Degrado morale dell’Occidente?

Si può essere europeisti senza allinearsi a John BIden e Boris Johnson? Si può dissentire con chi si affida solo alle armi per ricacciare l’armata rossa oltre i confini dell’Ucraina senza per questo essere tacciati o sospettati di essere simpatizzanti di Putin? O accusati di fare, a nostra insaputa, il “gioco” di Mosca?

Franco Monaco in “Si può ancora essere europeisti senza passare per antiamericani?”, su L’Avvenire,  inizia cosìL’incredibile tendenza a fare dell’Occidente un sinonimo degli Usa (…) In verità non coltivo sentimenti antiamericani. Più semplicemente vorrei rivendicare il diritto-dovere di comprendere cosa esso significhi in concreto l’antimericanismo e, perché no, anche quello di isolare profili del modello Usa – salvo intendersi su ciò di cui parliamo – che effettivamente non entusiasmano me come tanti altri; specie in rapporto al paradigma europeo nel quale più agevolmente mi riconosco (…) per proseguire un clic qui https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/si-pu-ancora-essere-europeisti-senza-passare-per-antiamericani

Mario Barbi in “I 43 fatti da considerare per costruire la pace” pubblicato da www.ilsussidiario.net e ripreso da www.associazionepopolari.it , elenca in 43 punti elenca le cause della guerra Ucraina indicandone alcuni su come uscirne. http://www.associazionepopolari.it/APWP/2022/05/20/i-43-fatti-da-considerare-per-costruire-la-pace/#post-

Luigino Bruni  in “Solo far finire la guerra è normale e non basta il mercato a fare pace”, su L’Avvenire, in note di un cristiano ingenuo in margine al conflitto riacceso dall’invasione russa dell’Ucraina, così inizia. «L’effetto naturale del commercio è il portare la pace». Così scriveva nel suo Lo Spirito delle Leggi Montesquieu, rilanciando una idea che girava nel Settecento dei Lumi. Qualche anno dopo, alla fine della sua carriera, l’economista e filosofo napoletano Antonio Genovesi commentava con altro tono quella frase di Montesquieu: «Il gran fonte delle guerre è il commercio». E aggiungeva: «Il commercio è geloso, e la gelosia arma gli uomini». Un secolo più tardi, il grande economista inglese Francis Edgeworth definiva l’economia come la scienza che studia gli «scambi pacifici » (1881), perché si occupa dei contratti liberi e non dei rapporti violenti. Più recentemente (nel 1977), un altro economista, Albert Hirschman, aveva ripreso quella antica tesi di Montesquieu e l’aveva declinata in una delle chiavi di lettura più influenti delle scienze sociali contemporanee. Le società di mercato, diceva, sono fondate sugli interessi, quelle antiche e feudali sulle passioni. Il capitalismo avrebbe allora dovuto rendere il mondo più pacifico proprio perché gli interessi economici, razionali e prevedibili, avrebbero sostituito le passioni irrazionali alla base delle guerre (orgoglio, onore, vendetta, patria, nazionalismo. Questa guerra ci sta dicendo che aveva ragione il triste realismo di Antonio Genovesi, che pur amava il mercato e l’economia quando sono civili e civilizzanti. La società di mercato non ha eliminato né ridotto le virtù belliche, non ha diminuito la produzione delle armi, non ha soppiantato lo spirito militare di conquista. I Paesi più decisi e convinti a rispondere prima di tutto con le armi all’invasione russa dell’Ucraina sono proprio quelli che hanno inventato il capitalismo: Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda. Montesquieu, Edgeworth e Hirschman sono tra le vittime di questa guerra. Con la sconfitta delle loro idee si compie uno dei fallimenti più profondi dell’umanesimo illuminista e occidentale. I nostri capi di governo continuano a utilizzare la guerra come mezzo di risoluzione delle controverse internazionali (art. 11), e poi gioiscono con intima soddisfazione perché le sanzioni commerciali iniziano finalmente a portare i loro frutti di miseria, di dolore e di morte – per i popoli e per i poveri non certo per i capi, che invece ne sono rafforzati nel consenso. È l’avveramento dell’anti-promessa dell’economia di mercato. (…) Per proseguire un clic qui https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/solo-far-finire-la-guerra-normale-e-non-basta-il-mercato-a-fare-pace

Vito Mancuso in “Sul degrado morale dell’Occidente”, su La Stampa, analizza le ragioni dell’aggressione di Putin all’Ucraina includendo tra esse l’avversità di Putin e del patriarca  Kirill sulla libertà che caratterizza molte società occidentali. Scrive Mancuso (…) È sulla libertà quindi che si gioca la partita. Libertà significa anzitutto liberazione e si può dire che noi ci siamo liberati da quei legami istituiti lungo i secoli che, uniformando e spesso opprimendo i singoli individui (omo o etero che fossero) facevano sì che la società risultasse esteriormente coesa, come oggi appaiono più coese rispetto a noi molte società non occidentali. Priva di quei legami, la nostra società appare invece caotica e disgregata. Ma attenzione: quei valori che unificavano la società erano spesso affermati tenendo vincolati gli individui con l’impedirne l’autodeterminazione a livello sessuale, religioso e politico. Il rigido controllo sulla sessualità e sul pensiero è stato il fondamento su cui per secoli la struttura sociale ha edificato la propria compattezza: è il cosiddetto super-ego individuato da Freud e inteso come ciò che controlla l’ego e lo inquadra, spesso opprimendolo, per farlo sfilare compatto sulle piazze del mondo, si chiamino piazza Rossa, piazza San Pietro o in altro modo. Non è un caso che a parlare di degrado morale siano anche gli integralisti cattolici, nemici della modernità e nostalgici dei bei tempi dell’Inquisizione e delle processioni in cui tutta la città sfilava ordinata a celebrazione della trinità politica “Dio, Patria, Famiglia”. È insomma soprattutto a causa della libertà, sessuale e di pensiero, che l’Occidente appare al resto del mondo moralmente disgregato. Il problema però è che appare disgregato anche a molti di noi. Perché? Perché è evidente che la liberazione da quei legami che tenevano forzatamente coesa la società ha prodotto e ancora produce disordine e disorientamento. Il punto decisivo allora consiste nel discernimento di quel valore per noi assoluto che chiamiamo libertà. In che cosa propriamente consiste? (…) vedi allegato

Sono due articoli che sollecitano la riflessione, contribuiscono a scuotere la coscienza perché non ci si sottragga all’obbligo morale di prendere posizione condannando – senza riconoscere attenuanti per l’aggressore – l’invasione dell’Ucraina e la violazione del cardine del diritto internazionale sulla sovranità di un popolo di vivere in pace sul proprio territorio. Nel contempo sollecitano la nostra mente ad essere libera e aperta nell’allinearsi o meno alle strategie proposte o messe in atto per  contrastare l’invasore, per conseguire un negoziato che ponga uno stop alle armi, per definire un compromesso per riprendere nella sicurezza la convivenza tra i popoli. Ad esempio, affermare di non condividere la strategia e le  improvvide dichiarazioni di John Biden, come pure quelle di Boris Johnson che avanza proposte di lunga guerra e di una seconda Eu (vedi articolo allegato di Federico Fubini su Il Corriere della Sera) non significa in alcun modo essere antiamericani e essere arbitrariamente classificati con i filorussi. E’ esattamente il contrario perché una lunga guerra in Ucraina, è la peggior ipotesi per gli ucraini, per l’unità dell’Europa sempre più disunita, al di là delle rassicuranti dichiarazioni, per gli alti prezzi economici, sociali, culturali che si stanno già pagando.

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