MICHELLE BACHELET PRESIDENTE DEL CILE – il ritorno del centro sinistra –

Come previsto, Michelle Bachelet ha vinto le recenti elezioni presidenziali in Cile. Dirigente del Partito Socialista, aveva già occupato questa carica dal 2006 al 2010. Il suo ritorno  è accompagnato da quello delle forze di centro-sinistra che avevano governato il paese per oltre dieci anni, dopo il ripristino della   democrazia  all'inizio anni 90,  fino al  trionfo del candidato del centro-destra alle elezioni del 2010.

I tre anni (2010-2013) del Presidente Sebastian Pinera ( centro-destra) hanno fatto registrare ottimi risultati  dal punto di vista economico. Il tasso di crescita è salito all’incirca del 5% annuo, la disoccupazione  è calata del 6%. Nonostante questo, Evelyn Matthei, la principale candidata del centro-destra nel 2013, ha ottenuto un magro 25% al primo turno elettorale e il 37% al secondo contrapposta a Michelle Bachelet, che a sua volta ha raggiunto il 46,7% alla prima tornata e il 62,16% nel ballottaggio.  Un netto successo.

Tenendo in conto che l’elezione per le due camere parlamentari hanno confermato la maggioranza ai partiti della coalizione di centro-sinistra il nuova governo avrà la possibilità di rispettare  gli impegni assunti della Bachelet in campagna elettorale: riforma sistema fiscale e formazione.

Come mai, nonostante i buoni risultati economici la destra ha perso nettamente? Molti accusano la strategia comunicativa adottata da Pinera, alla Berlusconi, altri la divisione delle forze di destra.

In realtà, sottolineano diversi commentatori, alla radice della sconfitta sta la mancanza di una visione complessiva della società cilena oggi. La destra non è stata capace, o non ha voluto, adattarsi ad un Cile pienamente tornato alla democrazia. Insistere sulla bontà del mercato, rifarsi al  modello economico ultraliberista di Pinochet, accusare la sinistra di comunismo statalista in un paese con grandi diseguaglianze.  Queste sono le ragioni del crollo della destra in un paese attraversato da forti movimenti sociali, soprattutto giovanili che chiedono  eguaglianza nella distribuzione della ricchezza e riforme istituzionali in particolare nel settore dell’educazione..

Per molti aspetti il Cile è un esempio paradigmatico di quanto osserva Pierre Carniti nei suoi scritti sul lavoro (vedi il recente libro “La risacca”). La crescita economica, individuata in Italia come l’unico mezzo per uscire dalla crisi, non va di per sé con maggiore eguaglianza e una più giusta redistribuzione. Non a caso gli elettori cileni hanno avanzato domande per più limiti al modello neo-liberista e maggiore presenza dello stato in molte aeree: salute, educazione primaria, pensioni. Significativo il dato rilevato da sondaggi che, mentre nel 1998 circa il 50% della popolazione era in favore di privatizzazioni a largo raggio, oggi solo il 20% condivide questa idea.

Il qualificare le proposte della Bachelet come “social-comuniste” è servito poco al populismo della destra. Inutile è stato lo slogan elettorale di Pinera di ripetere che il Cile ha un reddito pro-capite di poco inferiore al Portogallo, sottolineando che appartiene alla Comunità Europea,  indicando l’obiettivo di annullare questo distacco proseguendo con la linea governativa fin qui seguita da centro-destra.  Il centro sinistra ha avuto buon gioco a rispondere che l’ineguaglianza sociale in Cile è molto più alta che in Portogallo e si accresce.

Il ritorno al potere di Michelle Bachelet è pertanto non solo la dimostrazione del centro-sinistra della capacità di mettersi in sintonia con movimenti sociali, in particolare con la gioventù del paese protagonista negli ultimi anni, ma anche lo specchio della crisi di progetto e proposta della destra in America latina.

C’è chi ha scritto che la società e i valori stanno prendendosi la rivincita sull’apologia del mercato “mano regolatrice invisibile”. Speriamo qui in Europa vi sia un contagio.

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