LA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI – GGiacomo Migone – legge di modifica costituzionale –

Gian Giacomo Migone pubblica “Il Parlamento si può difendere anche riducendo gli eletti”. La proposta di legge è all’ultimo miglio è suscita commenti da schieramento. Migone sollecita un confronto nel merito di questa significativa legge di riforma costituzionale. Così scrive. Lo dico con chiarezza. Sono favorevole alla riforma costituzionale che riduce i membri del Senato da 315 a 200 e quelli della Camera dei Deputati da 630 a 400. Lo sono al punto di dedicare le mie modeste forze ad una vittoria del "si", in caso di referendum confermativo.

Così come le ho investite a favore del "no" alla scellerata riforma costituzionale promossa da Matteo Renzi e, in tempi ormai remoti, a contrastare la Bicamerale con relativo patto D'Alema-Berlusconi, allo scopo di portare la magistratura sotto l'ala dell'esecutivo.

La ragione e' la stessa. Nel contesto italiano e mondiale di attacco alla democrazia, in cui il modello promosso e' quello di un esecutivo, anche eletto, ma privo di contrappesi, e' essenziale difendere il Parlamento e l'indipendenza della magistratura. Ovunque, quindi, a cominciare dall'Italia. 

La riforma Renzi aboliva il Senato – storicamente la camera meglio funzionante anche perché meno pletorica – sostituendola con un ibrido privo di poteri reali e con una composizione che si risolveva in una gratificazione di potentati locali, indebolendo e screditando ulteriormente la funzione parlamentare. In coerenza con una politica che, a cominciare dal Porcellum, ha gradualmente sostituito il potere sovrano del popolo, sancito dalla Costituzione, di scegliere i propri rappresentanti, con un potere crescente di nomina da parte di strutture di partito incontrollate, nazionali e locali.

Con il contributo più o meno fattivo di tutte le forze, compresa la raffica di voti di fiducia con cui il governo Gentiloni ha imposto la legge elettorale vigente, ulteriormente peggiorata dalla maggioranza attuale (cfr. Felice Besostri, Enzo Paolini, "Il Manifesto", 12 luglio 2019). Se non mutasse l'attuale legislazione elettorale – dove siete, dove siamo, amici e compagni del "no", sommi giurisperiti, la stessa Corte Costituzionale investita del problema da ogni dove ? – i parlamentari continueranno a fare riferimento alle oligarchie che li hanno nominati o investiti anzichè al popolo che li dovrebbe eleggere, non importa se con una legge proporzionale o maggioritaria, tipo Mattarellum.

Nel frattempo prendiamoci quel poco di buono che passa il convento. Perchè la funzione parlamentare si difende nel tempo soprattutto con la sua funzionalità istituzionale, che a sua volta dipende, in parte notevole, dalla sua dimensione. Ve lo dice un vecchio ex senatore, per sette anni presidente di commissione.

Come si giustifica un numero di parlamentari quasi doppio di quello del congresso degli Stati Uniti (435 deputati votanti più 100 senatori, contro i nostri attuali 630 più 315), con una popolazione di meno di un quinto (59,4 milioni contro 322,2), per non parlare di altri paesi? Maggiore efficienza?

Non scherziamo. Basta un'occhiata al Transatlantico di Montecitorio. Quanto alla rappresentativita', essa non dipende dal numero di parlamentari, ma dal loro radicamento territoriale (piccolo o medio che sia) e dalla loro disponibilità politica nei confronti dei rappresentati (oggi nulla).

Motivazioni demagogiche o strumentali di chi ha voluto questa legge (il M5S)? Certamente, anche se la riduzione delle dimensioni di quella che oggi è, e anche in tempi migliori, rischia di essere una corporazione trasversale, non è un beneficio di poco conto. È la moltiplicazione dei privilegi, più ancora dell'incremento  dei costi, peraltro non trascurabili, che aumenta la distanza tra parlamentari ed elettori in continua decrescita, indebolisce il Parlamento, erode la democrazia.

Dire sempre e solo no per principio di opposizione, che si tratti di diminuzione del numero dei parlamentari, di salario minimo o di qualsiasi altro provvedimento intrinsecamente condivisibile, contrasta con  il buon senso popolare e, in questo caso, fa perdere una preziosa occasione per rilanciare la giusta lotta per una legge elettorale decente, un parlamento più rappresentativo, una democrazia da salvaguardare.

Il Manifesto 16 luglio 2019

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2 commenti
  1. redazione-d84
    redazione-d84 dice:

    Dissentiamo dall’articolo di Gian Giacomo Migone. Innanzi tutto su quali dati si definisce il Senato “storicamente la camera meglio funzionante anche perché meno pletorica”? Fuorviante il confronto con gli USA. Un Sistema Federale con 50 Stati. Ciascuno con grande autonomia legislativa (sino al penale) e propri Parlamenti (il Wyoming, il meno popoloso con 570mila abitanti, ha 60 membri alla Camera e 30 al Senato) dove la rappresentanza è garantita da migliaia di parlamentari. Del resto sempre difficili sono i confronti con altri Paesi (vedi “Si può risparmiare sulla democrazia?” su vorrei.org). Sorprende l’affermazione: “la rappresentatività non dipende dal numero di parlamentari…”. I Costituenti, per realizzare un reale rapporto candidato/elettori, stabilirono proporzioni tra numero di eletti ed abitanti: 1/80mila alla Camera e 1/200mila al Senato. Valori in pratica non alterati quando, nel 1963, si passò al numero fisso. Con questa riforma i valori aumenterebbero rispettivamente a 1/151mila e 1/302mila. Rapporti già discutibili che vanno fuori da ogni logica rappresentativa col combinato disposto riforma costituzionale-Rosatellum ter: nei collegi uninominali al Senato il rapporto eletto/cittadini passa da 1/500 a 1/800. Una legge proporzionale ridurrebbe gli effetti, non li cancellerebbe; ma perché dovrebbero modificare una legge elettorale che hanno appena approvato? Meno parlamentari significa maggior controllo da parte delle segreterie. Significa minoranze meno rappresentate, fino all’esclusione: in alcune regioni resterebbero fuori anche partiti al 10%. Con ricadute anche sulla composizione delle commissioni parlamentari. Si vogliono colpire i “privilegi”? Si intervenga su quelli. Senza penalizzare l’istituzione più lesa ed esautorata negli ultimi tempi: il Parlamento!
    Marco De Luca e Francesco Montorio – Coordinamento per la Democrazia Costituzionale – Milano

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  2. redazione-d84
    redazione-d84 dice:

    Ecco la mia risposta: “Ringrazio De Luca e Montorio perchè il loro intervento alimenta un dibattito destinato a crescere e che non devi trovarci impreparati. Nostra preoccupazione comune è di salvaguardare il potere del Parlamento, contro una tendenza mondiale, non soltanto italiana, a rafforzare a suo scapito il potere esecutivo, più facilmente condizionabile dai pochi che controllano quello finanziario e tecnologico.
    Il ruolo parlamentare dipende, innanzitutto, dalla sua rappresentatività. A questo fine è decisivo l’impegno contro la legge elettorale, recentemente peggiorata, da cui la sinistra e il centrosinistra sono attualmente latitanti, vuoi perché distratti da altre tematiche (dove siamo, noi militanti del No referendario?), vuoi perchè collusi (nominare parlamentari fa comodo a tutti gli apparati di partito). Importa che i parlamentari si adoperino per i propri rappresentati – pochi o tanti è relativamente ininfluente – e non passino il loro tempo a cercare la pantofola di chi potrebbe confermarli in carica (cfr. a questo proposito la rappresentatività di un senatore della California o di New York con decine di milioni di elettori).
    In secondo luogo, conta la funzionalità del Parlamento. I miei interlocutori interpellino qualsiasi ex parlamentare o funzionario parlamentare bona fide con una conoscenza comparata di Camera e Senato, verifichino le percentuali di partecipazione ai lavori di commissione, assai più rilevanti dell’aula, e poi ci dicano se la pletora dei numeri non nuoce.
    In terzo luogo, il potere parlamentare dipende anche dalla sua legittimazione popolare. Ditemi se non è un problema che quello italiano batta ogni record occidentale nel rapporto numerico popolazione-parlamentari? Quanto al confronto con gli Stati Uniti, mi è fin troppo facile rispondere che, se si fanno rientrare nel conteggio senatori e deputati dei singoli stati (il cui potere è in declino), non si possono escludere i nostri consiglieri regionali (con un potere, aihnoi, in pericolosa ascesa). Non c’è scampo. Italia (con una popolazione di 59.4 milioni) batte USA (322.2 milioni) 945 parlamentari a 535. Sono numeri da non regalare ai demagoghi in circolazione. E nemmeno quei pochi soldi che si risparmierebbero.
    Infine, un’osservazione tattica. Se la nostra maggioranza governativa ha deciso di scegliere la riduzione dei parlamentari come traino ad una legge elettorale scellerata, a noi non converrebbe distinguere? giangiacomo.migone@gmail.com

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