Il circolo “l’angolo non ottuso” di None ha promosso, martedì 15 dicembre, la visione collettiva del video sulla storia di uno degli uomini simbolo dell’autunno caldo, Bruno Trentin. Buona la partecipazione e la discussione. Pubblichiamo la lettera che Mario Dellacqua ha inviato ad una donna che ha partecipato alla discussione. Il Dvd “Con la furia di un ragazzo, un ritratto di Bruno Trentin” , regia di Franco Giraldi, è stato diffuso settimane fa con “L’Unità”.
Cara Dèsirée,
dopo l’incontro video con Bruno Trentin di martedì 15 dicembre all’angolo di via Roma, mi hai chiesto di chiarire che cosa volesse dire il leader sindacale quando ad un certo punto ha affermato: “Non è spontanea la democrazia, è la burocrazia, piuttosto, che viene spontanea”.
Viene difficile l’uguaglianza dei diritti e dei doveri. La delega tende sempre a farla da padrona. “E che cosa è la delega?” mi chiedi ancora. E’ un fenomeno normale e pericoloso. Quando in un gruppo ci si riunisce per raggiungere insieme un obiettivo, in quel sindacato, in quel partito, in quel comitato o associazione (piccola o grande che sia) dovrebbe essere normale distribuire equamente diritti e doveri, fatiche e soddisfazioni. Succede però fatalmente che si faccia avanti qualcuno con più tempo, più istruzione, più professionalità e competenza, più abilità di dire, fare, comunicare, aggregare, rappresentare e convincere. Quando a lui si affidano certi compiti – o lui se li prende da solo – nasce una separazione fra chi esegue e chi pensa, chi guida e chi è guidato, chi decide e chi viene a sapere a cose fatte, chi emerge e chi resta nell’ombra: magari ha solo la colpa di essere più timido, ma con questo puoi dire che meriti di essere tagliato fuori?
Capita così che il leader lavori tanto e si lamenti perché la seconda e la terza fila lavorino poco. Il leader accetta e accentra su di sé poteri e responsabilità. In cambio ottiene visibilità pubblica, gratificazioni, promozioni, cariche e cadreghini. Insomma, lui va avanti e gli altri restano fermi nelle retrovie.
Anche la seconda e la terza fila, però, cominciano prima o poi a lamentarsi e criticano il leader perché fa tutto da solo e condensa troppo potere nelle sue mani. Così nasce la burocrazia. La burocrazia cresce con il leader che decide e si lamenta e gli altri che si lamentano di non poter decidere ma stanno a guardare. La vita quotidiana invece di cambiare in meglio intorno a te si riduce a una dialettica fra il leader che vuole rimanere in sella perché convinto di essere insostituibile e gli altri che lo vogliono disarcionare.
In un’organizzazione democratica, invece, le decisioni si prendono sulla base di regole concordate fra tutti e la vita è una continua ricerca di abolire i ruoli fissi, le rendite acquisite, le separazioni fra chi pensa e chi esegue, fra chi guida e chi è guidato, fra chi parla e chi è buono solo per essere chiamato quando è ora di battere le mani. La democrazia, per funzionare, comprime lo spazio della delega e allarga le possibilità di partecipazione e di crescita specialmente a favore dei meno istruiti, dei più timidi, dei meno abili nella parola. Trentin voleva dire che la democrazia è meglio della burocrazia, ma la burocrazia della delega, purtroppo, è facile e naturale, mentre la democrazia è difficile e artificiale, cioè prodotto della volontà collettiva. Non è riposo, ma tensione continua verso l’uguaglianza. La democrazia non va scambiata come un punto di arrivo raggiunto una volta per tutte, ma è un punto di partenza, è una conquista sempre in bilico. Dunque o la rinnovi con la partecipazione e con l’uguaglianza, o la condanni all’inaridimento e la burocrazia te la mangia senza neanche darti il tempo di accorgertene.
E adesso ti cito un Marx molto convincente che folgorò il Premio Nobel Saramago quando aveva trent’anni: “Se l’uomo è formato dalle circostanze, allora bisogna formare le circostanze umanamente”.
Mario Dellacqua
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