Il rischio di non poter uscire dal “cul de sac”, come dicono i francesi, è un pericolo reale per la Fiom, dopo le grande manifestazione e il richiesto-annunciato sciopero generale della CGIL. Non si vede infatti come si intende uscire, e con quali nuove iniziative e strategie, dalla grave situazione in cui è incagliato il sindacato, diviso, ricattato da de-localizzazioni, deindustrializzazione e precariato, mentre cresce e sembra destinato a crescere sempre più il tasso di disoccupazione nel paese.
Per di più , la grande adesione alla manifestazione di sabato 16, potrebbe indurre la Fiom a credere che il consenso di massa e la sottrazione di aderenti alle altre organizzazioni, siano sufficienti a colmare il vuoto di strategia che sembra mancare all’insieme dei sindacati, ora più disuniti che mai, pallida ombra della forza che sapeva esprimere negli anni passati l’unità della Flm e della Federazione Cgil-Cisl-Uil. Oggi, quando i passati ostacoli ideologici non dovrebbero più impedire l’unità di azione, i dirigenti attuali sembrano voler ricercare di nuovi, ritenendo sia sufficiente ammiccare al governo o alla piazza per sopravvivere, senza la ricerca di nuove strategie.
Di fronte a questa situazione, il solo ambito contrattuale – pur rimanendo lo strumento più coerente e naturale proprio del sindacato e della Cisl in particolare – non è più sufficiente per arginare la frana occupazionale ed i rischi di gravi arretramenti nella condizione dei lavoratori. Le principali ragioni sono la crisi ed i ritardi o l’inesistente innovazione(la Germania, nel settore auto, settore considerato obsoleto giganteggia nel settore delle auto di lusso con Volkswagen, Mercedes,Bmw e Audi), ma anche la mancanza di minime strategie europee, che i sindacati aveva avuto nei confronti delle filiali dei grandi gruppi nazionali ed europei.
Lo stesso Obama se ne è reso conto più di ogni altro: anche negli Usa, all’esclusivo e dominante strumento contrattuale – storico strumento regolante l’intero campo della protezione sociale e della condizione di lavoro – sta mostrando la corda ed ha indotto Obama a richiedere l’intervento della legge per garantire un minimo di protezione sanitaria da parte dello stato a milioni di lavoratori che ne erano sprovvisti.
Diverso potrebbe essere l’approccio su scala europea. Sia per la relativa vicinanza dei paesi europei verso i quali si dirigono le ricattatorie de-localizzazioni di produzioni, sia perche non è stata ancora attivata un’efficace strategia con la Federazione Metalmeccanica Europea, FEM, tale da dare continuità e maggiore coordinamento all’iniziativa politica delle organizzazioni nazionali, rinnovando e smuovendo la FEM dall’immobilismo burocratico che spesso la caratterizza. Il terreno sul quale si muovono oggi padronato e gli attori economico finanziari, richiede più che mai da parte del sindacato il superamento dell’ambito nazionale, seppure la mondializzazione rende tutto più difficile. Ma, trattandosi dell’ambito europeo e di pochi paesi, soprattutto i nuovi entrati nell’Unione, e di quelli in lista di attesa, si tratta di lavorare con realtà relativamente geograficamente vicine, nonché con quelle in lista di attesa come la Serbia.
I differenziali della spesa per Scuola, Difesa sul Pil non sono molto diversi dai nostri, e non sembrano mostrare ragioni sufficienti per rendere facile la de-localizzazione, seppure per la Sanità il costo in Italia è circa il doppio della Polonia, e così per gli altri paesi. Beninteso, non si conoscono quali altre facilitazioni vengono offerte e sia l’insieme degli incentivi e delle facilitazioni offerte. Ma potrebbe essere questo il terreno per l’inizio di un lavoro con le rappresentanza politica europea da parte dei sindacati, coordinandosi con deputati europei per un lavoro politico comune sul tema, a partire dai deputati italiani disponibili ad essere coinvolti al fine di affrontare le azioni di dumping sociale, che già presentano aspetti di guerra fra i poveri.
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