative salariali e di condizioni di lavoro. Gli scioperi degli ultimi mesi, risentono naturalmente del clima imposto dalla giunta militare. Non ci sono questa volta dimostrazioni di massa nei quartieri intorno alla fabbrica. Il timore di repressioni violente, dell'incriminazione per violazione delle leggi sulla sicurezza, il clima di “guerra al terrore“, pesano. Gli scioperi sono interni alla fabbrica e a dimostrazione del timore di essere accusati di sovversione alcuni gruppi di lavoratori inneggiano a Sisi, concentrando le loro critiche sul primo ministro Ibrahim Mahlab.
Nonostante le divisioni nella leadership sindacale, organizzatori di base hanno costruito un coordinamento tra diversi stabilimenti,che ha guidato le lotte nello scorso anno.
Gli scioperi in corso in questo mese di Gennaio hanno visto la partecipazione anche della fonderia di Helwan al sud del Cairo. Sono azioni sporadiche, non paragonabili a quelle della primavera di quattro anni fa. Dimostrano comunque che il movimento sindacale non è stato completamente normalizzato, che una militanza di base continua ad esistere ed operare e che, anche questa volta, gli scioperi annunciano manifestazioni nelle grandi città.
La situazione economica è difficile, il malessere è diffuso. Non sono solo i Fratelli mussulmani che impensieriscono il generale Sisi. Anzi. In nome della lotta al terrore sono stati toccati diritti sindacali, messi sotto sorveglianza dirigenti che nulla hanno a che vedere con l'islamismo politico.
L'ordine è tornato e il silenzio è d'obbligo. Come nel passato. Non stupiamoci se non sono pochi i democratici in Egitto e non solo, che accusano l'Europa di ipocrisia.
Toni Ferigo
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