Quel manifesto in Brooklyn Hight

Paura individuale e speranza collettiva – La “bolla sicurezza” dei garantiti e Il coronavirus inquietano. Pensare alla morte può cambiare la vita?

L’Associazione spontanea E’ MAI TARDI – formatasi all’inizio dell’anno a Torino con una ventina di soci fondatori – ha avviato una sorta di chat, per ora un ping-pong all’interno di una mailing di circa 40 registrati, per trovare idee e essere vitali una società che offre scarse opportunità di vera partecipazione. Anche nel sindacato i sentieri della partecipazione dal basso sono ardui e impervi. Utilizza www.sindacalmente.org per allargare la partecipazione, per sollecitare il vostro pensiero a scrivere una vostra opinione in “lascia un commento”; per continuare il ping-pong con più giocatori. Si pensa anche a possibili confronti utilizzando video-audio conferenze se ci sarà un riscontro tra i nostri lettori e se ne saremo capaci, e, quando possibile, anche con i più coinvolgenti “faccia a faccia”.

Cos’è in concreto la forza dei ricordi?….
…è anche uno specchio dell’anima?

In allegato potete leggere il riepilogo cronologico del ping-pong che riguarda i primi quindici giorni di maggio. Molti sono i temi citati. Qui evidenziamo le riflessioni di PierLuigi Ossola –  immaginando di leggere un manifesto passeggiando per le verdi vie di Brooklyn Hight – che sono seguite alla nota di Dora Marucco che ha chiamato in causa la morte, un tabù in particolare per la cultura occidentale. Parlare della morte significa dare un senso alla vita, sentimento ben presente in particolare per chi intravede il più o meno lungo viale del tramonto.

Nella nota del 13 maggio Doretta Marucco, interloquendo con precedenti e-mail, ha scritto: « Cari amici, ho letto non con sorpresa, bensì con qualche preoccupazione, la lettera di Pierluigi Ossola il cui stato d’animo, in parte condiviso da Renato Bresciani e in qualche modo da Mario Dellacqua  (…). Provo molta gratitudine nei confronti di Pierluigi che ci induce ad affrontare aspetti più personali  e più profondi che incidono sulla nostra operatività a favore di un bene comune. Sia chiaro che, facendo queste osservazioni, non mi considero estranea alla condizione che ci riguarda tutti, ma sono colpita dalla nostra fragilità e dalla nostra incapacità di esprimere una volontà, un’accettazione motivata o un atteggiamento critico nei confronti di ciò che succede e di ciò che ci viene imposto. Ovviamente la dimensione misteriosa dell’evento, la mancanza di strumenti per indagarlo e per affrontarlo sono una buona spiegazione, ma non basta. Faccio qualche modesta riflessione: da un lato abbiamo paura di morire e la nostra età ci fa sentire più prossima la scadenza; l’insistenza in tutto questo periodo sulla maggiore  vulnerabilità degli anziani rispetto al morbo accentua il nostro timore; l’insofferenza nei confronti dei vecchi che percepiamo nel vederci in giro o nelle code davanti ai negozi  ci dà il senso di essere degli scomodi sopravvissuti; dall’altro abbiamo difficoltà noi stessi a giustificare la nostra permanenza tanto più che non è facile per noi proiettarci nel futuro. Senza il trauma del coronavirus forse non ci saremmo fatte tante domande, ma ora sono emerse. Ritengo però che se aspettiamo di trovare qualche risposta ad esse, possiamo chiudere la nostra ancor breve esperienza. Farei ricorso invece alle sagge e profonde parole scritte da Romagnolli all’indirizzo di Ossola: sono buone per tutti….”.

A distanza di poche ore PierLuigi Ossola interloquiva così «… vi scrivo per dirvi che ho finalmente “visto” una cosa piuttosto banale ed evidente. Per me è stato un pò come trovarmi improvvisamente in un nuovo paesaggio, comparso ai miei occhi quando improvvisamente si è diradata la nebbia che me lo nascondeva. E’ capitato questa mattina poco dopo le 8 durante una passeggiata solitaria nelle tranquille ed alberate vie di Brooklyn Hight, con casette di un tempo che fu e curati piccoli giardinetti fioriti. Poche centinaia di metri ed eccomi sulla “promenade”, solitamente affollata di newyorchesi e turisti, pressochè deserta questa mattina, ma con la sua immutata vista mozzafiato, icona del nostro tempo: Manhattan ed i suoi grattacieli dall’altra parte dell’East River. Veniamo al dunque. Ho “visto” che il mio disagio non deriva dall’essere in una bolla che mi separa dal mondo esterno, come credevo fino a pochi minuti fa, ma al contrario: la bolla di sicurezza e benessere in cui mi sono abituato a vivere si sta rompendo ed ho sentito “l’odore” del mondo reale. Mi sono reso conto che sono impreparato a vivere in questo mondo reale che conosco solo per averne letto in libri ed articoli. E’ il mondo in cui vive la gran maggioranza dell’umanità che non gode di rassicuranti pensioni, e non sa cosa sia poter contare sulla disponibilità di medicinali, cure, ospedali, acqua e cibo sani in quantità ben superiore ai bisogni. E’ un’umanità che soffre e muore per malattie e disagi che chi, come me, ha sempre vissuto nella bolla del “ primo mondo” conosce solo in astratto. La bolla che mi separava e proteggeva da tutto questo si sta incrinando. Per un momento ho temuto di trovare, arrivando a casa, una mail con scritto: “ci dispiace ma il prossimo mese non potremo versarle la pensione sul suo conto in banca. Speriamo di poter riprendere a versargliene almeno una parte nei prossimi mesi … ” ed un’altra, sempre della banca, che mi informava: “viste le difficoltà del momento il suo conto è provvisoriamente bloccato”.»  (…)

In allegato trovate i testi integrali qui citati e quanto hanno finora scritto i partecipanti al ping-pong, che ci auguriamo prosegua e si allarghi come partecipanti utilizzando la sottostante finestra “Lascia un commento”…poi tireremo le somme.

Tanti bei pensieri sulla morte si trovano sul  link da cui abbiamo tratto le due immagini https://www.pinterest.it/zoroni/pensieri-sulla-morte/

Per leggere tutti gli interventi del ping-pong aprire l’allegato con la cronologia delle e-mail. Si invita a mantenere il commento in 15-20 righe, se saranno superiori verranno collocati negli allegati mantenendo tra i commenti le prime righe e il nome dell’autore.

23 commenti
  1. redazione
    redazione dice:

    Cari amici, una riflessione che desidero fare con tutti voi. Finalmente riusciamo anche a comunicare i nostri sentimenti, i nostri problemi e le nostre sofferenze in maniera semplice senza autocensure e preoccupazioni di autocontrollo. Ne sono testimonianza la lettera di Aldo e la serie di risposte che ne sono seguite. Ci dovrebbe far piacere accorgerci che tra noi c’è un legame di amicizia: una ragione in più quindi per andare avanti nelle nostre riflessioni e nel contributo che riteniamo di dover ancora dare alla società di cui vorremmo far parte non passivamente. Doretta Marucco 15 maggio 2020

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  2. Vittorio Buscaglione
    Vittorio Buscaglione dice:

    Caro Aldo,
    penso che Daghino ha colto la domanda che ci viene da una sofferenza così acuta come quella che ti ha colpito, e che negli anni ha colpito tutti noi più volte.
    Chiede cosa è la morte per chi resta in vita e cosa è per chi muore, chiede perché non è un passaggio come altri eventi importanti della esistenza.
    Qui ognuno ha elaborato una propria risposta.
    La risposta, come la percepisco, è il verificarsi di un distacco definitivo. Da un viaggio si può ritornare, da una malattia si può guarire, dalla morte non si resuscita.
    Questo è quello che il pragmatismo della cultura della nostra epoca ci ha trasmesso; come ci ha trasmesso anche l’incapacità di sopportare il dolore e l’angoscia della solitudine.
    Eppure le persone ci sono sempre presenti nella memoria, in quello che ha interagito con noi, negli effetti delle loro azioni e di quanto ci hanno comunicato. (…) per proseguire aprire l’allegato

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  3. redazione
    redazione dice:

    Armando Pomatto 16 maggio – Davvero uno strano mondo il nostro: abbiamo le levatrici che ci aiutano a nascere, ma non abbiamo ormai più nessuno che ci aiuti, ci insegni a morire ! “ ( Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra). L’accenno di Daghino mi ha richiamato questa citazione. La constatazione di Pierluigi sulla nostra impreparazione di fronte all’attuale situazione e la toccante esperienza di Aldo ricamano esemplarmente la situazione di fragilità che stiamo vivendo. Per un po’ di tempo mi ero illuso di essere tra quelli che “dovrebbero” dare una qualche indicazione di fronte all’evento del morire. Ricordo, ordinato prete da pochi mesi ero stato invitato il 2 novembre a parlare ai fedeli raccolti nel cimitero di un paesino del Canavese. Disorientamento più totale. Mi pareva impossibile non saper cosa dire e non avere appigli nella mole di libri che avevano contribuito alla mia formazione. Mi sentivo come il nuotatore invitato a tuffarsi senza però aver mai toccato l’acqua. I libri sono refrattari all’umido…ho iniziato un lungo apprendistato: imparare ad interpretare i libri partendo dalla vita e non viceversa. Con più prudenza qualche anno dopo ho affrontato la morte in modo più diretto e lacerante. Ospitavo mia nipote diciannovenne giunta alla conclusione dopo una scioccante esperienza di anoressia ( quarant’anni fa non avevo ancora sentito quella parola). Una sera di quei giorni, eravamo noi due soli, mi soffiò con un mezzo sorriso “Zio pensi che riuscirò a cavarmela”. La guardai stringendole forte un braccio. Quattro giorni dopo terminava il suo cammino alle Molinette. (…) per proseguire vai all’allegato

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    • Pierluigi Ossola
      Pierluigi Ossola dice:

      Hai ragione. La morte è una realtà di cui abbiamo difficoltà a ragionare in modo sereno ed alla quale siamo in genere poco preparati. Io non so ovviamente quando morirò e non so neppure con quale “preparazione” giungerò a quel momento. So invece della difficoltà e dell’imbarazzo che ho provato quando mi sono trovato accanto a persone a cui volevo bene che stavano morendo. Ho sempre fatto molta fatica a non nascondermi dietro frasi “consolatorie” volte a esorcizzare la morte. Ci sono riuscito solo pensando che sono proprio le frasi che non avrei voluto sentire se a morire fossi stato io.
      Molti anni fa (circa 25) ho iniziato ad occuparmi “professionalmente” di formazione a distanza e per questo ho avuto modo di entrare in contatto e di studiare l’esperienza della Open University inglese che è una istituzione universitaria molto qualificata nata per volontà dei laburisti inglesi sulla base della convinzione che “pane e cultura” sono diritti fondamentali da assicurare a tutti i lavoratori. L’open University oltre ai tradizionali corsi universitari offre anche corsi per “la comunità” e tra questi mi aveva molto colpito il corso “come accompagnare un ammalato grave alla morte”. Era un corso semplice e molto ben fatto. Avevo tentato di tradurlo e di proporlo qui in Italia, ma non ero riuscito a trovare nessuno interessato a sostenere l’iniziativa. Le parole scritte da Armando Pomatto mi hanno fatto venire il desiderio di andare a cercare i materiali di quel corso tra le mie vecchie carte e di riprenderle in mano, magari anche solo per “autofrequentarlo” io stesso. Un abbraccio PierLuigi

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  4. redazione
    redazione dice:

    Pierluigi Ossola – 16 maggio – Carissimi, ho scritto questo breve testo (vedere l’allegato) per la rivista “domiciliando” dell’Associazione “la bottega del Possibile” di cui sono socio e con la quale da tempo collaboro. Lo invio anche a voi perché forse vi può interessare e perché riguarda i temi su cui stiamo riflettendo insieme. Fraterni saluti. Un abbraccio Pierluigi

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  5. redazione
    redazione dice:

    Renato Bresciani -16 maggio – Caro Aldo, anche se in ritardo , ti esprimo le mie condoglianze e la mia vicinanza al tuo dolore. Mi spiace molto. Nonostante la imprevedibilità di questa tragedia della pandemia, che ha colpito non poco le nostre regioni, credo non si possa attribuire tutto principalmente alla sfortuna o al destino …La riflessione che mi viene naturale dopo questi mesi e queste tragiche vicende di concentrazione di morti, é questa. Resto ancora convinto della buona qualità del nostro sistema sanitario, specie in termini di qualità delle prestazioni offerte negli interventi ospedalieri e di quantità delle analisi, degli esami e delle medicine messe a disposizione in modo, credo, ancora abbastanza sostenibile. Quello invece che mi pare difficile da accettare e da giustificare é la concentrazione degli esiti negativi dei contagi nelle RSA, senza aver organizzato tempestivamente una risposta collettiva più efficace. Capisco anche che ci possa essere stata qualche settimana di comprensibile disorientamento e difficoltà, ma che dopo questo tempo iniziale non si sia stati in grado di costruire una risposta organizzata che riducesse la contagiosità nei luoghi di cura e che distribuisse in maniera più efficace i contagiati, mi sembra non accettabile. Non si conosceva la specifica pericolosità del corona-virus, ma non si poteva non conoscere la carica di contagiosità dei virus. E tutto ciò senza nulla togliere allo strenuo e generoso impegno del personale medico e infermieristico dei luoghi di cura ….. Mi riservo di tornare con qualche riflessione sulla situazione e sul futuro del nostro paese dopo questa vicenda, magari anche con qualche riferimento alla scuola. Dove certamente l’ipotesi di una ripresa delle attività presenta non piccoli rischi per la presenza insieme di tanti bambini, e quindi non é da sottovalutare, ma non per questo é accettabile un atteggiamento quasi solo attendista del Ministro, e di fatto il rinvio continuo di ogni progettazione e programmazione della ripresa delle attività didattiche …..Si parla di settembre, ma se non si precisano ipotesi organizzative sostenibili ed efficaci, anche settembre arriverà inutilmente, e la scuola non ricomincerà …. Renato

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  6. redazione
    redazione dice:

    Gian Giacomo Migone – 16 maggio – Giuste osservazioni di Renato. La nostra sanità tutto sommato funziona, anche se intaccata da tagli di risorse degli ultimi anni che hanno favorita numerose privatizzazioni indebolendo la rete delle prevenzioni e del sostegno a domicilio a domicilio. Non a caso, la Lombardia ha mostrato la corda. Gian Giacomo Migone

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  7. redazione
    redazione dice:

    Aldo Romagnolli – 17 maggio – Caro Pierluigi, sei proprio un fuoriclasse .una persona normale dorme,sogna, ha degli incubi e tu invece rialzi e scrivi ricordando tutto il Travaglio mentale della notte. Io per la verità ho la quasi certezza che se tutto va bene e usciremo ,per chi ne uscirà vivo,ricominceremo per molti da dove aveva interrotto il suo tran tran di vita per molti altri invece ricomincerà un calvario piu difficile di quello dal quale pensava di esserne uscito dopo sacrifici e rinunce che avevano consumato una mezza vita.
    Non nascondo il mio pessimismo anche perché altro non vedo che appelli astratti a buone intenzioni Ma nessun progetto o idea di progetto serio alternativo allo attuale stato delle cose.
    I nuovi paradigmi che dovrebbero animare le nuove progettualità per ora rimangono ancora parole incomprensibili e astratte riducendosi a una ripetizione di buone intenzioni che non hanno forza per mettere in movimento i principi di solidarietà, eguaglianza, amore per il pianeta, partecipazione, nuove fonti energetiche, nuovi modelli di organizzazione del lavoro e di vita.
    Forse é ancora presto e io voglio sperare che la scintilla positiva riesca a innescare i nuovi processi per le nuove generazioni. Ciao PieLuigi continua a non dormire e a dormire producendo provocazioni ciao ancora Aldo

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    • Pierluigi Ossola
      Pierluigi Ossola dice:

      Caro Aldo,
      sento anch’io la necessità di andare oltre gli appelli astratti e … in attesa racconto delle mie passeggiate, dei miei incubi e … sogni. E’ proprio per questo che ho proposto la scrittura a più mani di un MANIFESTO con proposte concrete da utilizzare per raccogliere adesioni e sollecitare partiti, sindacati ed organizzazioni varie di rappresentanza.

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  8. redazione
    redazione dice:

    Mario Dellacqua – 17 maggio – Aldo Romagnolli ha scritto quello che io penso e non sono capace di scrivere meglio. I progetti sono tutti astratti e anche quando i loro ideatori prendono il potere, sono costretti, se onesti davanti almeno al tribunale della loro coscienza, a riconoscere sempre un fatale discostamento fra programmi e loro realizzazioni. E’ capitato ai sovietici e persino ai fascisti. Capita a tutti quelli che inseguono il mito dell’uomo nuovo (il primo fu Paolo di Tarso a fare i conti con l’eterogenesi dei fini). Dunque non abbattiamoci per questo. Il punto di vista che ho maturato è il seguente: non vedremo la nuova stagione che vorremmo, ma custodiamo la nostra dignità e il nostro decoro personale (non nel senso guicciardiniano della rassegnazione al potere) facendo quanto ci è possibile al meglio delle nostre possibilità per salvare il salvabile e preparare la sperimentazione di una svolta. Non tutto e subito, diceva Gianni Alasia, ma qualcosa ogni giorno nella direzione giusta. E’ già tanto se riusciamo a diffondere la consapevolezza di questa ansia che non ci stringe ancora la gola perchè lascia aperte molte consolazioni e deroghe a porzioni dell’umanità. Spero di non avervi annoiato ma almeno salutato sì. ciao Mario

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  9. redazione
    redazione dice:

    Aldo Celestino – 19 maggio – Carissimi amici, grazie per le belle parole di amicizia e di affetto. Vi giuro che mi sono commosso per questa ondata di calore. Ma anche per le vostre riflessioni e spunti di cui farò tesoro.
    Carlo pone con forza la crudeltà del passaggio ad altra vita che riguarda ora uno dei familiari ma che tocca tutti. Non mi ero posto questo problema ma accolgo l’invito alla riflessione.
    Sampo’ testimonia la perdita del suo carissimo fratello ma osserva la diversità dovuta dal trauma violento del virus killer.
    A Vittorio rispondo che non è tanto il rifiuto della morte, tipico di questa società secolarizzata, che intendevo manifestare con la mia mail quanto il modo e le assurde condizioni. Certo sono d’accordo con te che restano sempre presenti nella nostra memoria sia gli affetti che le azioni.
    Doretta ha colto molto bene quale sia stato il trauma che ho sofferto. Infatti ha evidenziato l’aspetto della cura e del rispetto alla persona che soffre ed è solo nella fase finale della sua esistenza.
    A Renato rispondo che non intendevo dare un giudizio negativo sulla sanità. Ma pur rilevando che il nostro modello è uno dei migliori, nella gestione della pandemia sono stati commessi molti errori. Ho evidenziato solo la vicenda delle RSA, ma credo sia necessario ritornare sulla questione.
    Ringrazio Maurizio per la preziosa testimonianza sull’IPAB di Trino Vercellese e sul problema comune della carenza di mezzi di protezione. Giangiacomo grazie per aver colto appieno il mio pensiero del collegamento tra vicenda personale e questione di analisi ed impegno politico. Da vero militante, quale sei e sono.
    A Mario grazie per avere evidenziato l’ondata di comprensione ed amicizia che emersa nello scambio epistolare. Ti chiedo di spiegarmi cosa intendi con “pretendiamo che la storia della degenerazione della nostra memoria, creatività e potenza sessuale coincida con la perdita dei valori e della corruzione dei costumi.”
    A Pierluigi infine grazie per aver innescato il tema della persona e dei sentimenti che entrano in gioco a fronte di questa assurda ma reale situazione di isolamento.
    Chiudo con questo: sono in ballo temi da far tremare i polsi. La guerra aperta tra i cattivi ed i buoni non so come finirà. Spero che prevalga la consapevolezza che il mondo è piccolo, fragile e le questioni sanitarie, ambientali, sociali ed economiche vanno affrontate tutte insieme. Si questo spero che avremo molto da discutere.
    Infine un grande grazie ad Adriano e Toni, che con la loro perseveranza e genialità tengono unito questo gruppo.
    Grazie ancora per l’affetto che mi avere manifestato ma soprattutto per avermi dimostrato una grande amicizia. Un forte abbraccio a tutti. Aldo

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  10. redazione
    redazione dice:

    Gianna Molinari – 22 maggio – Cari amici, seguo con molto interesse le vostre riflessioni a distanza, che mi sollecitano a partecipare a un dialogo così ricco. Le mie condoglianze, sia pur tardive, a Aldo Celestino. Difficile trovare parole di conforto al dolore di una perdita così importante e avvenuta in modo atroce. Posso solo dire che partecipo commossa. Per il resto, queste riflessioni significano amicizia, dialogo, partecipazione a quanto è avvenuto e sta avvenendo, e una domanda: giunti a questa “venerabile” età, come possiamo impegnarci per “cambiare il mondo”?
    No, non cambiare il mondo, questo dicevamo moltissimi anni fa. Oppure: posso io ancora dare qualcosa al mondo? Gli ideali per cui mi sono impegnato nella vita sono stati delusi? Il mio impegno allora è stato vano? Io mi accorgo di essere un’inguaribile ottimista e decido che voglio ancora impegnarmi, forse più per me stessa che per gli altri, cercando di scrivere, di partecipare, cercando di capire questo mondo radicalmente cambiato. Non so se ci riesco, non so con quali risultati, ma ci provo. Cerco di vivere. A Doretta dico che non mi sento una sopravvissuta e non mi pare che la gente mi guardi considerandomi tale. Come dice Enzo Bianchi, è bene aggiungere non giorni alla vita, ma vita ai giorni. In questi mesi tremendi abbiamo potuto riflettere di più, fare un bilancio della nostra esistenza, eliminando il bagaglio di vanità, orgoglio, egocentrismo. Ricordo anni fa un prete che diceva che l’importante è aver mantenuto le mani pulite.

    E, venendo adesso al discorso sulla Sanità piemontese (di altre non so bene), si deve riconoscere che se da un lato gli ospedali hanno dato il massimo in una situazione del tutto nuova, difficilissima da gestire per l’assenza di una terapia specifica e per l’enorme quantità di malati, dall’altro le scelte degli amministratori non sono state sempre all’altezza. Chi non fa non falla, è vero, e in complesso la macchina ha funzionato. Però solo da pochissimo si è deciso di coinvolgere concretamente i medici di base, inoltre all’inizio mi pare che le comunicazioni istituzionali siano state a volte confuse, con iniziative di cui non si conosce l’esito; e poi c’è stata l’enorme disattenzione (indifferenza?) nei confronti delle persone ospiti delle case di riposo. Questo è imperdonabile!
    Un altro scandalo è stato il trattamento dei senza fissa dimora a Torino, la fretta con cui sono state smantellate le baracche in Piazza d’Armi senza studiare prima dove sistemare queste persone. Non so se ora sono state sistemate, ma è stato consentito che dormissero qualche notte per terra, senza riparo, senza igiene. Questo è gravissimo.

    Salto di palo in frasca, ma si sono viste tante cose positive: il volontariato dei giovani, e anche, permettetemi, questo vostro modo di riflettere, dialogare, partecipare. Oggi, a 50 anni esatti dallo Statuto dei lavoratori, lo considero il vero patrimonio della Cisl che si è mantenuto nel tempo. Permettemi ancora due considerazioni: in questo periodo l’unica grande figura che mi ha dato sostegno è stato papa Francesco; le sue omelie da Santa Marta sono state un sorso di ossigeno, l’apertura di nuove prospettive. Un’altra grande figura che ha colorato le mie giornate è stato Ezio Bosso. In lui musica, malattia, vita e morte si sono fuse con un risultato spiazzante. Non lo dimenticherò.
    Chiudo qui e vi ringrazio tutti, ma in particolare Adriano e Toni, che rendono possibile Sindacalmente. Gianna Montanari

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    • Pierluigi Ossola
      Pierluigi Ossola dice:

      Pierluigi Ossola – 24 maggio – Grazie Gianna. Quanto tu scrivi mi ha sollecitato a riflettere sul “che fare ”. Presto nuove abitudini, certezze ed assetti economici si sostituiranno a quelli su cui si fondava la nostra società prima del Covid 19 . Alcuni segnali fanno però temere che saranno peggiori degli attuali. Si è aperto un periodo di “riassetto”, che non sarà lungo, perché il nostro mondo non sopporta l’incertezza. Presto si affermeranno nuovi paradigmi e “certezze”. I giochi attorno a questa inedita opportunità sono già ampiamente aperti. Mi sembra che sindacati, associazionismo, cooperazione e forze politiche ne siano sostanzialmente soltanto spettatori, soprattutto per quanto riguarda il fondamentale piano strategico, con qualche accenno ad entrare in campo in posizioni difensive e di fatto subalterne.
      Credo quindi che stiamo vivendo un tempo in cui è molto importante fare uno sforzo eccezionale per essere propositivi e “giocare all’attacco”.
      Noi siamo un piccolo gruppo fatto di persone che per motivi diversi, anche anagrafici, sono ai margini della politica e dell’economia. Non siamo però un gruppo di pensionati che si trovano sulla panchina, al bar o su Facebook per … ricordare i bei tempi … criticare l’universo mondo, e convincersi a vicenda che … non c’è più niente da fare …
      Adriano e Tony, con grande impegno, stanno tenendo vivo e “rinnovando” il blog sindacalmente. E’ una risorsa importante che offrono a tutti noi.
      Mi pongo allora due domande.
      La prima è: “E’ proprio necessario chi io/noi facciamo qualche cosa ? In fondo ho/abbiamo già dato e le nostre batoste ce le siamo già prese. Perché “provarci” ancora?
      La seconda è: “cosa potremmo fare noi in positivo, se decidessimo che vogliamo ancora provarci?”

      (…) il commento molto lungo, un completo articolo, prosegue proponendo criteri, titoli e metodo per definire una PIATTAFORMA PROPOSITIVA che potete LEGGERE nella’allegato in pdf OSSOLA_due domande e piattaforma

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  11. redazione
    redazione dice:

    Dora Marucco – 22-5-20 Il contributo di Gianna è da valorizzare con altri commenti. Una precisazione: non sono io che mi sento una sopravvissuta, ma spesso in questo periodo in cui l’istinto di conservazione ha raggiunto punte molto elevate mi sono accorta di essere percepita come colpevolmente tale. Gianna ci induce a riflettere su come intendiamo utilizzare il tempo di vita che abbiamo davanti a noi, non più per rivoluzionare il mondo, ma… Il discorso è aperto. Saluti. Doretta

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  12. redazione
    redazione dice:

    Mario Dellacqua – 23 maggio – Ho visto ieri sera in TV il film sulla vicenda di Felicia Impastato e mi chiedevo come fosse possibile che donne capaci di esprimersi solo in dialetto siciliano osino presentarsi con tanta fierezza davanti al giudice, allo sghignazzo provocatorio dei manutengoli della mafia, agli inviti del vicinato a piangere in silenzio e con dignità la perdita del proprio figlio. E non sono figure d’altri tempi. Quando cado in depressione, vedo tutto nero e mi chiedo se vale la pena “insudare molto nelle cose” come si chiedeva Machiavelli nell’ultimo capitolo del Principe. Ma da ieri sera so meglio come affrontare la prossima depressione. Spero di poter almeno “voltolare un sasso” se serve alla repubblica, come si può leggere nella lettera al Vettori. Non cambiare il mondo, ma dare qualcosa al mondo, come ci dice Gianna Montanari. Un abbraccio a tutti e fatevi vivi che vi leggo. Ciao Mario

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  13. antonio ferigo
    antonio ferigo dice:

    care amiche ed amici,
    Innanzitutto grazie per i vostri contributi alla conversazione. Chiari, semplici nel linguaggio e profondi . Colgono bene l’invito di Doretta di partire dal nostro vissuto anche rompendo tabù. Oltre alla morte aggiungerei il male , del perché esiste. Il dottore nel suo grande romanzo La peste, chiede al padre gesuita,” perché padre la sofferenza di questi bambini innocenti ?”.
    Ho cercato in questo periodo di seguire consigli di miei maestri di meditazione, ” che non è solo il sedersi a gambe incrociate”. Esaminare come vivo il mio esistere cosa tentare di correggere, cos,a accettare,cosa fare e come fare senso al poco o tanto tempo che resta. Ho constatato quanta confusione ci sia nella mente, quanto siano ballerine quelle chiamiamo convinzioni,quante siano le ” idee con cui non siamo d’accordo,,” per usare una frase di Bion,un grande psicoanalista. Tenterò di sistemarle e metterle per iscritto come mio contributo al nostro bel gruppo. Poca diversità con quanto ho. letto, forse qualche cosa in più su quanto c’è nel presente per impedire che sia peggiore. Il virus ci dimostra che la storia non è finita e che il non previsto ,un altro piccolo tabù, è sempre dietro l’angolo. Bisogna accettare la
    l’incertezza, non come una fatalità ma come una possibilità,senzà lasciare ai nuovi autocrati reazionari di essere l’ avvenire .di. imporre il ritorno del passato. E ‘ il momento di preparare il mondo che verrà ma soprattutto di dire quello che non vogliamo..

    PS non scrivo dà molto tempo per diverse ragioni compresa quella del pessimismo.Riprendere non è facile.Come scriveva Fromm tutto nella vita e’ un arte, se non la si coltiva appassisce. Vi chiedo pazienza se non sarà un granché.

    Toni

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    • Pierluigi Ossola
      Pierluigi Ossola dice:

      Caro Toni,
      non desistere: ricomincia a scrivere. Sarà un grande servizio che farai a noi tutti ed anche a te stesso.

      Anch’io in questi mesi ho ripensato a molte cose della mia vita e ho vissuto stati d’animo diversi.
      Concordo pienamente con te sull’importanza di riuscire a vedere ed accettare fino in fondo l’incertezza come una “possibilità” che abbiamo a disposizione e non come un “accidente”, poiché l’incertezza è la condizione esistenziale che caratterizza da sempre la vita di ogni essere vivente. Forse, come sostengono le tutt’altro che infondate teorie del caos, l’incertezza caratterizza la vita stessa dell’Universo. Credo proprio che non possiamo fare altro che prenderne atto e vedere come valorizzare il “bicchiere mezzo pieno” che la vita ci offre.

      Sapere che l’incertezza è la nostra condizione esistenziale mi fa provare un grande senso di libertà, poiché mi libera dall’ansia di dover cercare certezze e sicurezze che, sfuggendomi in continuazione, mi creano ansia e preoccupazione, ma mi libera anche dall’oppressione di dover cercare e predicare la Verità. Mi sono infatti convinto che la VERITÀ esiste, ma che per fortuna appartiene alla dimensione della FEDE e non a quella dell’umana razionalità. Anche la Fede, in quanto libero atto di fiducia in realtà che trascendono la nostra ragione, deve essere in continuazione rinnovata e non ci sottrae quindi all’incertezza.
      Cercare di comportarmi non in base ai dettati di Verità che mi sovrastano, ma come mi suggerisce la mia coscienza, cioè i valori che ho via via scelto come fari (che posso sempre decidere di cambiare) per “navigare” nell’incertezza, mi da il senso della vita come di un’avventura emozionante fatta di una continua dialettica tra imprevisti e possibilità, gioie e sofferenze, dubbi e atti di fiducia. In questa avventura ho più volte sperimentato che “non ci si salva da soli”.
      Una pensione, una casa e qualche soldo in banca danno l’illusione di una possibile “sicurezza individuale”, ma l’attuale pandemia ha fatto toccare con mano anche a noi “privilegiati” che tutte le nostre sicurezze possono essere spazzate via in un istante da una miriade di possibili eventi imprevisti ed imprevedibili. So per certo che sarò un po’ più “sicuro” e che lo saranno anche le persone a cui voglio bene, solo quando tutti potranno godere delle condizioni necessarie per vivere decentemente. Questo è un motivo per me essenziale, anche se certamente egoistico, per volere un mondo più equo.

      In questi mesi mi ha molto aiutato il dovermi dedicare molte ore al giorno alla mia nipotina: una bimba che ha appena compiuto 5 anni e che è impegnata con tutto il suo essere a vivere, crescere ed allo stesso tempo a godere a fondo di ogni istante. Ogni giorno è per lei una scoperta ed anche per me lo diventa un po’.
      Caro Toni, forse sono condizionato dal molto tempo che passo con la nipotina, ma mentre concordo con te sul fatto che è stiamo vivendo un momento importante per preparare il mondo che verrà, credo che sia soprattutto il momento per proporre e sostenere le cose concrete essenziali che davvero VOGLIAMO. Con i NO si fa poca strada. Ne ho fatto nella vita molte esperienze. Le cose che NON VOGLIAMO sono una grande palude in cui si sprofonda.
      Meglio lasciare stare le paludi, che generano solo paura, e concentrarsi sul produrre i mezzi necessari per prosciugarle, cioè cose positive, capaci di risvegliare e dare vigore alle energie vitali necessarie per rendere fertile la terra dove viviamo. Componente essenziale di tutte le nostre energie vitali è la “speranza” che si alimenta di obiettivi positivi. Senza speranza non c’è futuro.

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  14. redazione
    redazione dice:

    GIANNA MONTANARI – 27 maggio – Caro Pierluigi, ti ringrazio cerco di rispondere alle tue nuove sollecitazioni e proposte al gruppo.
    E’ sicuramente vero che “presto nuove abitudini, certezze ed assetti economici si sostituiranno a quelli su cui si fondava la nostra società prima del Covid 19”. E quando dici: “Mi sembra che sindacati, associazionismo, cooperazione e forze politiche ne siano… soltanto spettatori”, intendi dire che tutti i giochi saranno fatti dal potere economico (multinazionali ecc.), e che anche la politica andrà al traino degli interessi finanziari internazionali, e anche, magari, di quelli della criminalità organizzata? Temo che ci sia ben poco da fare, se è così. L’unica è coltivare il proprio giardino. In una situazione simile si può “giocare all’attacco” contro i cosiddetti “poteri forti”? Ebbene sì. Mi viene in mente un’osservazione di Machiavelli nell’ultimo capitolo del Principe, quando invoca la casa dei Medici perché salvi l’Italia percorsa dagli eserciti stranieri, perché un suo principe ripeta le grandi imprese di Mosè, Ciro, Teseo, che seppero liberare gli ebrei, i persiani, gli ateniesi dalle loro catene. “E benché quegli uomini sieno rari e meravigliosi, non di manco furono uomini…”. Naturalmente lungi da me l’idea di paragonare questo nostro gruppo ai condottieri dell’antichità… Ma voglio dire che chi possiede le risorse umane d’ingegno e la buona volontà, le deve sfruttare, senza illusioni, ma con speranza.
    Riguardo alle tue due domande, cerco di rispondere alla seconda: che cosa possiamo fare concretamente? Credo anch’io che per noi non sia tempo di vertenze e rivendicazioni, ma anche sulla costruzione di una piattaforma, se capisco di che si tratta, ho dei dubbi. Se vuol dire raccogliere e mettere nero su bianco tutti gli elementi che compongono il quadro, ad esempio, dei problemi del lavoro oggi (dopo la pandemia) e da essi trarre nuove prospettive nella direzione dell’obiettivo del bene comune, penso che avete già una buona parte di lavoro fatto con tutta la documentazione di Sindacalmente. Si tratta di darsi quello slancio in più che porta a semplificare e sintetizzare il discorso, concentrandosi sul tema del lavoro. Ma, fatto questo (domanda: chi lo fa?), a chi si propone? Quali interlocutori credibili trovare?
    Ho in mente l’esperienza dell’associazione Politica (www.politicaassociazione.it), di cui faccio parte. Negli anni abbiamo incontrato persone competenti che ci hanno fornito informazioni di prim’ordine sul lavoro, sulla politica italiana, sull’economia, sull’ambiente (il tema su cui vorremmo continuare il discorso). Ma purtroppo, nonostante la buona volontà dei pochi che siamo, tutto è rimasto a livello di documento.
    Come agire? Chi coinvolgere e in che modo? Queste sono le domande a cui non so dare risposta.
    Rimanere sul campo è già molto importante, dialogare fra di noi anche. Con speranza. Gianna

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  15. Pierluigi Ossola
    Pierluigi Ossola dice:

    Grazie Gianna.
    Si, intendevo proprio dire che in mancanza di un’ assunzione di responsabilità e iniziative forti e “strategiche” il sindacato e la politica andranno al traino degli interessi finanziari internazionali, e anche, di fatto, di quelli della criminalità organizzata.
    Io non credo che non ci sia niente da fare. C’e’ sempre qualche cosa da fare, magari poco, ma ogni cosa conta !
    La mia proposta di “piattaforma propositiva” è qualche cosa di più di una “lettera aperta” da inviare a partiti, sindacati, soggetti economici. Non è neppure l’elenco delle tantissime cose che si “dovrebbero” fare. Dovrebbe essere il risultato di uno sforzo collettivo volto a mettere in evidenza poche priorità strategiche di cose concrete da fare subito ed inviarle in modo pubblico e sottoscritto da quante più firme possibili ai sindacati, alle forze politiche ed anche ai soggetti economici (l’economia non è un mondo compatto con interessi necessariamente contrapposti a quelli dei cittadini/lavoratori) per chiedere loro di unire i loro sforzi per realizzarle.
    Con speranza (mi piace molto questo tuo saluto Gianna) Pierluigi

    Rispondi
  16. redazione
    redazione dice:

    Adriano Serafino – 2 luglio – Ho trovato molti spunti nelle e-mail e negli allegati – seguiti ai primi scambi tra Doretta e Pierluigi – che vorrei approfondire definendo un metodo indicizzato come suggerito da Vittorio.
    Siamo over 70: un crinale per un verso “privilegiato” per osservare la vita, capire il senso della vita; per l’altro “svantaggiato” per la mancanza materiale del tempo in cui collocare visione e futuro, occupato dallo spazio/tempo del viale, più o meno lungo, del tramonto della propria vita.
    Penso che tutti noi ne abbiamo coscienza, cosa invece difficile è trovare quel particolare livello di amicizia e di confidenza per parlarne, come ad esempio abbiamo fatto in gioventù al sorgere dell’amore. E poi da adulti quella confidenza è scemata. Si fa in fretta a dire che la morte e la vita sono le facce della stessa medaglia. Già! Mi sono convinto, senza la prova di un contraddittorio, che se il tema e il mistero della morte (e soprattutto del post morte e del come si vorrebbe morire) facessero parte attiva della nostra cultura, ben difficilmente il modello di società sarebbe quello attuale, e ben difficilmente ci sarebbe tanta assuefazione ad “adagiarci” nella quotidianità di vita e di lavoro fondati su pubblicità ingannevole, iperconsumismo, lavori che alienano. Per me, l’ultima riflessione in merito risale a tanti, tanti anni fa! Mi piacerebbe riprendere questo grande tema – in confidenza e in complicità per l’insicurezza di quei ragionamenti che restano in sospeso – collegandolo al senso, al valore e alla forza che possono avere i ricordi quando si è nel viale del tramonto. E poi, come prepararci all’addio alla vita, riflettere se davvero è possibile accogliere la morte come inizia la ballata di Fabrizio De André
    La morte verrà all’improvviso
    avrà le tue labbra e i tuoi occhi
    ti coprirà di un velo bianco
    addormentandosi al tuo fianco ….
    Oppure pensare alla morte com’è descritta nel film di fantasia Vi presento Joe Black con Anthony Hopkins e Brad Pitt – Pensando alla morte si pensa anche al destino dell’anima – e cosa essa sia – come ne ha descritto Vito Mancuso in uno dei suoi primi libri. Un testo alquanto eretico “coperto” da una prefazione del Cardinal Martini.
    Certo mi sentirei attratto e molto impegnato per un gruppo-riflessione su queste problematiche, per dare forza alla vita che resta…..e poi, certo, ne faremo anche un altro per le questioni sindacali. Si può tentare…Ciao Adriano

    Rispondi
  17. Pierluigi Ossola
    Pierluigi Ossola dice:

    Caro Adriano,
    sul cosa verrà dopo la morte mi verrebbe da dire: “chi morirà vedrà” e, poiché moriremo tutti, tutti vedremo. Confesso che sono un po’ curioso di “vedere”, anche se sono propenso a pensare che non vedrò purtroppo niente, perché “non ci sarò più” e quindi più tardi verrà il momento e meglio sarà. Invidio un po’ chi ha la Fede e con essa la capacità di affidarsi all’amore dio Dio e la Speranza in una “vita dopo la morte”.
    Non mi sento “sul viale del tramonto”. Sento di avere il privilegio di vivere in sufficiente salute una stagione della vita che molti altri non hanno purtroppo potuto assaporare. E’ una stagione bella come le altre che ho vissuto in precedenza. Come ogni stagione è caratterizzata da propri colori, profumi e sentimenti.

    Per una buona parte di questi miei primi 73 anni di vita ho avuto due FEDI che mi hanno guidato: quella Cristiana e quella nel Socialismo e nell’umana ragione.
    Come hanno potuto convivere queste Fedi ? La risposta è forse banale: non hanno convissuto pacificamente ma pagando il prezzo di continui conflitti in cui si sono alternati vincitori e vinti.
    Da molti anni la Fede nel socialismo si è trasformata nella Speranza di una società più giusta e fraterna ed in un altalenante impegno per sostanziare questa speranza con opere in grado di darle un qualche appiglio e concretezza.
    La Fede cristiana, a un certo punto è “andata in coma”. Il pontificato di Papa Francesco le sta parlando con affetto e testardaggine per farle riprendere coscienza. Chissà, forse riuscirà a riportarla in vita…. per continuare aprire l’allegato Risposta a Adriano_Pierlugi

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  18. redazione
    redazione dice:

    Armando Pomatto – 3 giugno – “Insegnaci a contare i nostri giorni I nostri cuori scopriranno la sapienza”. In questi mesi di pandemia il Salmo 90 mi ha fatto buona compagnia. Anch’io ho dovuto fare i conti non solo con i miei anni ( ne sto compiendo ottanta), ma anche con i molti eventi che si sono susseguiti da tre mesi a questa parte. Gli ospedalizzati e i ricoveri in terapia intensiva, la mancanza di mascherine, la dedizione di medici, infermieri, operatori vari della sanità, i momenti di isolamento e l’attesa di una nuova ripartenza, le cifre del disastro economico che sta colpendo soprattutto i più deboli della nostra società…e in particolare il numero desolante dei morti, tre quarti dei quali miei coetanei “se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero”. Mi sono sentito non poco coinvolto…
    Contare significa non solo fare un bilancio, l’invito del salmista è più impegnativo: dopo aver preso atto del tempo vissuto è bene interrogarsi su quale lezione questo tempo ci abbia lasciato, quanto il significato e il valore del suo trascorrere abbiano segnato le mie giornate. Questo invito a porre maggiore attenzione “ai miei anni”, l’ho vissuto in particolare nove anni fa dopo aver superato una brutta polmonite che aveva ridotto al lumicino la facoltà dei miei alveoli polmonari. Due mesi dopo ricevetti due telefonate per me significative che mi lasciarono un dolce ricordo anche dei miei anni in sindacato. Adriano Serafino e Alberto Tridente chiedendo delle mie condizioni risvegliavano dopo quarant’anni, il mio primo impegno nella Fim torinese. Piccolo segno dei tanti momenti di confronto, scambio e sostegno reciproco di un lavoro che pur nelle sue contgraddizioni, conteneva spazi esaltanti di attenzione a quanto stava succedendo nella nostra società.
    Un’esperienza dove ideologia e rapporti umani si dosavano con intelligenza, come sembra suggerirci l’autore del Salmo: avere gli occhi puntati ad un Orizzonte più vasto, tenendo però ben fissi gli occhi sulle fragilità dell’uomo.
    Adriano manifesta l’esigenza di una riflessione sulla prima delle nostre fragilità, la consapevolezza del porre termine ai nostri giorni.
    Ho già balbettato qualcosa in merito, non vorrei dilungarmi più di tanto.
    Una sola constatazione; apprezzo molto il suo invito a valorizzare quella parte di noi che apparentemente ha così poco a che fare con la nostra consuetudine ai rapporti sociali e
    contrattuali: la confidenza. Non solo il rapporto di coppia, anche l’amicizia, le relazioni che non intendano fermarsi solo alla pura formalità, dovrebbero presupporre questo atteggiamento di apertura e fiducia reciproca.
    Posso paragonare questo tempo di pandemia vissuto da amolte persone, in particolare sole e anziane, alla prova vissuta dall’uomo Gesù di Nazareth nell’Orto del Gethsemani? Egli grazie alla sua formazione religiosa impregnata dall’idea dell’interventismo divino prega Dio di essere esonerato dalla sfida della morte; ma la sua confidenza con colui che percepiva come Padre, gli suggerisce una speranza che va oltre il momento della prova “Padre nelle tue mani affido la mia vita”.
    Da quel momento il ricorso al dio tappabuchi perde ogni legittimità nella visione religiosa del nazareno: solo l’estrema fiducia nell’amore ha senso di fronte al male e alla morte. Leggere in questa prospettiva nei Vangeli in particolare in quello di Marco, la pratica di Gesù a favore dell’uomo può offrire qualche barlume ai dilemmi posti da Adriano. Ciao Armando

    Rispondi
  19. redazione
    redazione dice:

    Toni Ferigo – 9 giugno – Spesso ai critici con una certa età , come noi, viene rimproverato di essere rimasti al secolo scorso ,senza spiegare il perché. È indubbio che è necessario innovare, mantenere quanto serve e elaborare il nuovo. Il problema è assai complicato , lo abbiamo visto quando si trattò di aggiornare l’azione sindacale di fronte a cambiamenti soprattutto nella organizzazione del lavoro e dell’impresa. Fu un mezzo disastro per mancanza di preparazione, limitata ricerca e sperimentazione , mediocre conoscenza da parte dei gruppi dirigenti. La partecipazione divenne l’araba fenice , “ tutti dicono che c’è ma nessuno sa dove è”. Si fece allora evidente come fosse iniziato il cambiamento che ha portato alla situazione dell’oggi. Il progressivo distacco dalla cultura del 900.

    Una cultura fatta di valori,conoscenze,visioni del mondo e del lavoro : .senso di appartenenza .la fierezza di essere operai, la produzione di riviste , ricerche, i rapporti con il mondo della cultura e anche dell’arte,della scienza. Questo mondo si chiamava Movimento Operaio. Oggi il MO non esiste più e di conseguenza non c’è una cultura del lavoro, progetti di ricerca,un anelito verso una diversa società. Il grande problema dell’oggi è la ricostruzione del MO. Senza un orizzonte non si viaggia. E’ preoccupante che nel grande parlare del dopo virus non venga mai accennato a alla grande esperienza del MO. I giovani non sanno cosa sia, gli storici producono saggi, anche interessanti, ma poco utilizzai per discutere. Nel linguaggio è raro sentire la parola solidarietà, autonomia di pensiero.
    Ricostruire può sembrare un obiettivo utopico. E’ però una utopia necessaria.
    . La ricostruzione ha bisogno di un progetto oltre che di una volontà e presa di coscienza . Un progetto in cui l’esperienza di chi il MO lo ha vissuto e’ indispensabile . Qualche cosa si muove. L’invito di G. Cella a preoccuparsi di cultura lavoro è un segnale. Il vecchio slogan vale ancora “eppur si muove” Toni.Ferigo

    Rispondi

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