L’APOLITICA – Il9marzo – commenti alla lettera di Annamaria Furlan al Foglio –
Annamaria Furlan ha spiegato con una lettera al Foglio la sua idea del sindacato, che potremmo definire “soggetto apolitico”: noi trattiamo con tutti e con chiunque, poi il poco o tanto che ci viene concesso lo prendiamo e lo andiamo a spiegare ai delegati in alcune maxi-assemblee interregionali (dove, ci permettiamo di aggiungere, il dibattito non è neppure possibile e tutto discende dall’alto verso il basso come nei paesi del socialismo reale e del centralismo democratico).
Questo metodo, secondo la signora, sarebbe lo stesso dei “padri fondatori” e della tradizione della Cisl. Ma siamo sicuri che sia proprio così? Se non ci ricordiamo male, ci fu un periodo in cui si discusse nella Cisl sull’idea del sindacato “soggetto politico”, che ad alcuni piaceva perché ritenevano che ne uscisse sottolineata l’autonomia dai partiti, di cui si rifiutava la necessità della mediazione, e ad altri non piaceva perché sembrava che portasse il sindacato fuori dalla sua vocazione di associazione per la rappresentanza degli iscritti.
C’era chi riteneva che il sindacato dovesse avere un ruolo diretto nell’arena politica, proprio perché non entrava in quella partitica, e chi riteneva che invece si dovessero rispettare le prerogative della politica, anche quella partitica, per rivendicare eguale rispetto per la propria autonomia.
Gli uni e gli altri, però, avevano un’idea forte del ruolo politico del sindacato in una società pluralista; un ruolo che non fosse solo quello di aspettare che il governo prendesse le decisioni per poi cercare di portare a casa qualche modifica, necessariamente marginale, a scelte già fatte.
Sia i “padri fondatori”, che sedevano in parlamento e facevano attività sia politica che sindacale, sia i “figli ribelli” dell’autunno caldo che hanno rifiutato la contaminazione del sindacato con la politica dei partiti, avevano l’idea che la Cisl dovesse essere protagonista del cambiamento sociale con un’azione anche sul piano delle politiche, quindi sia politica che sindacale.
Né gli uni né gli altri si sarebbero mai sognati di spiegare il loro ruolo con la sola prassi del miglior risultato possibile nelle condizioni date.
Anche per questo la Cisl, nelle sue alterne stagioni, ha rappresentato qualcosa nella storia d’Italia. Un soggetto che ha fatto politica sia quando questo passava dall’azione di sindacalisti in parlamento, sia quando si è affermata l’incompatibilità. E che ha saputo proporre innovazione, che è qualcosa di molto diverso dal fiancheggiamento dei governi di qualsiasi colore in cambio di qualche cosa da vendere nelle assemblee come un risultato concreto (vero o presunto che sia).
Anche perché alcuni precedenti ci fanno sospettare che chi dice “noi non facciamo politica” e intanto fa da sponda al governo in carica stia preparando il passaggio in parlamento di qualche dirigente. Che a volte è lo stesso segretario generale, ma più spesso è qualche altro dirigente di cui il segretario generale si vuol liberare in modo elegante.
Perché la politica è una cosa seria, anche quando i soggetti politici non lo sembrano, e richiede al sindacato capacità di proposta e di rivendicazione; l’apolitica invece è un sintomo ulteriore del declino del sindaco. E di solito va a braccetto col carrierismo. Prima nel sindacato e poi nella politica.
admin 30 novembre 2017 15 Commenti
Allegato – il testo della lettera di Annamareia Furlan al Foglio e risposta del direttore Cerasa
Allegato:
lettera_al_foglio_furlan.doc
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