Una grande Organizzazione non governativa giapponese si è accaparrata il progetto di 200 milioni di dollari per il trattamento delle acque fognarie della città di San Paolo. L’impianto, un gigantesco “Po Sangone”, dovrebbe trattare entro il 2015 il 95% delle acque degli scarichi privati, pubblici e industriali dei trenta milioni di abitanti del territorio paulista.
Pur essendo da anni sollecitati ad assumere iniziative di cooperazione infrastrutturale nel settore dei servizi (quanto peraltro previsto dai recenti accordi con il governo brasiliano, ed anche da parte di realtà regionali e cittadine), siamo, ancora una volta, colpevolmente assenti da una interessante possibilità produttiva internazionale.
Eppure solo qualche anno fa era stata trionfalmente annunciata la costituzione del “Comitato per l’Internazionalizzazione del Sistema Piemonte”.
Certo, l’area paulista è una realtà gigante, per nulla commisurabile all’impianto torinese del Po-Sangone della Smat, che tratta gli scarichi fognari di poco più di due milioni di abitanti.
L’obiezione appare oggettiva. Ma al gigantismo paulista si poteva e si può rispondere con l’associazione di capacità tecnologiche ed esperienze di più territori italiani e con un serio impegno da parte dello stesso governo.
L’internazionalizzazione delle aziende di servizio italiane, si era più volte detto, poteva essere l’occasione per mettere insieme più strutture di servizio, costruendo così quella massa critica capace di rispondere alla concorrenza di realtà maggiori delle singole capacità territoriali italiane. La realtà è invece la solita: parole e inattività confermano la deprimente realtà di un paese fermo e senza capacità di iniziativa.
La conclamata italianità di San Paolo(tre milioni di oriundi italiani, che ne fanno la maggiore città italiana al mondo e che avrebbe potuto favorire l’opzione italiana), lascia ancora una volta l’iniziativa ad altri protagonisti, più rapidi e meno provinciali, una opportunità di lavoro che sembrava essere alla nostra portata.
Acqua passata si dirà. Anche perché Il “Comitato per l’Internazionalizzazione del Sistema Piemonte sembra aver ormai perso fantasia ed energia. Con la sconfitta della Presidente Bresso e del presidente dello stesso Comitato, l’ex assessore Bairati, sembrerebbe infatti essersi chiuso anche questo capitolo. O forse potrebbe essere anche questa una delle ragioni della confitta alle recenti regionali?
Resta il fatto che non solo il ciclo dell’acqua si tratta, ma anche del problema dei rifiuti solidi urbani, industriali e pubblici, della casa e dei trasporti che molte realtà brasiliane debbono affrontare per prossime scadenze come il Mondiale di Calcio del 2014 e le Olimpiadi di Rio del 2016.
Eppure sono questi i servizi che sosterranno lo sviluppo economico e sociale e i necessari cambiamenti dei paesi in via di sviluppo. Anche negli altri settori la situazione non sembra purtroppo essere migliore. Eppure, l’internazionalizzazione dei servizi rimane una delle poche alternative all’aumento delle tariffe!
L’incremento del Pil brasiliano, e la straordinaria inclusione sociale di milioni di poveri esclusi da ogni dritto di cittadinanza realizzato negli otto anni del governo Lula è il panorama che si presenta alla nostra cooperazione. Certo, se si guarda solo al Pil il Brasile appare un paese emergente straripante sviluppo, di energico e capace di entrare rapidamente nelle classiche dei maggiori e ricchi paesi del mondo.
Ma non solo di questo si tratta: il paese rimane uno dei primi la mondo per diseguaglianze sociali e nella distribuzione del reddito. Gli otto anni del governo Lula dovrebbero essere moltiplicati per dieci per poter affermare che il Brasile sia ormai fuori dal sottosviluppo, ed è su questo che Dilma, la nuova presidente donna dal grande paese, sembra indirizzare i suoi appelli e la sua politica per i prossimi quattro anni di mandato
Le risorse economiche brasiliane permettono fenomeni impensabili in Europa/Italia. L’aumento del PIB brasiliano ha come base le sue ricchezze a servizio dei mercati internazionali, dove stanno Cina, EUA e UE. Insieme alla ricchezza prodotta, ci sono lacune che, secondo me, tu hai bene individuato, come uno spazio vuoto di quadri e tecniche per risolvere gli immensi problemi che l’urbanizzazione selvaggia ha prodotto in Brasile. Il sistema educazionale é uno dei grandi problemi: per questo la manodopera é senza specializzazione, e questo punto di strangolamento é lontano dall’essere affrontato adequadamente.
Sono problemi strutturali enormi che nella decada passata sono rimasti ancora is secondo piano, e sembra che ci rimarranno per altro tempo.
Sono d’accordo cn te che la cooperazione internazionale dovrebbe focare questi spazi. Adriano Sandri
Il problema sollevato é reale in un processo di globalizzazione di un `globo` molto disuguale, per niente rotondo. Chiamato in ballo il Brasile, dietro a un processo economico di chiaro aumneto – a volte chiamata sviluppo -, affiorano problemi secolari, come quello dell’istruzione, che é una parte del problema educazionale. L’istruzione non ha preparato soggetti capaci di sostenere il progresso economico in atto.
Per questo do ragione ad Alberto nel senso che i rapporti internazionali dovrebbero saper inserirsi per rafforzare quegli aspetti che hanno ed avranno bisogno non solo di capitali speculativi – e questi arrivano in abbondanza qui in Brasile che paga puntualmente e benissimo – ma soprattutto tecnologici (técniche e tecnici). L’acqua in Brasile c’é, ma deve essere pensata in termini mondiali: é una sfinda per noi e per tutti.