«Mimì Capatosta. Mimmo Lucano e il modello Riace» di Tiziana Barillà, pubblicato da Fandango. Questo libro ben descrive il modello Riace, comune della Locride (RC). Un modello in cui sicuramente l’accoglienza degli immigrati “si trasforma in una risorsa in grado di contribuire a risolvere problemi come lo spopolamento del paese, la scomparsa di attività lavorative tradizionali e si integra con questioni quali lo smaltimento dei rifiuti o la gestione dell’acqua come bene comune”. Così sottolinea Mauro Trotta nell’articolo su Il Manifesto (allegato).

Un modello di accoglienza ignorato dai protagonisti di questa campagna elettorale tanto gridata con allarmi sul binomio immigrati-ordine pubblico. Un’esperienza guidata dal sindaco Mimmo Lucano che nell’ottobre dello scorso anno è finito sul registro degli indagati dopo un’ispezione dalla Prefettura di Reggio Calabria nel 2016. In quel documento gli ispettori pur sottolineando «gli aspetti positivi del modello Riace che assicura la necessaria accoglienza nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità degli stranieri presenti», evidenziavano alcune «irregolarità amministrative».

Dopo ripetuti solleciti la prefettura di Reggio Calabria invia al Sindacao di Riace i verbali delle ispezioni e si scopre che negli stessi si ritovano considerazioni che elogiano il sistema Riace. Come racconta su Il Manifesto, 25 febbraio, Emilio Serrani in "La relazione della Prefettura è un inno al sistema Riace". ( v. articoli allegati)

La politica, con la P maiuscola, quella che chiama in causa anche i sindacati e organizzazioni sociali, non si è ancora appropriata da questa esperienza pilota calabrese. Eppure la stessa possiede caratteristiche tali da allontanare i fantasmi agitati da chi descrive  “come pericolo” l’immigrazione che giunge dall’Africa. Una lontananza come nel caso di Pietro Bartolo, medico a Lampedusa, indotto a rinunciare alla candidatura (nelle liste di Leu) perché proposta al Nord per fare spazio in Sicilia a candidature “protette”.