PRIMO MAGGIO, MANETTE PER CAPORALI E BOSS – Redazione- sindacato & democrazia 27/4/10

Il Primo Maggio unitario in Calabria, Rosarno, è preceduto da due clamorosi fatti. Il primo, almeno trenta persone arrestate a Rosarno con l’accusa di aver fatto parte del racket dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù degli immigrati nel settore agricolo. Il secondo, La polizia ha arrestato a Reggio Calabria uno dei 30 più pericolosi  boss latitanti della ‘ndrangheta  e centinaia di persone hanno protestato davanti alla Questura gridando “avete preso un uomo di pace”. Due facce della Calabria, due facce del’Italia come molte volte emergono, come si constatò a Gennaio 2010 nei giorni della rivolta a Rosarno.

Le Confederazioni Sindacali Cisl-Cgil e Uil hanno davvero fatto una scelta importante, in una fase di grave difficoltà per i lavoratori, di indire unitariamente la celebrazione nazionale del Primo Maggio e di scegliere la cittadina di Rosarno come sede della manifestazione. In quella località, il 7 gennaio scorso, avvennero a catena due rivolte: quella degli immigrati-super sfruttati che sfociarono in atti di violenza nella città e la reazione poolare che consigliò l’allontanamento coatto da Rosarno ( scortati dalla polizia) di tutti quei lavoratori, regolari e non, sfruttati al limite dello schiavismo.

Seguirono discussioni ed accese polemiche. Alcuni comuni della Calabria, in prima fila quello di Riace, si schierarono dalla parte degli immigrati offrendo ospitalità e facendo conoscere il loro modello d’integrazione realizzato in questi anni. Un vero progetto pilota che bisognerebbe far conoscere maggiormente. Anche allora si manifestarono due diverse facce della Calabria.

L’operazione "Migrantes" anti-caporali nasce dalle indagini avviate nel gennaio scorso, dopo la rivolta degli extracomunitari  impiegati nella raccolta degli agrumi. Ora 21 persone sono state arrestate ed incarcerate ed altre nove almeno sono agli arresti domicilari.

Dalle indagini emerge chiaramente che alla base di quella rivolta c’erano lo sfruttamento e le condizioni inique in cui gli immigrati erano costretti a lavorare: dalle 12 alle 14 ore al giorno per un compenso tra i 10 e i 25 euro (un euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance), con una cresta di 10 euro su ogni lavoratore per i caporali. E quegli immigrati che si fossero ribellati avrebbero rischiato di subire ritorsioni e minacce. La rivolta di Rosarno, quindi, è stata determinata dalla stanchezza e dallo sfruttamento. Due sentimenti esplosi quando due lavoratori extracomunitari sono stati feriti a colpi d’arma da fuoco per mano di rosarnesi.

I “caporali” arrestati sono: italiani, marocchini, tunisini, algerini che si spostavano tra villa Literno( nel casertano, Cassibile (Siracusa), Salagonia (Catania) per reclutare lavoratori e condurli nei campi. Una vera e propria rete clandestina di collocamento che imponeva le stesse condizioni in tutti i luoghi di lavoro. Nel corso dell’operazione sono state sequestrate anche 20 aziende e 200 terreni, per un valore complessivo di circa dieci milioni di euro. Sono state poi scoperte anche numerose presunte truffe nei confronti degli enti previdenziali.

L’indagine ha dato risultati anche grazie ai racconti degli immigrati stessi che nei centri d’accoglienza di Bari e Crotone, dove sono stati portati subito dopo gli scontri di Rosarno, hanno spiegato come erano andate le cose. Agli immigrati irregolari che hanno collaborato con la giustizia, il governo italiano ha promesso il permesso di soggiorno.

Vergonoso, invece, quando è successo a Reggio Calabria con la cattura di Giovani Tegano, 70 anni, latitante dal 1993, condannato all’ergastolo. E’ nell’elenco dei 30 latitanti, è inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi del ministero dell’interno. Davanti alla Questura cisono stati applausi per il boss anzichè per la polizia ed il Prefetto. La cattura di Tegano, ha sottolineato Maroni "è il colpo più duro che si potesse infliggere oggi alla ‘ndrangheta essendo il numero uno dei ricercati calabresi".

Subito dopo è stato arrestato dai Ros, a Melito Porto Salvo, un altro latitante di peso, Rocco Morabito, 50 anni, figlio del boss Giuseppe, detto ‘u Tiradrittu’.

Il Primo Maggio Unitario in Calabria, può dare forza a contrastare e debellare lo schiavismo, il super sfruttamento, il lavoro in nero, l’evasioni contributivi e fiscali, cioè quel “brodo di coltura” in cui prospera la criminalità organizzata.

 

 
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