COME NASCONO I JIHADISTI – B.Valli – le molteplici responsabilità –
Bernardo Valli su La Repubblica del 24 Agosto ricostruisce in Come nascono i Jiadisti ( vedi testo a seguire) il percorso storico che ha generato i feroci jihadisti, ricordando le responsabilità – non solo occidentali – che hanno favorito gli eventi attuali.
Tre giorni prima in L'inganno del feroce Califfato (allegato) sempre su La Repubblica descrive come vanno mutando le allenze in Medio Oriente con l'avvento del Califatto e le violenze dell'Isi verso chi crede in altro Dio; racconta perchè Israele è npn più isolato.
*************** ***************** ***************
Riprendendo la parola usata da Barack Obama, il quale non ha precisato che noi stessi abbiamo contribuito a creare quel cancro. Il " noi" suona come un'autocritica e vuole esserla. Ma non include solo gli occidentali. Molti altri, nello stesso mondo musulmano, si sono scoperti nemici o vittime. E adesso sono angosciati. È un po' questa la storia dei movimenti jihadisti di cui lo Stato islamico è al momento la peggiore espressione.
Il caso del presidente siriano, Bashir el-Assad, è esemplare. Dall'inizio dell'insurrezione, nel 2013, l'apparato militare del regime di Damasco ha concentrato gli attacchi sulle zone del paese favorevoli alla ribellione e sui gruppi armati dell'opposizione liberale o islamista, risparmiando lo Stato islamico nel suo feudo di Rakka (nel Nord-Est siriano). Il riguardo ha suscitato il forte sospetto che quel movimento jihadista fosse un mostruoso strumento del "laico" Assad. La complicità appariva a molti evidente, anche se non provata.
Ritenuto troppo debole per nuocere al regime di Damasco, lo Stato islamico era utile a Bashir el-Assad per intralciare l'azione dei suoi avversari, per frantumare la sempre più ampia area dell'opposizione islamista, dominata dal Jabhat al-Nosra. Di cui lo Stato islamico contestava il primato e si considerava un concorrente. Lo stesso Esercito libero siriano, favorito dagli occidentali per l'impronta nazionalista e laica, era insidiato da quella velleitaria formazione jihadista. Gli scontri a fuoco tra i numerosi gruppi della ribellione erano frequenti e sanguinosi. Nessuno prendeva però troppo sul serio lo Stato islamico.
Per Damasco era un alleato obiettivo poiché attizzava la rissa tra i nemici del regime. Pochi si accorgevano della sua rapida espansione dalla provincia originaria di Rakka a quella di Aleppo, di Latakia e di Der ez-Zor. E poi alle province irachene sunnite. Bashir el-Assad era convinto che il fanatismo di quel movimento avrebbe spaventato la popolazione e l'avrebbe spinta tra le braccia di Damasco. In quella zona si sono invece raccolti via via, stando al Dipartimento di Stato, più di diecimila jihadisti provenienti da cinquanta paesi. Compresi quelli occidentali.
L'aviazione di Assad ha aspettato fino a qualche settimana fa prima di attaccare lo Stato islamico. Astenersi troppo a lungo sarebbe apparso ancor più sospetto. Lasciar fare lo Stato islamico aveva come obiettivo anche di spaventare gli occidentali e di indurli a recuperare il regime "laico" di Damasco come una diga all'estremismo islamico.
L'autoproclamazione a califfo dell'invasato el Baghdadi nella Mossul appena conquistata, e l'irruzione nel vicino Iraq, rivelavano al mondo che la vera barriera al fanatismo jihadista era lui, Bashir el-Assad. Ma bisognava dissipare i sospetti. Da qui i tardivi, improvvisi bombardamenti sullo Stato islamico.
L'impegno del dittatore di Damasco non sembra favorire, come accreditato da più parti, una sua alleanza con gli Stati Uniti. Come a Londra e a Parigi, anche a Washington pare utile e giudizioso continuare ad aiutare la ribellione moderata, e al tempo stesso colpire anche in Siria lo Stato islamico. L'operazione è difficile, richiede una precisione chirurgica sia sul piano politico sia su quello militare, ma nulla è facile in questa stagione in Medio Oriente. Mentre le sorprese possono essere tante.
Al Qaeda è la madre di tutti gli jihadismi, anche se adesso molti movimenti, come lo Stato islamico, l'hanno superata nel fanatismo, nella ferocia ed anche nella capacità di raccogliere consensi e occupare territorio. L'Al Qaeda delle origini è invecchiata e non esercita più l'autorità di un tempo, sebbene siano in tanti a servirsi abusivamente del suo nome. Sia pure con altri protagonisti, la sua storia assomiglia in alcuni tratti a quella del califfato di el Baghdadi.
All'inizio fu uno strumento di cui si servirono gli Stati Uniti contro i sovietici che occupavano l'Afghanistan. Uno dei grandi teorici del movimento moderno della jihad, il palestinese "Abd Allah" Azzam (1941'89), laureato ad al-Azhar, l'università musulmana del Cairo, decise di dedicarsi alla lotta contro gli invasori russi. E nella campagna di reclutamento dei volontari stranieri collaborò con la Cia, e usufruì del suo appoggio nella raccolta dei fondi durante il lungo viaggio in ventotto Stati americani. In quegli stessi anni Ottanta selezionò anche i volontari palestinesi per Hamas, l'organizzazione islamista radicatasi soprattutto a Gaza.
Al Qaeda ha raccolto l'élite della resistenza formata da arabi e afghani e ha usufruito dell'aiuto americano, nel quadro della "guerra fredda", anche sul piano tecnico. La sconfitta sovietica fu attribuita all'aiuto di Dio, ma i missili Stinger forniti dagli Stati Uniti furono decisivi, perché privarono i russi del decisivo appoggio di aerei ed elicotteri.
Il ritiro dell'Armata rossa dall'Afghanistan precedette di poco l'implosione dell'Urss, e questo convinse Al Qaeda di avere provocato il crollo di uno dei grandi imperi della storia. Perché non sconfiggere anche quello americano, di cui erano stati lo strumento contro i russi?
Per i capi di Al Qaeda la lotta contro i sovietici era stato il preludio ad altre grandi imprese, tra le quali la liberazione della Palestina e il recupero di territori perduti, come l'Andalusia. Questa era la moderna jihad secondo Azzam.
Gli americani non avevano mai pensato che i suoi insegnamenti avrebbero portato anni dopo, quando Azzam era già morto, all'attentato dell'11 settembre a New York, e di conseguenza all'invasione dell'Afghanistan.
Neppure agli israeliani passò per la testa di favorire il consolidamento del loro futuro tenace avversario, quando agevolarono l'espansione di Hamas, nella Striscia di Gaza. Il loro obiettivo era allora di contrastare, attraverso gli islamisti, l'azione del Fronte popolare di Georges Habache. Un nazionalista marxista, come si definiva.
Ps- Habache era un cristiano
Bernardo Valli su La Repubblica del 24 agosto 2014
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!