Lunedì 6 dicembre, al Centro Polifunzionale di San Giorio di Susa, alle 21, conferenza sugli scioperi del 1943 con la partecipazione di Bruno Alpe, Mauro Sonzini e Alberto Tridente.Si tratta di un momento chiave della storia operaia e antifascista Dopo la battaglia di El Alamein e l’eroica resistenza di Stalingrado le sorti della 2a guerra mondiale si sono capovolte: chi attaccava e sembrava inarrestabile, ora è in clamorosa rotta. L’Italia è in ginocchio, oltraggiata dai continui bluff del regime, piegata dalla fame e dai bombardamenti.
Ormai tutti sono consapevoli dello sfacelo generato del fascismo, persino gli stessi fascisti. Ma, avendo cancellato le opposizioni, in tutto il Paese nessuna voce sembra potersi levare per dire basta. Pare una voragine senza fondo. E’ in questa atmosfera che alle ore 10 di venerdì 5 marzo 1943 nell’officina 19 di Fiat Mirafiori, un operaio di nome Leo Lanfranco, si ferma e dice: sciopero! E’ la prima volta dopo vent’anni: molti operai del suo stesso reparto neppur sanno cosa significhi. Dura poco, venti minuti.
Ma la notizia si diffonde. Lunedì 7 marzo si fermano altre 8 fabbriche torinesi. E di giorno in giorno lo sciopero s’espande: da Torino alla provincia, dalla provincia alla regione, dalla regione alle altre regioni. Nel giro di poco l’intero nord Italia è fermo. Aderiscono persino gli operai d’una legione fascista, la XVIII novembre.
Nelle rivendicazioni c’è di tutto ma soprattutto pace e pane.
Mussolini, indignato, si rifiuta di chiamarli scioperi. a gli operai capiscono in fretta che la lotta paga: alla spicciolata dagli industriali ottengono aumenti e anticipi e, malgrado l’opposizione del duce, anche le 192 ore per tutti, anche per chi agli scioperi non ha partecipato.
Nonostante gli oltre 800 arresti il regime è pubblicamente delegittimato e, grazie a quei coraggiosi operai, l’intera nazione comincia ad intravvedere la speranza che qualcosa possa finalmente cambiare.
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